Love is weird 14

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CAPITOLO 14

Il nostro viaggio è cominciato. Fra cinque ore arriveremo a destinazione, compresa un'ora di pausa. Sam ha calcolato tutto, ci ha detto che dovremo essere precisi al minuto, altrimenti saremo troppo stanchi per affrontare il viaggio in aereo il giorno dopo. Ha ragione, ma credo che non riuscirò a dormire ugualmente per l'agitazione. Al momento è Josh a guidare, io e Laura siamo sedute sui sedili posteriori. Sto ancora osservando meticolosamente le varie lettere di mio padre, cerco di capire se qualcosa mi sfugge, se tutto questo si tratta di uno scherzo, perché ancora non riesco a realizzarlo. Laura ogni tanto mi passa una caramella o un cioccolatino dalla nostra scorta di cibo e continua a smanettare sul navigatore per cercare delle strade meno affollate o delle scorciatoie. Dopo un po', smetto di leggere le lettere per non andare troppo in paranoia e mi volto verso il finestrino, osservando il paesaggio, i tronchi degli alberi, le case, i pali della luce che scorrono rapidamente, formando tante strisce colorate davanti ai miei occhi. Mi ritrovo a giocherellare col bracciolo in pelle bianca dell'auto di Josh quando lo sento chiamarmi «Jen» mi chiama Josh dopo circa mezz'ora di viaggio nel silenzio più totale «Tutto okay? Se serve qualcosa ragazze, ditemi. Ci fermiamo a qualche autogrill» «Sto bene, grazie» rispondo. Passiamo un altra mezz'ora ad ascoltare la musica alla radio.

Dopo un'ora di viaggio Sam e Josh hanno entrambi bisogno di scendere per sgranchirsi un po' le gambe. Ci troviamo su una strada deserta e isolata. Nonostante siano le quattro di pomeriggio il caldo è torrido e il sole folgorante. Arriviamo da un benzinaio in mezzo all'autostrada per fare rifornimento e a riposarci un po'. La stazione di benzina, all'esterno, è molto piccola. Ha un ristoro dalle pareti blu e le scritte adesive gialle sulle grandi vetrate, e dei grandi alberi che coprono parte della zona. Ci rifugiamo immediatamente nel ristoro dove troviamo un uomo sulla cinquantina, con un camice bianco e un cappellino rosso dietro al bancone del bar. Ci scruta in modo interrogativo, chiedendosi forse cosa ci facciano quattro ragazzi in un distributore così isolato e sperduto. «Come posso servirvi?» ci chiede il barista «Per me un caffè. Molto lungo, grazie.» rispondo «Subito signorina». Mentre il signore è impegnato a prepare le nostre bevande, sento, improvvisamente, la mano di Laura afferrarmi il polso «Hai visto come ti guardava?» mi sussurra spostandomi verso le grandi finestrate, da dove intravediamo Sam e Josh fare benzina con lo sfondo dell'autostrada e delle lande aride dietro di loro «Si, ha guardato così anche te... si starà chiedendo cosa stiamo facendo qui da sole.» «No, Jen. Ti guardava. Guardava te, come se ti avesse riconosciuto.» «Ma se non sono mai stata qui!» mi metto la mano davanti alla bocca, quando mi accorgo di aver appena urlato. «Il caffè.» ci richiama da dietro il barista. «Grazie» rispondo portando la tazza verso i tavolini. Laura ogni tanto si gira verso l'uomo, poi mi lancia un'occhiata spaventata. Ora cominciamo a notare che ci sta osservando in modo veramente strano e insistente. Che abbia forse cattive intenzioni? Comincio ad avviarmi verso l'uscita per attirare l'attenzione di Josh e far capire all'uomo che ci sono anche dei ragazzi insieme a noi. Mentre cerco di aprire la porta per uscire, noto che questa è bloccata. Mi giro verso Laura, che, non capendo cosa sta succedendo, viene verso di me, tentando, anche lei invano, di smuovere la porta. Mi volto di nuovo verso la porta, cercando di smuoverla in qualche modo. Sono pronta a chiamare l'uomo, a chiedere come mai non riusciamo ad aprire, quando sento una voce. «Ferme» . E' la voce del barista. Mi giro di scatto. L'uomo ha una pistola in mano, puntata alle tempie di Laura. La tiene in ostaggio. «Cosa vuoi fare?» chiedo con la voce e le mani tremanti. «Niente, se vi arrenderete. So chi sei e tu sai che hai qualcosa che io voglio. Se non ti farai notare dai tuoi amici, cercherò di toglierti quell'apparecchio nel modo più indolore possibile.» Detto questo, tira fuori dalla tasca un coltello. «Avanti, vieni qui» mi incita con un sorrisetto malizioso «No, Jen ferm..» il barista le tira una botta in testa con il retro della pistola per azzittirla. Sviene all'istante. Sono sola. Josh e Sam sono dall'altro lato a fare benzina e anche se vedessero cosa sta succedendo qua dentro, non riuscirebbero ad entrare. L'unica speranza è tentare di uscire dall'altra porta, di fronte a me, un' uscita sul retro. So che muovendomi potrei attirare l'attenzione dell'uomo, che potrebbe spararmi o peggio, sparare Laura. Ma, essendo lei inerme, non credo le farà qualcosa. E non credo che un barista abbia mai usato una pistola per riuscire a colpirmi anche mentre sono in movimento. Faccio uno scatto in avanti. L'uomo non riesce a capire cosa sto cercando di fare. Sento il suo sguardo seguirmi mentre corro in avanti, verso l'altra uscita. Sbatto contro la porta, la spingo, la smuovo. Niente. La risata del barista è acida e cattiva. «Pensavi veramente che avrei chiuso solo una porta? Insomma, sono automatiche, chiudi una e chiudi l'altra» un'altra pausa per una risata compiaciuta «Non perdiamo altro tempo, avanti, dammi questo braccio» Si avvicina verso di me, brandendo il coltello nella mano sinistra e la pistola nella destra. Esamino attentamente la situazione. Rifletto, spremo le meningi. Potrei lanciarmi sulle finestre sperando si rompano, ma è troppo rischioso. Rifletto ancora. Penso. Insomma, sono automatiche. Tombola. Allungo lo sguardo dietro al bancone del barista. Noto una porta in legno. Corro verso il banco. Lo scavalco. Sento uno sparo, un dolore lancinante mi percorre la gamba. Crollo a terra, dietro al bancone, nascosta. «Avanti, alzati o sparo di nuovo». Esamino le ferite, mi ha colpito di striscio, non ho un proiettile nella caviglia, ma il dolore è comunque molto forte. Striscio lentamente verso la porta in legno. Con le mani sulla soglia, la apro, e mi guardo intorno. Mi trovo nelle cucine in fondo c'è un altra porta, questa in legno, che conduce sicuramente fuori. Mi alzo di scatto, correndo, zoppicando. Il barista è ancora dietro al bancone, non è per niente agile e con movimenti goffi, butta a terra il coltello concentrandosi solamente sulla pistola. Lo sento sparare, ma ha mancato il bersaglio questa volta. Mi lancio verso quest'ultima, si spera, porta. La spingo, ma noto che è leggermente incastrata. Con la gamba buona tiro dei calci alla porta e altri alla maniglia, tentando di aprirla. Finalmente ci riesco. Mi accorgo subito di non essere stata io ad aprire la serratura. «Sam» sospiro «Jen, cosa cazzo sta succedendo?» Sam guarda la mia gamba ferita e dietro di me, l'uomo con ancora in mano la pistola. «Oh cazzo, abbassati, giù!». Sono a terra mentre vedo Sam correre verso il barista. Con una mossa molto agile getta a terra la sua pistola e gli sferra un pugno sul naso e un calcio nello stomaco, lasciandolo per un po' privo di sensi. Lo vedo correre verso la sala centrale dove trova Laura ancora stesa a terra. «Jen! Va da Josh, presto, quel tipo non rimarrà lì inerme a lungo, muoviti!».

Mi sollevo da terra, avanzo zoppicando verso Josh che sta arrivando correndo. Non appena mi vede si getta verso di me prendendomi sotto braccio. «Oh merda. Cosa ti è successo?» «Te lo racconterò dopo, va da Sam, Laura è svenuta, me la cavo da sola, vai!»

Josh's POV:
Entro nell'autogrill. Noto delle macchie di sangue per terra. Davanti a me, un uomo un po' grassoccio è disteso. Lo vedo muoversi leggermente. Mi avvicino cautamente, quando si rialza in piedi. «Cosa ci fai tu qui?» mi chiede. Non capisco chi sia. «Josh. Cosa ci fai qui?». Come fa a sapere il mio nome? «Sei Josh, vero?» mi chiede dopo un po', non vedendo nessuna reazione da parte mia. Strabuzzo gli occhi ancora incredulo pensando chi possa essere quest'uomo. «Si, mi chiamo così» «Cosa ci fai qui, ragazzo. Hai visto cosa è successo?» «No, vedo solo un gran macello e la mia ragazza con una gamba mezza rotta» «La tua cosa?» Si, in effetti è strano anche per me chiamare Jen "la mia ragazza", finora non avevo mai pensato a lei in questi termini. «La mia ragazza» «Quella è la tua ragazza? Oh merda. Josh, mi dispiace, mi hanno pagato per farlo. Sono tuo zio, cazzo, non posso fare una cosa del genere al mio unico nipote.» «Zio Nick?» «Si, sono io, Josh, sono il fratello di tuo padre.»

Non riesco a crederci. È uno scagnozzo, pagato per prendere il CIP da Jen, le ha addirittura sparato alla gamba. Avrei pensato a chiunque, tranne che a mio zio. Nick. Ricordo ancora quando giocavamo insieme a calcio, io e mio fratello più piccolo. Tutte le serate a fare i pic-nic sulla sabbia. E adesso? E' sparito per un anno e si è ridotto così?

«Ragazzo, il tuo amico là dentro, sarà qui a momenti. Non posso spiegarti tutto. Devi semplicemente sapere che quella ragazza è in pericolo, stanno facendo delle grosse offerte, ci sono grosse taglie sulla sua testa. L'ho fatto per questo, sono in bancarotta, non ho un soldo..» «Quanto ti hanno pagato?» chiedo bruscamente «Non lo hanno ancora fatto, lo faranno a lavoro compiuto e..» «Fantastico, non mi serve altro, levati di mezzo» «Josh..» «Vattene ho detto!» Nick annuisce col capo e scappa.

Corro verso Sam promettendo a me stesso di non dire a nessuno quello che è successo poco fa. Non voglio che sappiano chi era quell'uomo. Potrebbero addirittura pensare che in tutto questo, io fossi coinvolto.
Quando arrivo nella saletta principale trovo Sam con in braccio Laura, lei sembra aver ripreso finalmente i sensi. «Ritorniamo in macchina e andiamocene da qui, presto!» mi urla lei non appena mi vede. Corro fuori ed entro in macchina. Jen è dentro, ha fasciato la gamba con un pezzo di stoffa vecchio che ho tenuto sotto il sedile da parecchio tempo. «Jen, fammi vedere» le dico scoprendo la fasciatura improvvisata «Mh.. Non è molto profonda, ma va disinfettata, ora che torna Sam chiedili di prendere l'alcool dal kit medico». Lei rimane in silenzio, facendo un semplice gesto muovendo la testa. È visibilmente scioccata, tutto questo non sarebbe dovuto succedere. Avrei dovuto fare più attenzione e rimanere con loro. Avrei dovuto impedire a mio z... A quell'uomo di far loro del male. E la cosa che più mi spaventa, al momento, è sapere che troveremo molti più ostacoli di quelli che avevamo previsto. Abbiamo sottovalutato tutto. C'è in giro qualcosa di veramente grosso, noi ne siamo coinvolti e non sappiamo neanche il perché.

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Allora! Che dire, rieccomi! Ho pubblicato questo capitolo un po' sul tardi, perché purtroppo i compiti erano veramente tanti... E niente, questo è il primo capitolo dopo una lunga pausa che, spero vi piaccia. Fatemelo sapere con un commento e non dimenticate di seguirmi per rimanere sempre aggiornati! L'appuntamento è alla prossima settimana!

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