Capitolo 32

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Sono in camera con Jo e fuori dalla porta, a pochi passi da noi, c'è lui.
Ripenso alle parole di Jo, mentre gli passavamo davanti, in corridoio..."Diamogli qualcosa su cui riflettere...magari si rende conto che ha voglia di stare bene anche lui".
Le occasioni per stare bene a volte passano una volta e non tornano più. Mai più.
Rifletto: "E, se per caso, la sorte avesse voluto farmi dono di una di queste occasioni speciali? Perché proprio a me, perché proprio adesso? E poi, chi devo considerare quale vera occasione di felicità, Jo o Zini? Entrambi mi sono entrati nell'anima, anche se in due modi completamente diversi. Sono qui, in camera di Jo, che mi fa ridere e mi fa sentire bene, però un pezzo del mio cuore è rimasto laggiù nel corridoio, perso in quell'uomo che mi ha preso la testa, il corpo e la mente."
I treni della vita passano, a volte si fermano, ma poi vanno via...
Tutto scorre. "Panta rei" diceva Eraclito nella sua teoria del divenire.
Il mondo è un flusso perenne...si può decidere di fermarsi e guardare o di lasciarsi travolgere.
Io per un po' mi sono lasciata travolgere da quest'uomo, ma il suo atteggiamento mi ha fatto e continua a farmi stare male.
Non comprendo questo suo avvicinarsi, per poi respingermi subito dopo.
A volte mi è sembrato che fosse lui a cercarmi, salvo scomparire senza un perché. È logorante. E lo è ancor più il fatto che lui sia consapevole di questo suo effetto su di me, tanto che quando me ne sono andata dal parcheggio, lasciandolo solo in compagnia del mio "No", l'ho per la prima volta spiazzato.
Non voglio questa dipendenza da lui, né voglio anche solo provarla.
Ma non riesco a non pensare a lui ogni giorno, ogni momento della giornata...perfino ora che sono con Jo.
Mi rendo conto che lui è dentro di me, in ogni momento. Lui è i battiti del mio cuore, è i miei respiri, è i miei pensieri di giorno e i miei sogni la notte, è i miei passi, quando non so dove andare, è le mie mani, quando mi sfioro ripensando al suo corpo contro il mio, è i miei desideri e le mie speranze, è le mie paure e le mie incertezze.
È entrato in me e non so come farlo uscire. Non so neanche se voglio farlo uscire.
Penso a questo Ospedale e mi sembra incredibile come un luogo di timore e dolore possa divenire depositario di un ricordo di amore. Quante volte la stanza agli ambulatori ovali è stata teatro delle nostre sofferenze: ogni comunicazione che riguardava la salute di Filippo ci è stata data lì, dall'esistenza della sua malattia, alla sua evoluzione, alla necessità di intervenire chirurgicamente.
Ma oggi penso a quella stanza diversamente. Penso ai baci che lì ci siamo scambiati, all'intimità che si è creata tra noi e non capisco come lui possa continuare a lavorarvi ogni giorno senza che la sua mente sia anche solo sfiorata da questi stessi ricordi.
Probabilmente sono solo miei pensieri. Solo miei ricordi.
Certo non nostri.
E una piccola fitta di dolore mi colpisce dritta al cuore, velandomi gli occhi di tristezza e nostalgia.
All'improvviso sento afferrarmi per la vita. Jo mi stringe a sé ed io resto con gli occhi chiusi, senza palpiti.
È un'attesa senza brividi. C'è solo curiosità, in me, ma non passione, non desiderio.
Sento la sua bocca sulla mia, la sua lingua che cerca di esplorarla.
So che non dovrei essere qui, so che dovrei dirgli di no, ma devo capire, voglio capire cosa provo per Jo.
Apro gli occhi di scatto quando sento che sta cercando di slacciarmi i bottoni della camicetta, aumentando la mia scollatura, già abbastanza al limite.
E poso piano la mia mano sulla sua, per fermarlo.
Lui fraintende o finge di non comprendere, perché scende rapido fino ai miei pantaloni, sganciandomeli e abbassandoli un po', prima che riesca a fermarlo.
Mi sento nell'imbarazzo più totale, ma mai quanto, subito dopo, entra in camera il Dott. Zini.
Comprendo che la scena che gli si presenta davanti è peggiore di quello che immaginavo, dall'espressione eloquente che gli si stampa sul volto.
Ci guardiamo in silenzio tutti e tre.
Lui sta piantato davanti a me e mi guarda fisso negli occhi, immobile.
Sento un brivido percorrermi.
Lui è serio. Non guarda Jo. Ora guarda solo me, in un modo così intenso che tutto quello che c'è intorno a noi scompare.
Sento il mio corpo contrarsi per lui e vorrei che fossimo soli.
Vorrei sentire le sue mani su di me, la sua lingua nella mia bocca.
Lo vedo piegarsi davanti a me, con il volto vicino al mio seno, al mio ventre, alle mie gambe.
Mi sembra quasi di sentire il suo respiro sul mio corpo.
L'elettricità che c'è sempre stata tra noi è potente anche adesso, è una forza che mi costringe, è un brivido intenso e assoluto dentro e fuori di me.
Poi si rialza e mi porge il foulard rosa che era caduto ai miei piedi, senza che me ne fossi accorta.
Per un attimo lo stringiamo entrambi e mi riaffiora alla mente quando, nell'ufficio, mi legò le mani con la sua cintura, facendomi conoscere un mondo di emozioni inesplorate.
"Scusate" dice in un tono falsamente incolore, in cui tuttavia non riesco a leggere quali sensazioni stia provando, e se ne va, chiudendosi la porta alle spalle.
Provo un senso di vuoto grandissimo.
Guardo Jo e noto che ha i pantaloni leggermente abbassati anche lui e, dai boxer aderenti, divenuti visibili, non si può non notare tutta la sua eccitazione.
L'unica cosa a cui riesco a pensare è a che impressione possa aver avuto lui.
Mi fa malissimo, tutto questo.
Mi fa male anche pensare che possa essersi fatto un'idea sbagliata di me, di essere passata per una facile e leggera.
Mi rimetto apposto in tutta fretta, con lo sguardo rivolto a terra, prendo le mie cose e mi avvio verso la porta.
"Aspetta" mi dice Jo, con l'aria affranta.
"Non posso. Non ora" rispondo seria e me ne vado.
Lui non c'è più.
Sento un'infermiera, alla quale un'altra aveva chiesto "ma il Dott. Zini?", rispondere: "È andato via di fretta. Deve aver avuto un'urgenza. Non ha lasciato detto niente a nessuno."
Mi sento in colpa, come se avessi fatto qualcosa di male.
Mi rendo conto di averlo, per qualche strana ragione, ferito e questo mi fa soffrire.
Scendo le scale e, quasi senza riflettere, vado alla Stanza 26, agli ambulatori del piano terra.
La porta è aperta, ma lui non c'è.
Decido di chiamarlo.
Il telefono squilla, ma lui non risponde. Sento l'ansia salirmi.
Gli scrivo un messaggio di getto, senza neanche il tempo di pensare al contenuto: "Ho bisogno di parlarti. Veramente. Non posso aspettare più. Sto male. Chiamami".
Noto che è offline da un po'.
Non so se andare via o restare.
Risalgo in reparto, per vedere se è tornato su, ma invece di incontrare lui, trovo Jo.
"Che bello, sei tornata. Ho proprio bisogno di parlarti..." mi dice.
"Non ora, Jo" rispondo frettolosamente.
Lui mi afferra per un braccio.
"Ti prego, Jo. Ti ho detto non ora" replico, cercando Zini con lo sguardo.
"Marghe, mi dispiace davvero per quello che è successo..." insiste.
"Quale parte della frase non ora non comprendi?" rispondo acida, guardandolo negli occhi.
Rimane gelato. Mi svincolo dalla sua presa e lascio il reparto.
Riprendo in mano il cellulare e noto che ha letto il messaggio.
Nessuna risposta.
Lo richiamo.
"Pronto?" sento una voce femminile all'altro capo.
"Caz...la moglie..." penso e d'istinto riaggancio, maledicendomi per avergli telefonato.
Basta. Non ce la faccio più.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime per la tensione accumulata. Corro giù per le scale, sperando di non incontrare nessuno. Arrivo al parcheggio e mi siedo sul motorino, dopo aver indossato il casco.
Singhiozzo talmente forte, che si voltano a guardarmi pure delle persone che passano non troppo vicino a me.
Non posso partire. Non ancora. Le lacrime scendono così copiose che mi impediscono di vedere alcunché.
"Margherita..." sento chiamarmi.
Alzo lo sguardo e resto impietrita, con il volto rigato ed il respiro spezzato.

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Anche il Cap.32 è giunto al termine e con esso ci avviciniamo all'epilogo di questa storia.
Come finirà?
Forse lo so...o forse ancora no.
So che quando scrivo, parto con un'idea in testa...poi succede qualcosa che mi colpisce profondamente e tutto cambia.
Oggi mi sento in standby e credo che questa emozione traspaia.
In attesa di capire meglio me stessa e di uscire da questo stato di standby, maturo la fine di questa storia, che porto nel cuore ogni giorno della mia vita.
Vi abbraccio con un affetto grandissimo, perché vi porto tutti con me. Nell'anima. Sempre.

MAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora