Derek era rimasto un po' interdetto da quelle parole, le sentiva veritiere come mai erano state, ma non poteva rischiare, non poteva dar fiducia ad una persona che conosceva da così poco e, già, aveva sbagliato nei giorni addietro.
Meredith, invece, lo aveva guardato speranzosa, perché, nonostante tutto, un briciolo di speranza, in lei, esisteva ancora.
Sperava di poterlo avere accanto, sperava di poterlo amare e di essere amata, come era stato nei giorni scorsi.
Derek si era riscosso dai suoi pensieri e l'aveva guardata negli occhi quel tanto che bastava per scrutarne la sincerità e le aveva sorriso lievemente.
«Lo ami ancora?», aveva chiesto lui a bruciapelo. Non sapeva se sperare in una risposta affermativa o meno, da una parte avrebbe preferito tornare a New York, ma dall'altra Meredith era così bella, Mio Dio, che non riusciva a resistere nemmeno un secondo di arrabbiatura con lei.
«No», aveva risposto lei in tono deciso, facendogli capire che, per lei, non esisteva altro che lui, Derek Christopher Shepherd.
«Allora se ritorna posso prenderlo a cazzotti?», aveva chiesto lui con un sorriso sghembo sulle labbra.
Meredith era scoppiata a ridere, annuendo serena, però piangeva, stava espellendo tutta la tensione accumulata in quei momenti in cui non erano stati insieme.
Lei aveva bisogno di Derek come dell'acqua, aveva bisogno di lui accanto perché era il suo sorriso, la sua anima, la sua vita.
Meredith aveva bisogno di qualcuno, ed era un grandissimo passo per lei ammetterlo, ma non era una persona qualsiasi: Meredith aveva bisogno di Derek.
A quel punto, Derek le aveva asciugato le lacrime con i pollici e l'aveva presa per mano, dirigendosi verso la sua auto e l'uomo aveva fatto in modo che la mano di Meredith stesse sul cambio delle marce, in modo da poterla sfiorare ad ogni passaggio dell'auto.
Alla radio stavano passando una canzone che ricordava molto il passaggio da un momento triste ad uno migliore: Into the fire.
Derek era il suo fuoco, col quale bruciarsi e con il quale poteva riscaldarsi: Derek era il suo fuoco e, come gli uomini nelle caverne, nessuno condivideva o lasciava andare il proprio fuoco.
Erano arrivati in ospedale, nonostante le loro mani si fossero allontanate, per ovvi motivi, ed erano stati accolti da un'orda di persone che andavano a destra e a manca.
Era giunta loro voce che vi fosse un caso importante in ospedale, uno di quei casi in cui tutto l'ospedale dovesse essere a disposizione: si trattava di un incidente multiplo e ognuno doveva fare la sua parte per salvare più vite possibili.
Una volta arrivata negli spogliatoi, Meredith, era stata accolta da un George ansioso di parlarle che, non appena l'aveva vista, le aveva sorriso dolcemente, quasi sollevato.
«Meredith» aveva esordito il ragazzo, «Mi servirebbe tanto un posto dove stare: i miei genitori mi hanno sfrattato ed è giunto davvero il momento di andare a vivere per conto mio. So che hai molte camere a casa tua, perché non me ne affitti una?» aveva concluso il ragazzo sperando in una sua risposta affermativa.
«Oh, povero piccolo Bambi» lo aveva deriso Cristina, la quale, però, si era beccata un'occhiataccia sia dal diretto interessato, sia da Meredith, la quale non tollerava certi tipi di comportamenti da parte della collega.
«Meredith» aveva attirato la sua attenzione Izzie, «Anche io ho bisogno di casa tua» aveva detto risoluta la bionda.
«No», aveva affermato l'altra in tono brusco, cercando, però, di non essere scortese nella risposta. Quel giorno si sentiva felice e non voleva che altri non fossero tali per colpa sua.
«Perché?» aveva chiesto la bionda guardandola negli occhi.
«Perché George ha un motivo valido, tu no» aveva affermato Meredith con tono piuttosto risoluto, ma l'altra non aveva demorso.
«Io so cucinare, stirare e lavare i panni» aveva ribattuto la bionda prontamente, «In altre parole, vi servo» aveva detto Izzie, consapevole di quanto fosse utile la sua presenza per due persone che non sapevano nemmeno da dove dover cominciare con la cucina o col ferro da stiro.
La bionda sapeva il motivo per cui Meredith la stava tenendo a distanza: aveva dato tutte le sue informazioni a Derek, con il solo scopo di poterne ricavare beneficio lei stessa, ma così non era accaduto.
Derek, nonostante l'unica a non accorgersene fosse proprio la prescelta, almeno così pensava, voleva conoscerla, voleva starle accanto, ma, da quando Izzie la conosceva, Meredith non aveva mai avuto bisogno di nessuno.
Avrebbe voluto dirle che non aveva fatto quel gesto con cattiveria, ma si era solo limitata a stare in silenzio, continuando a cambiarsi per il giro visite.
George, invece, continuava a non demordere e pregava Meredith in tutte le lingue che conosceva che lo accogliesse in casa con lei. Non le avrebbe dato fastidio, continuava a giurarglielo, ma ciò avrebbe comportato che Meredith perdesse il pieno possesso di casa sua; e per pieno possesso si intendeva anche che non poteva più accogliere Derek ogni notte nel suo letto, come aveva fatto giorni addietro.
Alla fine, George ed Izzie avevano guardato Meredith con occhi sognanti, coscienti dell'effetto che facevano su di lei e la ragazza aveva accettato liquidandoli con un «Ok».
«Ragazzi» aveva detto la Bailey entrando nei loro spogliatoi, «Il caso di cui ci occuperemo oggi è davvero di vitale importanza, perciò voglio che siano i miei cuccioli a dare il meglio».
Cuccioli? Ma avevano davvero sentito bene le sue parole? Lei non era mai così dolce e comprensiva con loro.
Il motivo, forse, era da ricercare nel fatto che l'incidente di cui si sarebbero dovuti occupare era piuttosto complicato e richiedeva un maggior dispendio di energia.
Alla Nazista -così veniva chiamata dai suoi allievi- piacevano molto, non per i morti si intende, gli incidenti a catena, perché riteneva che i suoi specializzandi potessero imparare di più da situazioni così precarie e difficili.
A Derek era stato assegnato George, il suo fido compagno praticamente da quando era arrivato a Seattle. Quando era insegnante a New York, preferiva non avere nessuno specializzando tra i piedi perché sapevano fare solo disastri, mentre George, seppur timido e spesso insicuro, era un grand'uomo che aveva solo bisogno di farsi strada nel campo che più gli piaceva.
«Come vanno le cose, O'Malley?» aveva chiesto Derek, vedendolo entrare nella stanza delle radiografie, nella quale stava analizzando la spina dorsale di una delle persone coinvolte.
«Bene, dottore, sto per trasferirmi a casa di Meredith, lascio il nido, era ora, no?», aveva chiesto retoricamente il ragazzo. Era troppo felice della sua decisione e, perciò, non vedeva l'ora di dirla al mondo intero, anche scriverla sui muri se fosse servito.
«A casa di Meredith?» aveva chiesto lui ridacchiando particolarmente sorpreso e George aveva annuito compiaciuto, senza notare la punta di sarcasmo che campeggiava nella voce di Derek e, solo in quel momento, l'intero corpo, al cospetto di Richard, si era messo al lavoro.
Izzie, invece, dopo aver ottenuto di poter vivere a casa di Meredith, ovviamente affittando una stanza, si era diretta verso la sala operatoria, nella quale Burke la stava aspettando.
Il cardiochirurgo aveva pensato che, finalmente, fosse arrivata l'occasione di farsi valere, dato che l'avevano lasciata spesso in disparte per il suo passato da modella, credendo che non fosse all'altezza della situazione.
Il caso da analizzare era quello di una donna sulla sessantina che stava appunto arrivando in ospedale per andare a trovare il marito, ma si era sentita male in auto e, andando a sbattere, si era perforata la carotide.
Burke l'aveva visitata immediatamente e aveva affermato che era il caso di operare d'urgenza. Aveva fatto eseguire l'incisione ad Izzie, una volta in sala operatoria, e l'aveva confortata per tutta la durata dell'operazione.
Stava andando bene e, nonostante fosse uno dei più spietati chirurghi del Seattle Grace, colui che non faceva mai un complimento nemmeno se lo avessero pagato con oro colato, quella volta Izzie se lo era davvero meritato.
«I miei complimenti, Stevens» aveva detto Burke dopo essersi lavato le braccia, in seguito all'operazione, «Preparati perché sarai con me, oggi, e avremo molto di cui occuparci».
«Grazie, dottor Burke» aveva risposto lei flebilmente e l'uomo, facendo un ultimo segno di saluto, era sparito dietro la porta di quella stanza.
Alla fine della giornata, la Bailey aveva potuto constatare che i suoi specializzandi erano stati i migliori di tutto il corpo operatorio: Izzie, insieme a Burke, avevano fatto tre interventi, tutti perfettamente riusciti, George, con Derek, avevano salvato una vita e tutti gli altri avevano dato il meglio di loro al pronto soccorso.
Erano tutti eccitati e, alla fine del turno, come se si fossero dati appuntamento, Meredith si era ritrovata in ascensore con George ed Izzie, pronti a dirigersi verso casa della prima.
Avevano pensato di fare una festa con tutti gli specializzandi del Seattle Grace, per festeggiare l'arrivo dei due nuovi coinquilini di Meredith.
Della festa aveva saputo anche Derek, le voci, all'interno dell'ospedale giravano molto, e, così, si era deciso a presentarsi anche lui.
Aveva visto un mucchio di gente nella casa dove, anche lui, era stato più volte, e, così, si era deciso a non entrare dalla porta per evitare di essere visto.
Si era diretto verso la finestra del salotto, vicino alla quale aveva visto Meredith ballare, e aveva bussato in modo che solo lei sentisse.
La ragazza, vedendolo, gli aveva sorriso dolcemente ed era corsa fuori per abbracciarlo.
«Vuoi entrare?» aveva chiesto Meredith dolcemente, ancora tra le sue braccia, «È rimasta ancora un po' di tequila» gli aveva sorriso lei cordiale.
«No, me ne ritorno a casa, divertiti» aveva detto lui sorridendole di rimando, «Ero passato solo per il bacio della buonanotte. E così, hai dei nuovi coinquilini» le aveva detto malizioso.
Il che implicava che lei non potesse più ricevere le sue visite, ma, in quel momento, Meredith non ne voleva parlare, non voleva sforzare troppo la mente per pensare a come avrebbero potuto fare a vedersi.
«Già», aveva detto Meredith accoccolandosi di più a lui, «Non ho avuto il tempo di dirtelo» aveva continuato leggermente più triste di prima.
L'unica cosa che avrebbe voluto in quel momento era stare abbracciata a lui, ma aveva una festa e non poteva assentarsi per così tanto tempo.
Mentre che Meredith era immersa nei suoi pensieri, Derek aveva preso a baciarla con passione ed un'irruenza, quasi romantica.
L'aveva spinta tanto da farle mettere le spalle al muro, in modo da non farla scappare via, anche se lei non avrebbe mai voluto scappare via da lui, ma Derek non lo sapeva.
Aveva fatto in modo che fosse braccata tra lui ed il suo corpo muscoloso e aveva continuato a riempirla di baci poco casti, come ad imprimerle il suo sapore nella mente per tutto il resto della vita.
«Buonanotte, piccola», le aveva detto dopo averle scostato i capelli dal viso, ricaduti davanti agli occhi, durante la continua lotta tra le loro lingue.
Le aveva dato un ultimo bacio e si era allontanato dalla festa, senza farsi vedere dagli invitati, come se fosse uno spirito della notte arrivato solo per Meredith.
«'Notte, Derek» aveva sussurrato lei flebilmente, ma Derek ormai le aveva sorriso un ultima volta prima di entrare in macchina e andare via verso la sua villa.
L'aveva lasciata così: appoggiata ad un muro con la testa piena di pensieri. Pensieri che parlavano solo di Derek, perché il resto non esisteva più.
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Fifty Shades Of Seattle Grace Hospital
FanfictionStoria ambientata tra Derek e Meredith, si rifà alla prima stagione di Grey's Anatomy. Siamo tutti rimasti al: «Ci vediamo, ehm...» e lui che le dice il suo nome, insomma, un inizio col botto. Ma se non fosse andata proprio così? Se lui non avesse m...