Capitolo 8

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Quando torno in reparto, scopro che la mamma è già qui. Non deve essere stato facile, per lei, non restare con Filippo, ma il suo stato di salute proprio non glielo avrebbe consentito; è la prima volta che non lo assiste continuativamente, ma sapere che ci sono io con lui la fa stare sicuramente meglio.
Per me è normale aiutarlo; sono nata dopo di lui e ho sempre saputo dei suoi problemi di salute.
Mio fratello Filo è così, è il mio Filo ed io ci voglio essere per lui. Sempre.

Filippo è pronto per andare in sala. Siamo in camera, in attesa che ci chiamino, Filippo sul suo letto, mentre io e la mamma stiamo sedute sul divano letto. C'è una tensione incredibile e qualunque argomento affrontiamo non riusciamo a portarlo avanti, perché ogni volta che scatta la maniglia della porta sussultiamo.
Il tempo passa e, a causa di un'urgenza sopraggiunta, non sappiamo quando ci chiameranno.
Come sempre accade, ciò che più si attende arriva sempre nel momento maggiormente inaspettato.
Così, in un attimo in cui la tensione si è allentata, la maniglia scatta senza che nessuno di noi se ne accorga e un infermiere esorta Filippo: "Vieni Zanetti, in sala".
La mamma, Filo ed io ci avviamo a piedi, scortati dall'infermiere, agli ascensori e di lì al primo piano, fino all'entrata delle sale operatorie.
"Entri da solo o ti fai accompagnare ?" chiede l'infermiere a Filippo e lui, sicuro di sé, risponde fermo: "Mi faccio accompagnare..." lascia un attimo in sospeso la frase, mentre so già che sceglierà nostra madre, perché così è sempre stato ed è giusto che lo sia ancora..."da mia sorella".
"Benissimo, venite con me" ci invita l'infermiere, mentre io mi volto tra il sorpreso ed il perplesso verso mio fratello e mia madre.
"Ne avevamo già parlato stamani mentre eri fuori stanza", spiega mia madre. "È giusto che questo cammino che avete iniziato insieme, insieme lo completiate" e mi regala un sorriso così tenero che mi scalda il cuore.
Entriamo attraverso una porta a vetri e ci fanno accomodare in una stanzetta abbastanza squallida ad attendere l'anestesista, che non tarda ad arrivare e ci spiega le problematiche dell'intervento, connesse alla sua specializzazione.
Osservo Filippo mentre segue tutto quanto con attenzione e penso al bene che gli voglio, all'ansia che mi cresce e a quanto vorrei già essere, con lui, fuori da qui.

Per entrare con lui in sala, devo rivestirmi completamente con camice, cuffia e copriscarpe, il tutto monouso.
Filippo sorride..."sono così buffa?" gli chiedo e lui pronto replica: "ringrazia che non ho con me il cellulare...saresti già postata...con questo look total green così sexy...".
"Ma tu non la smetti mai? Neanche quando stai per andare sotto i ferri?" gli dico ammiccandogli con tono semi serio.
"Mai, soprattutto quando sto per andare sotto i ferri" risponde...ed io rimango colpita da questo carattere splendido che ha.
Accompagnati dall'anestesista, arriviamo fino alla soglia della sala operatoria. Le gambe mi si bloccano e non riesco a varcarla.
Filippo mi prende per la mano, sussurrandomi "Andiamo, Marghe"...e mi chiedo cosa sono venuta a fare, visto che non riesco ad essere di conforto per nessuno. Lui sembra cogliere questo mio stato d'animo, perché mi rincuora: "Grazie per essere venuta con me" ed io vorrei piangere fino a non avere più lacrime; ma questo proprio no, glielo devo.
Le ricaccio fino nel profondo e tenendo il respiro lo precedo in sala.
È una stanza grande molto luminosa, con il tavolo operatorio decentrato e le pareti coperte interamente da macchinari. È piena di infermieri già pronti, che fanno spogliare Filippo e sdraiare sul lettino.
"Ok, ora vai pure. Ci vediamo dopo" mi dice Filippo baciandomi la mano e lasciandomi andare.
Mi allontano in silenzio, con un groppo in gola grandissimo, mentre vedo i suoi occhi chiudersi, in un sonno sintetico ed immobile.
Le lacrime che avevo ricacciato nel profondo, dal quel profondo risalgono con una forza inattesa, inondandomi gli occhi.
Sono già oltre la soglia della sala, ma mi volto e corro verso di lui, baciandolo in fronte: "Ciao Filo".
E non riesco a dire nient'altro, perché le infermiere mi dicono: "Ora deve andare davvero. Pensiamo noi a suo fratello. Non si preoccupi."
Mi allontano e non vedo più niente, perché le lacrime hanno riempito completamente i miei occhi verdi, non abbastanza grandi per contenerle; rigandomi le guance, scendono fino al mento e bagnano il camice che indosso.
Raggiungo la stanzetta squallida dove ero con Filo fino a dieci minuti prima, mi spoglio dei vestiti verdi che mi hanno dato e getto tutto nel cestino.
Ora devo fare forza a mia madre e così cerco di ricompormi al meglio e torno da lei.
Quando la porta a vetri si chiude dietro le mie spalle, sento un tuffo al cuore, perché ho lasciato Filo di là. Respiro forte e vado in sala d'attesa.
"Margherita, allora?" mi chiede mia madre piena di apprensione.
"Era tranquillo. Sai com'è fatto. Però ho sbirciato ed ho visto che dormiva. Ora dobbiamo solo aspettare. È in buone mani. Lo sai anche tu." la rassicuro.
La guardo e la vedo così invecchiata: il colore non nasconde più il grigio naturale dei capelli, gli occhi celesti sono sbiaditi e slavati, sicuramente dalle tante lacrime scese nel buio della notte. Le prendo la mano e mi siedo accanto a lei, in silenzio. Nessuna di noi vuole parlare. Vogliamo solo aspettare.
Dopo mezz'ora cede alla tensione e alla stanchezza di una vita di notti insonni e la vedo addormentarsi, appoggiata alla parete.
Voglio essere ancora più vicina a Filo e così torno nel corridoio davanti alla porta che conduce alle sale operatorie.
Mi siedo per terra, con la schiena poggiata al muro antistante, le gambe incrociate e un macigno sul cuore.
Prendo il cellulare, metto le cuffie alle orecchie e mando a ciclo continuo le canzoni di Elisa.
È trascorsa un'ora da quando ho lasciato Filo addormentato in sala operatoria e mentre sollevo gli occhi da terra vedo passare il Dott. Zini, con il camice bianco aperto sopra il vestito verde da chirurgo, che mi comunica telegrafico, senza fermarsi neanche un attimo, "Cominciamo" e sparisce verso le sale operatorie.
Il mio cuore sparisce con lui.
Tutto è nelle sue mani e miliardi di pensieri, emozioni, paure, speranze, preghiere mi si accavallano dentro.
Per il resto del tempo rimango sospesa nella musica, con la vita che mi passa davanti e tutto è fuori da me, come in un'altra dimensione.
Quasi senza pensare, inizio a raccogliere i capelli in una treccia, prima a destra e poi a sinistra, le smonto e ricomincio, meccanicamente, metodicamente, come se questo gesto ripetitivo mi aiutasse a non pensare.
La porta esterna di accesso alla zona delle sale operatorie è leggermente rialzata, rispetto al pavimento, così da quella posizione riesco a prevedere l'uscita delle persone prima che avvenga, vedendone l'ombra.
Passa un'ora, passano due ore, passano tre ore...Dopo la quarta ora comincio ad essere realmente angosciata e mia madre, che nel frattempo si è svegliata e riaddormentata cento volte, forse anche a causa dei farmaci che prende, è letteralmente crollata per la tensione.
All'ennesima ombra che mi preannuncia un'uscita, appare sulla porta il Dott. Zini, che mi fa cenno di avvicinarmi ed entrare.
Senza neanche pensare ad avvertire mia madre, mi alzo di scatto e mi avvicino a lui. Rientriamo e lo seguo fino alla porta a vetri, quasi strappandomi via dalle orecchie le cuffie per sentire cosa abbia da dire.
Ha un'espressione visibilmente sollevata e tutto quello che riesco a capire è che l'intervento è andato bene, anche se rimangono i rischi postoperatori. Gli sorridono anche gli occhi, talmente grande deve essere per lui la soddisfazione del risultato che ha ottenuto.
Vengo letteralmente sopraffatta dalle emozioni, che per la tensione accumulata si trasformano in singhiozzi incontenibili.
Sto singhiozzando e piangendo, con il dorso della mano poggiato sulla bocca, quasi a volermi nascondere o a cercare di fermarmi, ma senza risultato. Lui sta immobile davanti a me e vedo la soddisfazione trasformarsi in comprensione, che mi comunica toccandomi con una mano una spalla. Questa improvvisa vicinanza si mescola al subbuglio di emozioni che sto provando e la ricerca di conforto mi porta improvvisamente ad abbracciarlo.
È quasi un estraneo, eppure me lo sento così vicino che non riesco a lasciarlo. Non capisco più niente e non colgo neanche l'imbarazzo che in altra e diversa circostanza mi sarebbe apparso così evidente.
Dopo un tempo indefinito, allontano il viso pieno di lacrime dalla sua spalla, ma sono così vicina al suo, che una strana forza ci attira. Sento le sue labbra calde e morbide sulle mie socchiuse e non capisco più se lo sto baciando o se ci stiamo baciando.
Sento solo che non voglio che finisca.
Ne ho un bisogno fisico e mentale grandissimo e potente.
Chiudo gli occhi e mi perdo in qualcosa di così grande che mai avrei creduto possibile. Mai.
Sento la sua lingua sfiorarmi le labbra. Un brivido mi percorre e mi scuote, facendomi aprire la bocca per sentirla ancora di più dentro di me ed inizio con la punta della mia lingua a toccare la sua.
Sento come una mano che mi stringe forte lo stomaco, mentre affondo io nella sua bocca e lui nella mia, sempre di più, sempre più intensamente, finché i nostri respiri diventano affanni.
Un brivido forte come una scossa mi attraversa nuovamente. Ho il cuore a mille e mi sento svenire quando con una mano mi sfiora la nuca e i capelli.
Apro gli occhi e lui si ferma, immobile. Ci guardiamo a pochi centimetri di distanza, entrambi respirando affannosamente.
Io ho ancora il gusto della sua bocca nella mia, misto al sapore salato delle mie lacrime, che hanno cessato di scendere.
Lui si allontana, guardandomi in un modo assolutamente indecifrabile, senza dire niente.
Lo scatto di una porta spezza il filo che ci univa in questa esperienza unica.
Ed io lo vedo girarsi ed andare via in silenzio, senza proferire alcuna parola.
Resto in questa nuova dimensione per un tempo indefinito, senza più capire cosa sia successo davvero.

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Un capitolo scritto con la passione e con il cuore, di cui la fantasia ha voluto farmi dono.
Un altro frutto dei miei deliri notturni...in questo periodo più deliranti che mai. A presto

MAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora