VII. Temporale

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Un fulmine squarciò il cielo e prese a piovere. Mi fermai e per prendere fiato mi sedetti sull'erba bassa che odorava bagnato. Delle nuvole grigie si accumularono tra loro tanto che sembrava già notte. E intanto me ne stavo distesa sull'erba a farmi picchiare dalla pioggia, inerme e sofferente. Solo in quel momento capii di aver sbagliato; in fondo Adam avrebbe cercato di rendermi felice in tutti i modi e io avevo appena rifiutato quella splendida occasione. Chiusi gli occhi e per un secondo sperai di poter morire.

Ma quello che mi circondava non era né il paradiso, né l'inferno, semplicemente la luce calda della mia stanza. Tossii violentemente e sentii all'istante la gola bruciarsi, quasi avessi ingoiato del tè bollente. Non riuscivo a vedere bene i contorni dell'armadio, né della porta, né di qualsiasi altra cosa fosse in quella stanza; le tempie pulsavano fortemente facendomi girare la testa.

Appoggiato alla mia scrivania c'era James, che bofonchiava qualcosa di incomprensibile a Rose. Appena si accorsero che mi ero svegliata, mia cugina mi accarezzò la fronte cercando di sorridere per farmi riprendere. Poi si allontanò lasciando la stanza. James si sedette sul letto e mi strinse la mano.

«Ti sei beccata un bel febbrone da cavallo!»

Cercai di agitarmi, incredula che un po' di pioggia potesse ridurmi in quello stato, ma sentii le ossa scricchiolare lungo la schiena e tanto dolore avvolgermi.

«Come ci sono arrivata qui?»

«Ti ci ha portata Adam. Poi ci ha telefonato dicendo che tu eri svenuta e che non davi cenni di vita. Ovviamente Rose si è spaventata tantissimo e ha insistito perché ti portassimo in ospedale, ma sono riuscito a convincerla affinché il medico dell'infermeria ti visitasse qui. Hai solo bisogno dell'antibiotico e di tanto riposo.»

«Dov'è Adam adesso?»

Non avevo capito nulla di ciò che James mi aveva detto, soltanto il suo nome risuonò nella mia testa come un colpo netto e lancinante. Avrei voluto piangere mentre cercavo di decifrare lo sguardo amareggiato di James. Si passò una mano tra i capelli biondi e sospirò.

«È tornato a casa, ha detto che vuole stare solo per un po'. Ho cercato di parlargli, spiegargli che la sua reazione era esagerata e che tu non avevi pensato prima di pronunciare quelle parole orribili.»

«James uccidimi, ti prego. Se non lo fai tu, lo farò io!»

I suoi occhi beffardi mi innervosirono. Ero seria, volevo morire. Non avrei mai immaginato di trovarmi in una situazione del genere. Mi avevano appena strappato via il cuore e sentivo che senza di esso non riuscivo a respirare. Non volevo andare avanti con una tale angoscia che mi opprimesse. Sarebbero stati tutti meglio senza di me.

Mi lasciarono sola, tutti quanti, con la scusa che dovevo riposare. E io non facevo altro che pensarlo. Cominciò a diventare una vera ossessione, assillante, quasi da sentire la sua presenza. Avevo ferito un'anima splendida e allo stesso tempo sentivo che quella pugnalata che gli avevo procurata era come rimbalzata, finendo dritta nel mio petto. Era lunedì e il mio piccolo Edward aspettava la mia email. Così feci un piccolo sforzo, allungai le mie braccia sulla scrivania e presi il mio portatile. Lui riusciva a rendermi serena.

"Ciao Ed,

scusa il ritardo ma sono successe delle cose oggi così velocemente da rubarmi tutto il tempo. So che aspettavi l'e-mail per le tre del pomeriggio, ma prometto che mi farò perdonare. Sai in questa scuola mi trovo davvero bene, sono tutti molto gentili e anche gli insegnanti mi piacciono molto. Stamattina il professore Walsh mi ha chiesto di partecipare alle olimpiadi della matematica e io ho accettato; spero che l'evento sia pubblico, così puoi venire a vedermi e a incoraggiarmi. Nella mia piccola nuova comitiva ci sono tre ragazzi molto simpatici, e credo proprio che Rose abbia trovato il suo fidanzato. Si chiama James ed è molto carino, e ovviamente è un segreto. Cameron invece è di origine tedesca, ha un accento davvero strano ma sa come farti divertire. Poi c'è Adam, a cui piaccio molto; anche lui mi piace, ma non ne sono davvero convita. Aspetterò un tuo consiglio. Per il resto tutto uguale, mi sono solo beccata una febbre molto alta, ma non dirlo alla mamma altrimenti mi tiene a telefono per ore. Tu invece sei pronto per la scuola media? Ora sei quasi un ometto e ti aspettano, i bulletti e le ragazze. Mi raccomando, sempre a testa alta!

Ti voglio tanto bene Ed.

Rebecca"

Spensi il computer e tornai a distendermi sul cuscino, con la testa che a momenti sarebbe esplosa. Guardai l'orologio e i minuti non passavano mai. Non sapevo cosa fare, perché vegetare mi avrebbe fatto pensare troppo. Così mi trascinai in cucina notando di indossare una lunga maglia grigia che odorava di uomo; era di James e da quel giorno non l'avrei più messa via. Rose inquieta mi chiese di ritornare a letto, ma feci finta di non ascoltarla, bevendo del latte caldo con del miele. A ogni sorso degli artigli mi graffiavano la gola.

La pregai affinché mi lasciasse passare la serata con lei davanti la tv ma non ci fu verso di convincerla e fui costretta a rimettermi sotto le coperte. La febbre non aveva alcuna voglia di andare via e frastornata chiusi gli occhi sperando che il mal di testa andasse via.

Sognai Adam quella notte, e non solo. Era sempre lo stesso sogno: lui che mi prendeva la mano e insieme percorrevamo una strada senza fine, guardandoci negli occhi, sereni e rilassati, come se non potessimo desiderare altro.

Passarono tre giorni e la mia temperatura era intenzionata a rimanere alta. Le mie giornate le trascorrevo guardando la tv e bevendo latte, dato che qualsiasi cibo mi dava la nausea. Ovviamente Rose credeva che mangiassi ogni cosa mi preparasse, ma in realtà finiva tutto nella pattumiera o nello scarico del bagno. Era giovedì e mandavano in onda tantissimi telefilm. Facevo zapping a ogni pubblicità, così cominciai a confondermi con le trame e i personaggi.

Verso ora di pranzo bussarono al campanello, ma Rose aprii la porta da sola perché sapeva che non avevo le forze per stare in piedi. Con lei c'era anche Cameron, che non smetteva di farmi ridere con stupide battute, per tirarmi su di morale. Quando tirai un respiro per calmarmi, gli chiesi come stesse, cosa facessero a scuola, e naturalmente se avesse avuto sue notizie.

«L'ho chiamato ieri sera, ma ha il cellulare spento. Così ho provato a telefonarlo a casa e...»

«Cameron cos'è successo?» mi preoccupai tremendamente quando mi accorsi che cercava di inventare una scusa pur di non affrontare l'argomento.

«Sua madre, Rachel, ha detto che non è lì. Insomma Adam non è tornato a casa e nessuno sa dove sia. Soltanto James sembra non preoccuparsene, ma credo perché sappia già tutto. Quindi non preoccuparti, vedrai che ritornerà.»

Un masso di un peso sovrumano mi schiacciò spezzandomi il respiro. Corsi in camera mia a prendere il cellulare, poi ritornai da Cameron pregandolo di darmi il numero di Adam. L'avrei chiamato ogni istante con la speranza che rispondesse. Lui non se lo fece ripetere due volte, ma non smise mai di guardare Rose con aria perplessa.

Restai così l'intera giornata a telefonare, ma ogni volta rispondeva la segreteria telefonica. Mi addormentai sul divano, stremata dal mal di testa e dai dolori che le ossa non smettevano di procurarmi. Mi sentivo sempre più debole e forse qualcuno stava esaudendo il mio desiderio di morire; anche se avrei preferito qualcosa di veloce e indolore.

La sera fui svegliata da una mano delicata che mi accarezzava i capelli. Era Rose che mi accompagnò nel mio letto come un'infermiera del volontariato. Mi fece distendere lentamente e mi coprì con una coperta blu.

«Becky se non ti riposi non puoi riprenderti, e se non ti riprendi non puoi vedere Adam!»

Non fui mai certa di ciò che disse quella sera, ma per un po' credei che fosse tornato. Purtroppo il mal di testa non andava via e non riuscii a decifrare bene le sue parole. Di certo quella notte riuscii ad addormentarmi subito, tranquilla e serena, spinta da un forte senso di speranza. Mi dispiaceva davvero di averlo ferito e la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata dirglielo, dopo aver trovato il coraggio e deposto l'orgoglio.

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