IV. Aggiungi un posto a tavola

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La domenica mattina non partì con una giusta piega. Il mio cellulare vibrava insistentemente e, nonostante cercai di ignorarlo seppellendo la testa sotto al cuscino, dopo qualche minuto fui costretta a rispondere.

Mia madre Jane mi salutò con un tono vivace e sereno, come tutte le volte che mi telefonava; e io cercai di fare del mio meglio per sembrare sveglia. Parlammo a lungo della nuova scuola, degli insegnanti, degli amici, mi chiese di Rose e di ragazzi. Per tanti anni lei non seppe mai nulla delle mie avventure, mi limitavo a dirle che uscivo con qualcuno e che poi quel qualcuno non faceva più per me. Perciò preferii deviare subito l'argomento, così che non dovessi inventarmi una nuova piccola storia romantica.

«Volevo dirti comunque che abbiamo preso una nuova villa al mare, più piccola. Così quest'estate potrai andare a viverci da sola, o magari con Rosemary, o con il tuo ragazzo.»

«Ti ho già detto che non c'è nessun ragazzo!»

«Ma hai tempo fino ad Agosto, tesoro.»

Tagliai corto ringraziandola. Poi chiesi del mio fratellino Edward, quel piccoletto di dieci anni da un cuore enorme. Tutti i lunedì mi inviava un email con il resoconto della sua settimana, e quando gli rispondevo sapevo di potergli raccontare tantissime cose perché era un adorabile custode di segreti. Randy, invece, mi superava di sette anni e, anche se assecondava sempre mio padre, in fondo era lo stesso un ribelle; il suo teschio in motocicletta tatuato dietro la schiena ne era la prova. Di lì a pochi mesi si sarebbe laureato in architettura, facendo felice mio padre, ansioso di accoglierlo calorosamente nella sua grande azienda. Io, invece, ero la pecora nera della famiglia, scansafatiche e troppo dedita al divertimento, e questo discorso andava avanti da quando avevo più o meno tredici anni, perciò a quattordici preparai le valigie e andai a vivere da mia cugina. Purtroppo scappare di casa non mi era servito a molto, perché durante le festività la famiglia si riuniva interamente e quindi ero costretta comunque a subire le umiliazioni di mio padre.

«Mamma, scusami ma ora devo proprio andare, ho promesso a Rose che l'avrei accompagnata in centro per una passeggiata. Salutami tutti!» riagganciai senza neanche ascoltare la sua risposta.

Dopo una doccia veloce, uscii in cucina per la colazione, ma Wendy era già pronta a cucinare il pranzo, mentre Rose apparecchiava. Le camere dell'appartamento erano sei, e noi forse eravamo le uniche a non riempirlo.

Mia cugina mi guardò di sottecchi con un'aria sprezzante, nonostante cercai di sorriderle. Per farle capire che ero pronta a farmi perdonare, di qualsiasi cosa mi avesse accusata, la aiutai a sistemare la tavola e, prima che il pranzo fosse pronto, mi sedetti al suo fianco sul divanetto grigio di fronte al televisore.

«Rose...» il mio tono di voce si spezzò. Non riuscivo a sopportare quel silenzio tra noi due.

«Non voglio ascoltarti, so già tutto!»

«Cos'è che sai Rose? Non è successo nulla, posso giurartelo!»

Si voltò a guardarmi con un'aria di sfida. Accigliò lo sguardo, senza celare quel velo di tristezza nei suoi occhi verdi.

«Becky sono stanca! Ho sopportato per tutti questi anni che tu mi lasciassi nell'ombra, a dare l'impressione di una tua marionetta. Ora se permetti voglio fare la mia vita, le mie scelte. So cos'è successo stanotte, James me l'ha raccontato e mi ha sbalordito dicendomi che tu, Rebecca Wood, una che non si ferma davanti a niente pur di avere un ragazzo ai suoi piedi, l'abbia respinto per paura di ferirmi. Sinceramente ho creduto alle sue parole, ma non ai tuoi sensi di colpa. La verità è che per puro egoismo preferisci fare andare tutto liscio, perché così io e te siamo le solite cugine di sempre, senza rancori, senza discussioni. Vuoi che tutto sia perfetto per non avere grilli per la testa. Purtroppo io mi sono svegliata dal letargo in cui mi hai rinchiusa fin da bambina. Io voglio James, come avresti voluto tu questa notte. Ma se solo verrò a sapere di un tuo altro passo falso, non ci passerò più sopra, le cose si complicheranno, davvero. Tu sei mia cugina, ti ho accolta in casa come una sorella, e dovresti essermene grata, dovresti non fare errori per il semplice e puro affetto che provi verso di me. So che mi vuoi bene, ma qualche volta non ti farebbe male dimostrarlo. Non mi riferisco solo a me...tutte le persone che ti sono vicine lo fanno perché ti apprezzano per quella che sei. Perciò cerca di ripagare con la stessa moneta!»

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