I. Cambiamenti

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Tutto ebbe inizio quando io, Rebecca Wood, e mia cugina, Rosemary Parker, ci iscrivemmo alla Wilson High School. L'ambiente era severo, freddo, non molto adatto a me, che a quei tempi ero uno spirito libero, senza testa sulle spalle, sfacciata e dionisiaca. A quanto pare, però, calzava a pennello a mia cugina, studentessa modello, costantemente divisa tra studio e famiglia; ma sinceramente ho sempre pensato che la sua adolescenza, la sua bellezza, fossero sprecate su quei libri.

Ritornando a me, avevo bisogno di cambiamenti, di vivere una realtà più flessibile, dove lo studio non mi pesasse, dove poter conoscere persone più vere e meno apparenti, e soprattutto dove poter masticare un chewingum senza che un insegnante mi spedisse fuori dall'aula.

Ma il peggio arrivò col passare degli anni. Ormai ne avevo diciassette e sembrava che tutta la mia voglia di andare a scuola fosse volata via. Il venerdì era il mio giorno preferito, il momento in cui sapevo di assaporare davvero la libertà; il lunedì, invece, per volere di mio padre, dovevo trascinarmi in classe, cercando di lasciarmi alle spalle le sbronze insieme a gente che, da sobria, neanche avrei frequentato.

Mia madre veniva spesso a trovarmi da quando mi ero trasferita da Rose. Sapevo anche che mio fratello Randy e mio padre chiedevano di me, ma a me sembravano solo spinti da un senso del dovere; raramente ero io a telefonare a casa, mi bastava una telefonata a settimana, sempre se avevo abbastanza tempo. L'unica persona che amavo più di ogni altra era il mio piccoletto, Edward, il fratellino migliore del mondo; lo adoravo e, nonostante gli anni che ci separavano, eravamo inseparabili e ci confidavamo ogni intimo segreto.

In tutto questo mia cugina se ne stava sempre lì, nella nostra stanzetta, con la testa china sui libri. E se il sabato le chiedevo di uscire mi rispondeva che preferiva passare il tempo con la sua famiglia. Un giorno capii che era arrivato il momento giusto e così sbottai dinanzi a Rose.

«Senti, so che a te piace studiare e tutto il resto, ma io qui soffoco! Mi fanno passare la voglia di tutto! Perché non cambiamo?»

Lei non rispose. Mi fissò perplessa, ma sapevo che avrebbe accettato di lì a poco, perché mi voleva troppo bene per starmi lontana, e io ne approfittai senza problemi. Infatti, a distanza di pochi giorni, verso la fine di Marzo, abbandonammo i corsi.

La domenica di Pasqua, io e Rose invitammo la mia famiglia a casa e ne parlammo liberamente. Ci concessero il permesso di cambiare, e a scegliere fu ancora una volta mio padre: una scuola privata, specializzata nella formazione degli studenti che avevano intenzione di iscriversi all'università, o più schiettamente, una scuola dove famiglie straricche iscrivevano i figli per pavoneggiarsi con colleghi e amici. Ci obbligò ad alloggiare nel campus scolastico, così che avremmo potuto concentrarci di più sullo studio; ma in verità lui voleva solo essere più tranquillo che io non me ne andassi a spasso ogni sera. Avevo i brividi, terrorizzata al solo pensiero di essere rinchiusa! Alla fine, però, accettai la cosa senza pensarci troppo. Ormai il guaio era fatto. Non sembrava rimanere altro che pentirmi.

La prima difficoltà da affrontare, era stringere amicizia con qualcuno che non ci guardasse come degli alieni giunti sulla Terra. Entrate nel bel mezzo del semestre, in molti ci ritenevano una scocciatura: io ero indietro col programma, e Rose, intelligente e brillante, fin troppo avanti.

Un venerdì, tutti ci riunimmo al consiglio studentesco, dove i membri maggiori argomentavano su alcuni punti proposti dagli altri studenti. Avevo già sentito parlare di loro, avevo controllato i fascicoli, raccolto informazioni, ascoltato i pettegolezzi.

Cameron Kröning, biondo platino, nato e vissuto in Germania, futuro erede di un patrimonio infinito, era arrivato qui dopo aver ricevuto una borsa di studio che gli permetteva di rimanerci fino al diploma. Poi c'era Rupert Bailey, con l'unico sogno di diventare un affermato ballerino, nonostante sua madre lo volesse medico per continuare la tradizione di famiglia,; al suo fianco la sua ultima conquista, Leticia Peña, figlia di imprenditori messicani, classica ragazza dalle grandi forme ma senza cervello. Adele Harrison, invece, veniva da Oxford, ma sua madre era un'affermata donna in carriera di un'azienda americana e per praticità era stata costretta a trasferirsi a New York; perciò, volente o nolente, non le restava che sopportare noi e il nostro terribile accento. E poi c'era lui, James Hole, un tipetto biondo, migliore amico di Cameron. Sua madre lavorava nel campo della moda e da qualche anno era diventata la nuova compagna di un importante ingegnere aerospaziale. Perciò eravamo tutti una grande famiglia di rampolli.

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