Capitolo 21

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Finalmente mattina. Il reparto si anima ed io sono tesissima. È sufficiente la più piccola contrarietà per farmi esplodere dalla rabbia o per farmi piangere. Mi sento come un vetro crepato, a cui basta un piccolo sbalzo termico o una minima sollecitazione per andare in mille pezzi.
Mi affaccio dalla porta del Salone, sul corridoio, per vedere se sta arrivando la colazione e vedo Monica a spasso con Matteo.
Finalmente un volto amico, rifugio sicuro per la tempesta che mi si agita dentro. Vado da lei, che è felicissima di vedermi. Ci abbracciamo e inizia a raccontarmi dei progressi che ha fatto Matteo, ma all'improvviso, senza alcun motivo apparente, una lacrima mi scende silenziosa. Monica ci rimane male. "Scusa, sono un po' tesa...Non ho dormito per niente stanotte".
Non ce la faccio a restare con lei. Ho troppa paura che mi legga dentro e capisca il mio travaglio interiore, così la saluto e asciugandomi la lacrima con il dorso della mano rientro nel Salone.
Non ho mai pianto tanto come da quando è iniziata questa esperienza in ospedale e sinceramente inizio a sentirmi abbastanza stanca di tutta questa tristezza.
Mentre Filippo fa colazione, io mi rimetto seduta sulla poltrona reclinabile, con le cuffie sulle orecchie, gli occhi chiusi e l'immancabile musica di Elisa a confortarmi, quando percepisco una presenza accanto a me.
È lui, il camice aperto sui jeans e la camicia e i capelli scolpiti con il gel.
Ha stranamente quel profumo che trovo tanto seducente ed il mio cuore perde un battito.
Faccio finta di non vederlo, ma capisce benissimo che non voglio incrociare il suo sguardo.
Fa due parole con Filippo e per tutto il tempo lo ignoro.
Sento solo Filo dirgli che non ha riposato molto bene nel Salone ed aggiungere "sempre meglio di mia sorella, che non ha dormito affatto".
Saluta entrambi, mentre continuo ad ignorarlo, si schiarisce la voce con un colpo di tosse e va via, guardando a terra.
"Bene, sentiti in difficoltà, stronzo bastardo" penso.
Non passano cinque minuti che mi arriva una notifica.
Leggo il messaggio, è suo: "Voglio parlarti anch'io. Ambu 26 tra dieci minuti".
"Scordatelo" penso "ora si gioca con le mie regole".
Scrivo: "Ora non posso". E invio.
Legge subito, ma non segue risposta, come al solito.
"Filippo, ti dispiace se accompagno in sala operatoria Jo ? È solo, va stamani e glielo avevo promesso" dico a Filo, che replica: "Tranquilla. Oggi dovrebbe anche venire a trovarmi Ale".
"Non con Marzia, spero..." rispondo agitata solo all'idea.
"Non credo...però non lo so per certo" cerca di tranquillizzarmi.

Frattanto è giunta l'ora per Jo di andare in sala operatoria, così mi affaccio sulla porta di camera sua: "Ehi, sei pronto ?".
"Ciao, Marghe. Diciamo di si...tanto devo andarci io per forza, no?" risponde.
E, mentre lo accompagno al primo piano, mi sembra di rivivere l'intervento di Filippo. L'attesa, l'ansia crescente e poi quel bacio con il Dott. Zini...si può dire che è cominciato tutto da lì, da quel momento di estrema vicinanza che si è improvvisamente creato tra noi.
Mi riviene in mente l'elettricità che sento vicino a lui, l'attrazione così irresistibilmente fisica e mentale che provo per quest'uomo, come mai ho avuto per nessuno.
Non capisco come sia stato possibile, ma mi è entrato nell'anima e non riesco più a togliermelo dalla testa, neanche adesso che ho scoperto che è impegnato.
Se solo lo vedo o penso a lui, sento un brivido percorrermi fino alla mia intimità e quando mi guarda mi perdo completamente nei suoi occhi.
So che non ritroverò più la Margherita che c'era prima fuori da qui, quella ragazza che lui ha reso emotivamente una donna.
Perché è così che mi sento adesso.
Anche se tra noi c'è stata un'intimità fisica incompleta, le emozioni che lui scatena in me anche solo guardandomi, sfiorandomi o baciandomi sono complesse, mature.
Mi fa sentire completamente donna, la sua donna e potrei sperimentare qualunque cosa con lui, se solo me lo chiedesse.
Ho voglia di lui, una voglia profonda e potente che travolge ogni mia convinzione e spazza via ogni mio pudore.
Porto i suoi occhi scolpiti nella mente, i suoi baci e la sensazione della sua lingua dentro la mia bocca come tatuaggi indelebili nel mio più profondo sentire.
Mi spaventa e mi attrae al contempo, mi intriga fisicamente e mentalmente, mi interessa e mi cattura come una preda, non ignara ma consapevole del suo destino.
E mentre tutto questo riemerge dal mio più profondo sentire, come un relitto che giaceva sconosciuto negli abissi del mare e fatto riaffiorare alla luce del sole, l'esigenza di parlare con lui si fa impellente, improrogabile, irrinunciabile.
Vorrei correre da lui e parlare fino a sfinirsi, fino ad esaurire tutte le parole che la mente può conoscere, fino a che non c'è più niente da chiarire, ma c'è solo da viversi quest'emozione, con tutta la forza e l'intensità della vita stessa.

Sono ancora travolta dalla scoperta di questo mio nuovo sentire, che Jo mi riporta al motivo per cui sono qui.
"Grazie per avermi accompagnato" mi dice e inaspettatamente mi stringe a sé e mi bacia. Un bacio sulle labbra, che vivo senza passione, senza alcun calore, senza prendere niente di me e senza donarmi niente di più di un semplice contatto fisico.
Resto senza parole, per la sorpresa e non riesco a uscire da questa situazione con la prontezza che invece richiederebbe, perché noto il Dott. Zini immobile vicino a noi, il volto tirato, visibilmente turbato dalla scena a cui ha evidentemente assistito.
Jo non manca di aggravare la situazione, perché mi prende la mano, davanti a lui, la bacia all'interno del palmo, proprio al centro e dice: "Grazie ancora per tutto quello che fai per me".
Il Dott. Zini abbassa lo sguardo e va via ed io resto lì, senza ben capire cosa sia successo.
"Ma...io...perché..." dico sconclusionatamente a Jo.
E lui: "Non preoccuparti...ti dovevo un favore".
"Ora entro da solo...vai pure. Grazie" aggiunge e lo vedo sparire lungo il corridoio che porta alle sale operatorie.

Resto immobile e non ho risposte per quello che è appena successo, ho solo domande che non posso rivolgere a nessuno, in questo momento.

Mentre torno in reparto, mi sento ancora confusa. Giunta sulla porta del Salone, vedo Filippo raggiante.
"Ci danno una camera" esulta "è stato Zini".
Dentro di me sento una gioia profonda riscaldarmi il cuore. Ho sinceramente voglia di parlare con lui.
Ho anche voglia di parlare con Jo, per capire meglio cosa sia successo.
E mentre traslochiamo dal Salone alla camera, sento il mio cuore farsi leggero, come nella canzone di Elisa e mi sento sollevata e consolata come mai in questo difficile periodo.
So che è in sala ad operare Jo e che quindi non leggerà il mio messaggio, ma ho voglia di scrivergli.
"Ci hanno trasferiti nella camera 27. Grazie. Davvero". Invio.
Risponde immediatamente con la faccina sorridente timida.
Subito dopo arriva l'infermiera Maura: "Eccoli nella nuova camera...meglio, vero ?"
"Si, molto. Ho tanto bisogno di dormire" rispondo.
E fa per andarsene, quando torna indietro, dicendo: "Dimenticavo...tieni, l'hanno mandata su dall'Ufficio Donazioni. È per te, ma non so chi l'ha comprata".
E mi dà una tazza verde con il logo dell'Ospedale.
Sorrido. Ho capito.
E mentre vado alla macchinetta per prendere un the da mettere nella mia nuova tazza, penso agli ultimi accadimenti della giornata.
Finalmente ho compreso.
"Grazie, Jo" penso.

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La complessità delle relazioni umane a volte nasconde istinti primordiali semplici...questi siamo noi, questa è la vita.
E se non avete capito bene cosa è successo nel capitolo 21, non potete perdere il capitolo 22.
A presto. Vi abbraccio tutti.

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