Capitolato 31

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Lo osservo, mentre i miei respiri sono ancora affanni ed ha un'espressione che non gli avevo mai visto. È disorientato, perso, sorpreso...mi guarda come se avesse davanti agli occhi una persona nuova, sconosciuta, incomprensibile.
Un piccolo semplice "No" ha fatto crollare il mondo di quest'uomo...il mio piccolo semplice "No".
Vederlo così mi fa sentire una forza interiore, che non conoscevo, crescermi dentro e dare le basi per una maggior sicurezza ed una volitività mentale più matura.
Restiamo in silenzio per un tempo infinito, guardandoci negli occhi, finché lui mi chiede incerto: "Tutto bene?".
Mi sento salire il sangue alla testa: "Non posso credere che mi stai veramente chiedendo se va tutto bene...me lo chiedi perché ti interessa davvero, o come semplice formula di cortesia ? No, perché nel secondo caso, potrei anche accettarlo, ma nel primo proprio no. Sai quanto è che ho bisogno di parlare con te? Sei sparito...dopo quello che c'è stato tra noi...sapevi che non potevo chiamarti, non potevo scriverti, scompari e ora mi chiedi come sto? Cosa dovrei risponderti...potrei dirti quello che mi hai detto tu, quando mi hai fatto capire che sei impegnato e che dovevo rispettare i tuoi spazi, non chiamandoti e non cercandoti...che dovevo avere pazienza, che dovevo usare la mia intelligenza...ecco, sai cosa ti dico? Usa la tua intelligenza e capisci perché ti ho detto "No"..."
Sono come un fiume in piena.
Mi guarda basito e rimane in silenzio. Incredibilmente lo vedo del tutto spiazzato, ma mai quanto poco dopo, quando, senza altro aggiungere, gli volto le spalle e me ne vado, lasciandolo, per la prima volta, sospeso, come ha sempre fatto sentire me.
Mi sento arrabbiata e fiera, arrabbiata per i giorni di silenzio forzato e per quel bacio rubato come se niente fosse successo e, fiera, per come mi sono comportata.
Cammino a passo lesto nel parcheggio e i pensieri, nella mia mente, si succedono ancora più velocemente:
"Stronzo, bastardo, coglione...cosa credi, che perché mi fai questo effetto, me lo farai a vita? Prendi una decisione...e portala avanti. Sei impegnato e non te la senti? Legittimo...allora lasciami perdere. Ma se ci tieni davvero, a me, fatti avanti, perché la vita è una sola. E se l'ho capito io a neanche vent'anni..."
E nella riflessione rabbiosa, tiro un calcio a una pietra bianca, che casualmente incrocia il mio cammino, la quale va a colpire una macchina, una macchina nera, nuova, fiammante, ora con una fitta vistosa sulla fiancata.
Mi sento improvvisamente in colpa: "Caz...che ho fatto...e adesso?"
Poi mi casca l'occhio all'interno della vettura...è di un medico...c'è un permesso di accesso...Dott. Zini...
"Ecco...Non mi sento più in colpa...Non ho fatto certo apposta...ma ormai...è successo... si vede che te lo meriti, altrimenti non succedeva" penso, consapevole che sto esagerando...ma sono arrabbiata davvero, stavolta come mai prima d'ora e non mi va in nessun modo di essere comprensiva né, in questo momento, di calmarmi.
Mi piego e raccolgo la pietra che ho appena calciato e che ha provocato quel danno...mi viene da sorridere, per l'ironia della situazione... è a forma di cuore.
Rimango ferma nel parcheggio, con quel cuore bianco al centro della mia mano e lo guardo: il mio sorriso si fa amaro, ripensando a lui.
Lo stringo forte tra le dita e sento una fitta al mio cuore. La nostalgia di lui si è trasformata in rabbia, una rabbia che mi vela gli occhi di lacrime.
Ma stavolta le lacrime non hanno tenerezza in loro, non hanno ricordo, rimorso o rimpianto, non hanno il conforto della speranza.
La rabbia mi fa stare male, mi opprime il cuore e mi annebbia la mente.
Mi sento come se fossi rinchiusa in uno spazio costretto, come se mi avessero nascosta, con gli arti immobilizzati, in un sacco di juta e mi stessi dibattendo per cercare di liberarmi, senza risultato; le fibre ruvide della tela mi graffiano la pelle ed è un dolore fisico che si irradia fino all'anima. E più la rabbia aumenta, più i graffi diventano segni indelebili sul mio corpo e nella mia mente.
Tutta questa rabbia, rinchiusa dentro di me, vorrebbe esplodere fuori, ma è talmente grande ed intensa che ne temo le conseguenze.
L'ira è come un fluido caldo che parte dal cuore e mi scorre nelle vene, raggiungendo ogni punto periferico del mio essere, arrivando a pervadere tutta me stessa.
È collera, che mi paralizza la mente e la sento addosso come ghiaccio che mi brucia la pelle.
Non posso andare da Jo così...ho paura di quello che potrei dire o fare, approfittando della sua dolcezza, del suo affetto. Lo sento indifeso, davanti a me, quando siamo insieme. Non voglio ferirlo, come ha fatto Zini con me...Zini...non ce la faccio neanche a chiamarlo per nome, come se tra noi non ci fosse stata alcuna confidenza, alcuna intimità.
Le mie gambe continuano a camminare, come se non fossero comandate da niente e nessuno.
E all'improvviso mi trovo, contro ogni mia apparente volontà, fuori dal reparto.
Mi fermo e non so cosa fare.
Rimango immobile, in mezzo al corridoio, con il fiato spezzato, la testa pesante, il cuore come la pietra che ho appena calciato.
Con la mano la sfioro, la sento gravare nella mia tasca e vorrei che questo sasso fosse davvero il mio cuore, per poterlo lanciare lontano e con esso allontanare via da me tutte queste emozioni negative che mi opprimono, tutta la rabbia, il dolore e la sofferenza che mi affliggono.
I miei occhi guardano a terra, tale e tanta è la paura che qualcuno possa leggermi dentro, quando all'improvviso mi sento sfiorare.
È un tocco delicato, senza quella elettricità e quel desiderio che ho imparato a conoscere e riconoscere.
Alzo lo sguardo e vedo Jo.
Avanzo ancor più verso di lui, fissandolo, finché il mio viso è pericolosamente vicino al suo.
"Scusami" mi dice Jo ed io non so cosa mi succede, né perché lo faccio, ma gli prendo il viso tra le mani e lo bacio sulla bocca.
Un bacio strano. Un bacio appassionato, ma senza alcuna passione.
E all'improvviso trasalisco, perché sento passare accanto a me, a noi, quella fragranza così sensuale ed eccitante, fatta di legno e lavanda, bergamotto, cedro e limone, che ormai conosco bene. Apro gli occhi ma non noto nessuno.
Questo bacio mi fa stare male. Soprattutto quando vedo il suo sguardo carico di aspettativa.
E, guardando Jo, mi sembra di vedere me stessa allo specchio, solo che quella che vedo è la me stessa che pulsa per un altro, che non è il ragazzo dolcissimo che ho davanti.
Vorrei fuggire via da Jo, ma mi prende la mano e mi sorride.
"Perché l'ho fatto? Sono peggio di Zini" penso.
"Grazie" mi dice Jo "anche se so che questo bacio non è per me".
Resto paralizzata ad ascoltarlo. Abbasso gli occhi a terra, colpevole.
"Mi hai detto che lo ami due giorni fa...Non crederai che, per quanto sia consapevole del mio irresistibile fascino, abbia pensato di averti conquistata così facilmente..." mi dice, facendomi l'occhiolino e continuando a sorridermi.
Ricambio con un sorriso imbarazzato e Jo ride di cuore, abbracciandomi.
"Sei così dolce e prevedibile...piccola Matta...se vuoi lui davvero, cambia atteggiamento, perché lui ti mangia in un sol boccone..."
E mentre lo dice, mi abbraccia di nuovo, dandomi un morsetto affettuoso sulla guancia.
"Sarebbe così facile" penso, guardando Jo e ricambiando il suo sorriso "con questo ragazzo potrei anche essere felice".
Invece è tutto così complicato e doloroso. "Perché il mio cuore è lì e non qui?" penso, mentre Jo mi prende per mano e mi dice: "Vieni, andiamo in camera mia, che ci penso io a fartelo dimenticare...".
Lo guardo perplessa.
"Sto scherzando...devo rientrare per la terapia...vieni che facciamo due chiacchiere?" mi tranquillizza.
"Ok" rispondo semplicemente e Jo: "Andiamo allora" e mi cinge la vita con un braccio.
Faccio altrettanto e lui mi sorride, dicendo: "Jo/Dott.Zini... 1 a 0 per me". Mi viene da sorridergli, davvero.
Entrando in reparto, passiamo davanti al bancone e vedo lui al computer, prima che possa notarmi.
Jo mi serra il braccio in vita, per non farmi levare il mio dai suoi fianchi e proprio mentre gli scorriamo davanti, mi afferra dolcemente una guancia con la mano e mi da un bacio tenero sulle labbra, bisbigliandomi poi all'orecchio: "Diamogli qualcosa su cui riflettere...magari si rende conto che ha voglia di stare bene anche lui".
Guardo con aria interrogativa Jo ed evito di guardare lui, anche se mi sento il peso del suo sguardo addosso.
Entriamo in camera di Jo, chiudiamo la porta ed iniziamo a ridere.
E per la prima volta, non mi preoccupo affatto di cosa sta facendo o pensando lui.

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Il Cap.31 ci accompagna piano verso la fine di questa storia.
Chissà cosa decideranno di fare Margherita, Jo e il Dott. Zini.
Le occasioni per stare bene a volte passano una volta e non tornano più. Mai più.
E se per caso, la sorte vi ha voluto far dono di una di queste occasioni speciali, pensate perché proprio a voi, perché proprio adesso...ma non state a pensarci troppo...
I treni della vita passano, a volte si fermano, ma poi vanno via...
Tutto scorre. "Panta rei" diceva Eraclito nella sua teoria del divenire.
Il mondo è un flusso perenne...si può decidere di fermarsi e guardare o di lasciarsi travolgere.
Posso solo chiedervi di non smettere di rincorrere un brivido. Mai.
A presto.

MAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora