Love is weird 2

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CAPITOLO 2

Il ragazzo esce dalla porta sul retro, e la speranza di poter nuovamente ammirare quegli occhi verdi brillanti, dopo un quarto d'ora d'attesa, svanisce del tutto. Essendo il mio turno, mi avvio verso la presidenza, apro la porta cigolante e mi accomodo su un'altra poltrona di pelle rossa, di fronte alla scrivania del preside. È una stanza quadrata, arredata con mobili di lusso, ma anticheggianti. Appesi al muro ci sono dei vecchi quadri con foto di classi, professori e altri dirigenti, la maggior parte di queste sono in bianco e nero.
«Buongiorno» mi dice il preside porgendomi e stringendomi la mano. La sua stretta non è per niente rassicurante. «Buongiorno» rispondo di rimando «Sono la nuova alunna del Westover e dovevo compilare questi moduli. Li ho firmati durante l'attesa.» «Oh bene» dice l'uomo prendendo i fogli e inserendoli in un cassetto. «Non serve altro, può andare signorina Lawrence, da questa parte, prego.» Mi aspettavo una qualche chiacchierata, com'ero solita fare con i miei vecchi insegnanti. Mi accontento, ugualmente, di questo rapido congendo. Il preside mi indica la porta dalla quale è uscito il ragazzo di prima. Faccio il mio primo passo, solcando la soglia, verso un nuovo inizio. Appena sollevo lo guardo non posso non notare la grande sala con circa un centinaio di ragazzi che corrono su e giù, parlano fra loro, prendono libri dagli armadietti, ridono, telefonano, si scambiano dei compiti, si spintonano qua e là... Sembra di essere in una sorta di Wall Street adolescenziale. In tutto questo gran caos qualcuno non riesce a notarmi e sbatte su di me. «Ciao, scusami tanto...non ti avevo proprio vista!» È la voce femminile di una ragazza. Sollevo lo sguardo e ricanbio il saluto. È una ragazza alta, magra, con dei bellissimi occhi celesti e dei capelli ondulati biondo scuri, che tiene raccolti in una coda. Notando forse il mio improvviso imbarazzo, decide di allungarmi la mano «Piacere, mi chiamo Laura. Sei una nuova studentessa vero?» «Già. Una nuova alunna da esattamente... Tre minuti! Sono Jennifer, ma puoi chiamarmi Jen.» dico sorridendo nel modo più cordiale possibile. «Okay, vada per Jen! Ti hanno già detto dove dormirai?» «Emh, non proprio...mi hanno solo dato il numero della stanza, quando ho telefonato al college la settimana scorsa, ma non so altro. È la 508 e...» «508? Davvero? Allora saremo in stanza insieme! Questo per me è il secondo anno, la mia vecchia compagna ha abbandonato gli studi, quindi hanno dato a te il posto vuoto. Vieni, ti mostro dove abiterai!» Mi prende frettolosamente per mano, ricordandomi vagamente mia madre, e mi trascina verso la mia futura casa.

In questa scuola, il caos è veramente assurdo. Bisogna fare slalom per passare in mezzo a tutta questa gente e se non sei veloce, come mi sta spiegando Laura, perdi ogni giorno le lezioni e se dovessi perderle non ti farebbero entrare in classe. «Ma ormai qui siamo tutti abituati. Sembra di stare in una metropoli, vero?» «Si» rispondo «È esattamente quello a cui ho pensato.»
Dopo diverse corsette in mezzo ai corridoi, arriviamo nella nostra camera. Chiedo a Laura l'onore di aprire la stanza, per una mia scaramanzia e dopo aver ricevuto un'occhiata un po' confusa e, subito dopo un sorriso, mi ritrovo con le chiavi in mano. La stanza è veramente molto larga, spaziosa e luminosa. Noto subito i tre letti che mi fanno pensare a un' altra persona nel nostro dormitorio, ma appena glielo chiedo, Laura mi rassicura dicendomi che in questa stanza non c'è mai stata una terza ragazza e mai ci sarà. Laura accende lo stereo, dandomi la carica giusta per sistemare le mie valigie e posizionare tutto nell'armadio. Ricevo il suo aiuto per mettere le coperte al letto e personalizzare la mia parte di muro con le poche cose che ho deciso di portare. «Ottimo lavoro!» le dico alzando la mano per battere il cinque. «Adesso sei ufficialmente nella mia stanza!» controbatte ricambiando il gesto.

Ho un ora per lavarmi, vestirmi e partecipare alla mia prima lezione. Laura ha già iniziato, perciò al momento sono sola in camera. Quali saranno i miei compagni in classe? Da quanto ho capito, in questa scuola dovrò spostarmi in aule diverse per ogni materia e cambieranno anche gli studenti a seconda dell'orario. Inoltre nella mia stessa lezione ci potranno anche essere ragazzi di secondo anno. Io e Laura abbiamo confrontato il nostro programma scolastico e abbiamo notato che il venerdì alla quarta ora saremo in classe insieme per la lezione di matematica. Adesso invece dovrò andare nell'aula di inglese.

Esco dalla doccia e scelgo i miei vestiti. Qualcosa di semplice, non mi piace vestirmi con abiti articolati, a meno che non si tratti di una festa. Così opto per una camicia a quadri viola, che lascerò aperta per dare spazio a un top grigio e dei jeans strappati. Infine delle Converse. Vado a truccarmi. Metto della matita nera intorno agli occhi, per risaltarne il celeste. Mi lascio sfuggire un pensiero. Forse gli occhi sono l'unica cosa bella che ho. Pettino i miei capelli biondi lasciandoli sciolti e a boccoli, e sono pronta per la mia prima lezione.

Esco dalla camera affrontando nuovamente il caos più totale. Il problema è trovare l'aula in tutto questo disastro.

Corro su e giù, ma non riesco a capire dove si trovi la mia classe e sono già in ritardo di qualche minuto. Alla fine la trovo, ma la porta è chiusa. Mi avvicino e mentre provo a girare la maniglia,  sento la voce di un ragazzo. «Non si entra, mi hanno appena cacciato perchè ho provato ad aprire fuori tempo». Mi giro in direzione della voce e trovo il ragazzo che ho visto in presidenza appoggiato al muro. I suoi occhi verdi incontrano i miei. Sorrido imbarazzata «Grazie per avermelo detto. Sono arrivata in ritardo e non vorrei anche essere rimproverata» «Perchè te ne importa tanto?» mi chiede «È la prima lezione..» «E allora?» mi domanda in tono insolente. Mi sta irritando. «E allora nulla» sbotto. «Hai intenzione di rimanere davanti a quella porta a lungo? Non aprono, ti conviene andare già nella prossima lezione». Cosa fa? Cerca di stuzzicarmi? Mi sta salendo la rabbia. Quel tono insolente è provocatorio. «E tu?» dico cercando di provocarlo allo stesso modo, fallendo miseramente «Io avviso altri ritardatari come te» «Si può dire lo stesso di te» «Non mi importa nulla di questa scuola, perciò faccio quello che mi pare. Presto ti accorgerai che è uno schifo.» Improvvisamente il tono da prepotente scompare, venendo sostituito da un tono da cucciolo indifeso. Non so se essere arrabbiata o avere pietà di lui. «Bè allora vado» dico infine «Aspetta ti accompagno». Ma che fa? «Non serve, ho un'ora di tempo per trovare la classe di chimica, ce la posso fare anche da sola!» «Devo fare chimica anche io. O vuoi o non vuoi dovremmo fare lo stesso tragitto».

Mi rassegno e lascio che mi segua. Non so dove sto andando. Cerco disperatamente la classe e lui sembra divertirsi, ma non voglio dargli la soddisfazione di aiutarmi.

«Ne hai ancora per molto?» dice fermandosi e ridendo «Lo trovi divertente?» chiedo cercando di apparire amareggiata, anche se mi sta scappando un sorriso. Si avvicina davanti al mio volto. Gli occhi fissi nei miei. Occhi verdi, verdi chiaro con un contorno nero, che definiscono l'iride. I suoi capelli castani hanno dei riflessi biondi. Mi fissa intensamente e poi sussurra «Esilerante». Un brivido mi percorre lungo la schiena. Sto cercando di evitare il suo sguardo, ma non riesco. Alla fine si allontana e mi sorride. Ricambio il sorriso. «Di qua» mi dice.

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