Capitolo 7

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Sono sdraiata sul letto e vorrei tanto dormire, ma intorno a me ci sono delle figure che me lo impediscono; dapprima sono come ombre sfumate, che poi prendono man mano corpo, fino a che posso riconoscerne alcune: ci sono Greg e Marzia, quindi l'infermiera sgarbata ed il tecnico di laboratorio...
Parlano e ridono, ma non riesco a sentire le loro parole, anche se vorrei. Miss Simpatia mi squadra con l'aria di volermi rimproverare per qualcosa, l'unica espressione con cui l'abbia mai vista, peraltro. Marzia indossa una gonna molto corta ed una camicetta vistosa troppo scollata e ride sguaiatamente, come quella volta al Giardino delle Rose; anche stavolta non è sola, perché c'è Greg, inginocchiato ai suoi piedi, che mi guarda, cercando di provocarmi, mentre inizia ad accarezzarle le caviglie, salendo su fino alle cosce, un immagine che non comprendo, ma che mi disturba e mi disgusta insieme, considerato quello che c'è stato tra noi.
Mi volto e vedo una sedia a rotelle vicino al letto di Filippo e lui che cerca di distruggerla a calci.
Intanto il tecnico di laboratorio inizia a chiedermi ripetutamente se sono incinta ed io cerco di urlare di no, che non lo sono, ma non mi esce la voce. E allora mi dibatto disperatamente, come un pesce lasciato vivo a riva, sulla battigia.
Poi qualcosa mi colpisce...un profumo...una fragranza che ho già incontrato, nel mio recente passato e che purtroppo non riconosco, ma che ricordo di aver sentito, credo, una sola volta; mi sembra di cogliervi il legno e la lavanda, con note di bergamotto, cedro e limone ed è un'insolita fonte di piacere, che mi seduce e mi rapisce. All'improvviso provo un senso di benessere e tutti quelli intorno a me spariscono, quasi dissolvendosi, tutti tranne Filippo, che rimane immobile a guardarmi.
Però anche quel profumo sensuale si dissolve ed io mi siedo sul letto, con la schiena appoggiata al muro e sento il mio cuore battere, sempre più forte, sempre più forte, fino ad emettere una specie di sibilo, assordante, insopportabile.
Inatteso, un pianto disperato, che è quasi un urlo, squarcia la notte.

Scatto a sedere sul letto. Mi gira la testa, per essermi alzata così repentinamente.
Mi guardo intorno e mi rendo conto di aver sognato..."meno male" penso "era un incubo terribile".
Realizzo che stavo dormendo da solo mezz'ora e che sono stata risvegliata dall'arrivo in camera del bambino operato.
È piccolo, non ha neanche due anni e alterna il pianto agli urli, mentre ha un sensore attaccato ad una macchina, per misurargli i parametri vitali, che ogni volta che si muove fa scattare una specie di allarme, un fischio tanto acuto quanto insopportabile.
Ogni poco arriva un' infermiera a controllarlo, a cambiargli la flebo, a misurargli la temperatura, a rimettergli il sensore, che lui si sfila dal piedino.
Sono senza parole. Provo solo un senso di angoscia crescente per questo bambino, unita alla paura di quello che aspetta noi domattina.
Guardo Filippo, che ha messo la testa sotto il cuscino, per attutire i rumori e in questa posizione sembra così piccolo ed indifeso che vorrei abbracciarlo e proteggerlo da tutto e da tutti.
Mi rammarico di questa mia impotenza e mentre sono sul letto a guardarlo, all'improvviso vengo sopraffatta dalle lacrime, che scendono silenziose rigandomi le guance.
In un momento di tregua, la mamma del piccolo alza la testa e si scusa con me, in un italiano un po' incerto, per la confusione che stanno facendo ed il disturbo che ci stanno recando.
È così umile, che mi colpisce.
È giovanissima, avrà solo qualche anno più di me, eppure la vedo così sicura con il suo piccolo, come è la mamma con Filippo e penso che forse è una cosa che viene naturale, un istinto primordiale come quello degli uccelli di volare o dei pesci di nuotare.
"Non ti preoccupare...non siamo mica in un albergo, in vacanza" la rassicuro e lei mi sorride, tornando ad occuparsi del piccolo.

Non riesco proprio a dormire, un po' per la tensione ed un po' per le urla del bambino, così mi giro e mi rigiro nel divano letto senza pace alcuna. Alla fine decido di alzarmi,così esco di camera e vado a fare un giretto fino al bancone delle infermiere, dove trovo Maura.
Oltre ad essere gentile, è proprio bella. Ha capelli neri lunghi, che tiene sempre raccolti, per riuscire a lavorare meglio ed espressivi occhi verdi, sempre sorridenti.
"Tutto bene?" mi chiede cortese "serve qualcosa per suo fratello?".
"Niente, grazie. Passeggiavo...non riuscivo a dormire..." rispondo e aggiungo, senza alcuna spiegazione "il Dott. Zini passa domattina in reparto, prima dell'intervento?"
"È passato poco fa in camera di Suo fratello, a controllare quel bambino, prima di andare via...non l'ha visto?" mi domanda incuriosita. "No, deve essere stato il mio unico momento di sonno..." replico sconsolata.
"Prima degli interventi non passa mai, perché va a fare attività" mi rivela con tono confidenziale.
"Attività....di che tipo?" chiedo incuriosita.
"Sportiva" precisa Maura e aggiunge "prima andava sempre a correre, poi ha iniziato ad andare a tirare pallonate contro il muro della vecchia colonica disabitata, nel giardino dietro l'ospedale...pare che così si scarichi prima dell'intervento...o si carichi...non l'ho capito. È questione di tenere sotto controllo tensione e adrenalina. Ci sono interventi di ore, che richiedono la soglia dell'attenzione sempre al massimo livello e a lui affidano spesso interventi molto delicati. È molto bravo. Stai tranquilla per tuo fratello, è capitato in buone mani". "...Ops, Le ho dato del tu...scusi" mi dice imbarazzata.
"Va benissimo il tu, Maura. Notte" le sorrido e me ne torno in camera, facendo il giro più lungo e passando dal corridoio fuori dal reparto.
A quest'ora non c'è nessuno e anche Greg e Marzia sono un lontano ricordo "salvo la parentesi onirica di poco fa" penso. Chissà cosa voleva oggi, qui...
Rientro in camera e noto un messaggio di Greg sul cellulare, lasciato in carica:
"Buonanotte Amore. Vorrei essere lì con te, per farti capire cosa provo davvero. In bocca al lupo per domani. Per sempre tuo, Greg"
L'istinto sarebbe quello di chiamarlo e vomitargli addosso tutta la mia rabbia, la delusione, il dispiacere per quanto accaduto oppure di scagliare il telefono dalla finestra, ma evito saggiamente di fare entrambe le cose.
"Il campione della falsità, dopo aver mandato avanti la sua puttana in avanscoperta, parte all'attacco" penso.
Ma ha fatto male i suoi conti...
Decido di non rispondergli.

La mattina in reparto inizia già alle h.6,00, ammesso che si sia mai interrotta. Niente colazione per Filippo e neanche per me, per solidarietà.
Alle 9,00 si va in sala, quindi occorre prepararsi per l'intervento.
Ora che siamo arrivati al dunque, sento le lacrime spingere come un fiume impetuoso contro la diga. Non devo farmi vedere da Filippo e trovo una via fuga nel bagno.
"Vado prima io a lavarmi e a cambiarmi" gli annuncio. "Noooo, lo spazzolino...ecco che vuol dire fare le valige distrattamente...è colpa di Cla, che mi ha distolta" dico e Filippo interviene: "Non ti azzardare a prendere il mio, chiaro ?!".
Solo adesso capisco perché i bar degli ospedali tengono spesso dentifricio e spazzolino...per le sbadate come me !

Mentre Filippo si prepara, sento il bisogno di respirare una boccata d'aria fresca, così oltrepasso un' uscita di sicurezza lasciata aperta da qualcuno che è andato fuori a fumare e mi ritrovo su una specie di giardino pensile, adornato con piante aromatiche. Ancora una volta, come nel sogno, mi colpiscono i profumi e rimango per un attimo ad occhi chiusi, ispirando lentamente, pronta a recepire ogni aroma.
Mentre sono lì che cerco di ritrovare un po' dell'equilibrio smarrito in questa avventura, perdendomi nel panorama collinare che circonda parte dell'ospedale, noto giungere dal giardino sul retro un ragazzo con calzoncini corti, scarpe da ginnastica e maglietta aderente, con una sacca sulla spalla.
Avvicinatosi, noto con non poca sorpresa che è il Dott. Zini che, come anticipato da Maura, torna dalla "attività preoperatoria"...
"Però" penso "fare attività gli giova parecchio...proprio niente male...con il camice non si nota affatto".
Quest'uomo per me è un vero mistero.
Ha qualcosa di indecifrabile nel comportamento e nello sguardo. Non riesco a capire se sia gentile, ma riservato, freddo e distaccato oppure stronzo e stacanovista.
Non sorride quasi mai e non comprendo se sia realmente così di carattere o se sia una maschera che indossa appena varca la porta del reparto; la cosa che so per certo è che qualche sorriso in più non guasterebbe...per lo meno metterebbe più a loro agio familiari e pazienti.
E anche me, che in questo momento dovrei essere forte, invece mi sento piccola e fragile, come la ragazza di una canzone di cui non ricordo il titolo.
Decido di rientrare e non mi accorgo di avere uno sguardo puntato su di me, perché è altro il peso che sento oggi sulle mie spalle.

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Approfitto per chiedere scusa per gli eventuali "orrori" di ortografia che possano esserci. Scrivere dalla tastiera del cellulare non è sempre così agevole...Vi ringrazio però se, nonostante tutto, avete deciso di seguirmi fino a qui e spero che continueremo ancora questo cammino insieme.
Oggi mi sento di volervi abbracciare per questo, anche se non vi conosco.
Ciao, a presto

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