XIII. Partenze

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Una volta terminato lo spettacolo, cercai subito mia cugina e i nostri amici. Mi accolsero con un caloroso abbraccio e un augurio di pronta guarigione per mio fratello, ma come aveva detto Edward ora dovevo solo godermi gli ultimi giorni di scuola prima del grande passo di donna in carriera - se mai ne avessi avuta una! -.

I gemelli ci raggiunsero poco dopo e tutti insieme ci incamminammo nel cortile della scuola dove si teneva il rinfresco. La tristezza delle feste scolastiche era l'assenza di alcol, senza cui le persone si rintanavano nelle loro timidezze e dietro maschere di finta gentilezza. Con qualche bicchierino saremmo stati tutti molto più socievoli. Ma da qualche tempo a quella parte, sentii molto meno il bisogno di bere, perché stavo bene, con gli altri e con me stessa.

Adam mi prese in disparte per chiedermi di Edward e promettendomi che avrebbe fatto un'imitazione di tutte le altre esibizioni, così da poter dire di non essermi persa lo spettacolo.

Non mi diede il tempo di ridere: mi baciò con passione stringendomi a sé.

Quella sera mangiammo una pizza a casa di Fred e Namid, e fui felice di notare degli sguardi languidi tra Mark e Leotie; negli ultimi tempi era davvero cambiato, o almeno così sembrava, e si era raccomandato di mettere la testa a posto.

Poi, nei giorni successivi, fummo tutti estremamente occupati, con la compilazione di scartoffie per la consegna dei diplomi, per le ultime riunioni studentesche, e per l'organizzazione del ballo. Così, se a malapena riuscivo a salutare Rosemary la mattina, con Adam i rapporti erano sorretti da brevi incontri prima di andare a dormire o da sms mattutini. Al tutto si aggiungeva lo stress per la preparazione alle Olimpiadi che si sarebbero tenute in pieno luglio, con temperature poco raccomandabili per la concentrazione.

La cerimonia del diploma fu piuttosto deprimente, perché dopotutto io non provavo quel senso di profondo distacco da una scuola in cui avevo vissuto pochi mesi e da compagni di cui a stento conoscevo il nome. E per quel che riguarda i miei amici, ero certa che non ci saremmo separati del tutto, specie grazie ai vincoli sentimentali che ci legavano. Inoltre nessuno della mia famiglia partecipò: mia madre era al capezzale di mio fratello quasi fosse prossima alla vedovanza, Randy era in vacanza con alcuni colleghi - nonostante la cosa puzzasse più di nuova fidanzata - e mio padre probabilmente aveva solo finto di avere un impegno lavorativo. Ma perlomeno tutti i Parker erano lì a fare il tifo doppio.

Quando la sofferenza scolastica ebbe fine, potei finalmente preparare le mie valigie. Del mio futuro prossimo non sapevo ancora cosa fare, ma almeno ero già organizzata per quello imminente. Prima che tutto fosse pronto, sentii bussare alla porta della mia camera.

Adam aveva trovato finalmente un po' di tempo per me. Mi accarezzò i capelli guardandomi dritto negli occhi; emanava mancanza ad ogni lineamento del suo viso. Si sedetti sul mio letto, trascinandomi vero di lui, e mi accovacciai sulle sue gambe, rannicchiandomi come una bambina. Ci baciammo, ma era come se non avessimo la necessità di un contatto fisico. Preferimmo il silenzio, con le mani incrociate e i respiri malinconici.

«Domani tornerò in Nevada per le vacanze estive. Magari potrò fare un salto fino a Los Angeles per salutarti. In caso contrario, divertiti. E...»

«E...?»

«Niente... Mi fido di te.»

Deglutii. Le sue parole sapevano di bugia e mi sentii ferita.

Uscimmo in salotto e i miei amici erano tutti pronti per i saluti. Rose se ne stava seduta sul divano con gli occhi lucidi e un fazzoletto accartocciato tra le mani; lo faceva sembrare un addio. Cameron era certamente il più sconsolato, sarebbe ritornato in Germania e avrebbe fatto qualche salto in Texas da Cindy solo un paio di vole all'anno.

«Potreste sposarvi e ottenere la cittadinanza!» esordì Mark.

«Mi avevi detto di aver messo la testa a posto, ma sentirti parlare di matrimonio mi disturba.»

Tutti ridemmo alla battuta di Cameron, prima che piangesse. Ci stringemmo tutti in un forte abbraccio, ignari di quando ci saremmo incontrati di nuovo.

James mi assicurò che l'avrei avuto non poche volte tra i piedi, dato che con Rosemary avrebbe frequentato Harvard: un avvocato e una dottoressa in famiglia è sempre la coppia vincente. Quanto ad Adam, ammesso alla Berkley, saremmo stati lontani solo cinque ore di viaggio, a meno che negli anni successivi non avrei preso l'iniziativa di iscrivermi anch'io all'università. Al momento preferivo piuttosto vivere di rendita, giusto per dare altri fastidi a mio padre.

Andati tutti via, Rosemary pianse ancora.

«Hai sentito James, no? Vi rivedrete per moltissimo tempo. Vi sposerete, avrete dei bambini biondi e perfetti e...»

«Mi mancherai!»

Sapevo che ero io il tasto dolente di quei saluti, ma ero sempre cresciuta consapevole che prima o poi ci saremmo separate. La abbracciai e le augurai una buona estate.

Rientrai in camera, chiusi la valigia e preparai anche il mio bagaglio a mano, senza la minima idea di come avrei potuto trasportare nel cortile tutta quella roba. Ma ad occupare i miei pensieri fu senza dubbio l'odore di libertà che aveva pervaso la stanza, e prima di addormentarmi mi dissi "Benvenuta estate!".

L'indomani chiamai un taxi per l'aeroporto, dopo aver consegnato definitivamente le chiavi della mia camera. L'autista mi aiutò con i bagagli, sia alla partenza che all'arrivo, e mi sentii in dovere di una mancia Aspettai circa un'ora prima di salire sul mio volo per Los Angeles: non ero mai stata in quel posto di surfisti e parlestrati, ma i miei avevano ormai avuto la grande idea di comprare una casa al mare più piccola solo per me, allontanandomi dalle splendide spiagge della costa orientale. Perlomeno mia madre mi aveva promesso che Randy ed Edward avrebbero trascorso le vacanze con me, e insieme sapevo che avremmo passato delle splendide giornate.

L'aereo decollò. In sole sei ore arrivai a destinazione, ma quando aprii gli occhi in realtà speravo di svegliarmi tra le colline e i laghi del Colorado. Non sapevo di cosa avessi paura, se di stargli semplicemente lontana, o di stargli lontana e combinare casini.

Uscii dall'aereo e percorsi un tunnel che conduceva dritto al controllo dei documenti. Da lì passai al ritiro dei bagagli, e fortunatamente i miei furono tra i primi. Raggiunsi la sala degli arrivi, affollata da persone eccitate per l'arrivo di parenti o amici e da tante guide turistiche. I miei fratelli se ne stavano appoggiati a un pilastro: gli corsi incontro e li abbracciai, facendo attenzione a non spintonare Edward, appena liberatosi dal suo gesso.

«Fatto buon viaggio?» mi chiese Randy.

Annuii mentendo, avevo il collo a pezzi e le gambe infiacchite.

Mi aiutò a portare le valigie fino al parcheggio, mentre io e Edward lo seguivamo mano nella mano. Partimmo a tutta velocità, con i finestrini abbassati e l'aria afosa ci scompigliava i capelli.

Buoni presentimenti mi penetrarono l'animo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 01, 2015 ⏰

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