Capitolo 3

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Mi sento cadere del vuoto, precipitare nell'oblio. Tutto diventa nero, senza emozioni, senza colore. Cammino in questo mondo parallelo dove nascono tutti gli incubi e provo a scappare dalle parole che ho appena sentito. Trasferimento...Alia. No, non è possible. Non posso perderla. Non posso permettere che vada così lontano. Le sue lacrime diventano le mie e, cono voce strozzata, bofonchio:"Io verrò con te!". "Oh, ma che follia stai dicendo!". La voce di Alia mi riempie il cuore di tristezza, solo buio, oscurità, come se i pensieri felici non potessero più esistere. La abbraccio come se dovessi proteggerla da qualcuno. Siamo sempre rimaste unite, nessuno ha mai provato a separarci e adesso, questa terribile notizia mi abbatte come si abbattono gli alberi per la legna. La mia metà andrà via. La mia metà cambierà paese. La mia metà sarà lontana e per mesi, forse anni, non potrò più vederla. La mia metà sta volando via in un modo che non avrei mai potuto prevedere. Mi sciolgo dall'abbraccio e corro via, veloce, senza una destinazione. In lontananza, sento chiamare il mio nome, ma non mi giro per rispondere. Tornare da Alia sarebbe come trafiggersi il petto con una spada per darsi il colpo di grazia dopo innumerevoli coltellate. Non può essere vero. Stoccolma... no. Sicuramente si sarà sbagliata, la città era Siracusa, Salerno, ma non di certo Stoccolma. Corro per un tempo infinito, con il vento che mi preme sul volto. Intravedo la strada, la attraverso e un rumore di clacson mi trafigge le orecchie. Proseguo per altre vie, urto persone, inciampo spesso, ma non mi importa. Le lacrime mi stanno appannando tutta la vista, ma voglio fermarmi in un posto lontano, isolato da tutto. Raggiungo la campagna e mi butto tra l'erba alta continuando a piangere. Sento un dolore alla spalla quando cado pesantemente sul prato, ma, nonostante la fitta lancinante, lo sopporto come se non fosse nulla, perchè non potrà mai superare il terribile dolore che ho adesso sul cuore.

Un piccolo insetto si posa sul mio naso, solleticandolo. Lo mando via con la mano e mi metto a sedere. Mi sento a pezzi, un brandello di una camicia consumata. Mi guardo attorno cercando di capire dove mi trovo. Sono circondata da erba alta e alberi. Ripenso al parco e mi accorgo di aver fatto davvero molta strada. Provo ad alzarmi ma un gemito mi esce dalla bocca e sono costretta a risedermi. Guardo le mie ginocchia: I pantaloni sono strappati e fiotti di sangue mi escono macchiandoli. Sono caduta più volte sulle pietre della strada durante la mia corsa, è per questo che mi ritrovo le ginocchia tutte malridotte. Anche la spalla sinistra non sembra messa molto bene. Provo a muoverla, ma il dolore è fortissimo e per un attimo ho il terrore che sia rotta. Mi distendo nuovamente a terra per ragionare un attimo e mi si contorcono le budella. Tutto questo è accaduto perchè sono scappata da Alia. Le sue parole mi hanno fatto perdere il senno e se ora mi ritrovo qui è a causa di ciò che è accaduto prima. Quanto tempo sia passato non posso dirlo, potrei aver pianto per ore e non essermene accorta. Nella mia mente vorticano parole sconnesse come tarsferimento, Alia, Stoccolma. Perchè proprio in Svezia? Perchè proprio in uno stato che probabilmente non avrò mai la possibilità di visitare? Perchè proprio ora, nell'adolescenza, nel periodo più bello per stare insieme. Sento lo stomaco chiuso in una morsa, ma non mi escono lacrime. Probabilmente le ho finite tutte. Frugo nelle tasche e prendo il cellulare per chiamare qualcuno. Non ce la farei mai a tornare a casa da sola. L'unica possibilità è Stephanie, mia sorella. In altre occasioni avrei telefonato ad Alia, ma ora come ora non potrei mai. Guardo la schermata del cellulare e mi ritrovo nove chiamate perse dalla mia migliore amica. Oh, come posso essere stata così stupida? Sicuramente sarà preoccupatissma, penserà che io abbia fatto qualche follia dopo aver ricevuto la notizia. Nonostante ciò, però, non mi sento ancora pronta per parlare con lei. Sono troppo debole e la ferita è ancora fresca. Sì, sono un'ingrata, non ho forza e mi vergogno terribilmente di me stessa. Mi sto comportando come se la colpa fosse di Alia, anche se so benissimo che non è così. Digito velocemente il numero di mia sorella e aspetto con il telefono incollato all'orecchio.

''Pronto? Gwen?''

''Ciao Stephanie. Sì, sono io. Ho bisogno di un aiuto''

''Eh? Cos'è successo? Non sei con Alia?''

''No... Sono all'inizio della campagna e mi sono fatta male''

''Gwen? È grave?''

''Vieni''

Concludo la telefonata e mi appoggio il cellulare al cuore. Ora ho fatto preoccupare anche mia sorella. Che razza di persona sono? Mi sento uno schifo. Mi trascino a fatica fino al ciglio della strada. Stephanie sta arrivando qui solo per me, mi sta correndo ad aiutare abbandonando qualsiasi cosa stesse facendo e non so davvero come potrò ringraziarla. Non tutte le sorelle minori sarebbero state così disponibili. Un lieve fruscio mi distrae momentaneamente e girandomi vedo un'ombra che avanza vicino agli alberi. ''Stephanie?'' Chiedo leggermente confusa, ma in tutta risposta l'ombra scompare lasciandomi inebetita a fissare il vuoto. Perfetto, ora ho anche le allucinazioni.

Rimango come una moribonda per minuti che sembrano interminabili, fin quando vengo raggiunta da mia sorella. ''Gwen!'' esclama Stephanie soffocando un gemito ''Ma... cosa hai fatto?''. ''Oh, grazie per essere venuta. È una lunga storia, te la racconto dopo. Ti prego, adesso dammi una mano, ho le ginocchia sbucciate e forse una spalla rotta''. ''Ma cos'hai combinato?'' mugula lei ''Dai, appoggiati a me, ti aiuto a tornare a casa''. Mi aggrappo cercando di non essere troppo pesante e in automatico chiedo:"Dimmi se ti faccio troppo male'', ''Questa è bella! Prosegui tranquilla e non farti troppi problemi'', ''Grazie, sei la migliore sorella che potessi desiderare'', ''Posso dire la stessa cosa io''.

Proseguiamo per qualche minuto in silenzio, poi Stephanie mi domanda:"Allora, cos'è successo?''. Sento una fitta allo stomaco e le parole mi rimangono in gola. Non so se dirle la verità. Lei, però, mi è corsa un aiuto,quindi perché mentire? ''Beh...'' bofonchio ''Sono scappata'', ''Come? E da chi?'', ''Da Alia. Oggi ho...saputo che... che si trasferisce'' la voce mi si spezza, ma non ho più lacrime da piangere. ''Oddio, non è possibile! Mi dispiace tanto sorellona. Posso capirti, anch'io avrei reagito malissimo se fosse partita Clare. E... come ci sei arrivata fin qui?'', ''Ho percorso tutta la città ruzzolando'', ''Allora ti è andata ancora bene. Potevi romperti tutto'', ''Già... sono stata abbastanza fortunata''.

Camminiamo fino a casa a fatica e prima di entrare ricordo a Stephanie:''Ti prego, non raccontare niente alla mamma''. ''Va bene'' accorda lei ''Se è questo ciò che vuoi''. Sorrido debolmente. Solitamente tra fratelli si ci fa la spia a vicenda, ma Stephanie è speciale e sa riconoscere le situazioni serie. Entriamo e alla mamma quasi viene un colpo. ''Gwen, tesoro, cos'è successo?''. ''Mamma, ti racconto tutto io, lascia andare Gwen a riposare'' risponde prontamente mia sorella. La guardo sospettosa e lei mi sussurra:"Fidati di me''. Raggiungo la mia camera, mi chiudo a chiave, e mi butto sul letto. È tutto troppo strano. È tutto troppo orrendo. Cerco di non pensare a ciò che è successo e provo ad abbandonarmi al sonno, custode dell'anima, fortezza dei sentimenti e momentanea via di scampo a tutte le sofferenze.

Spazio autrice

Ciao a tutti, ecco a voi il terzo capitolo. Spero vi piaccia e smuova una piccolissima parte dei vostri sentimenti. Vi ringrazio ancora per il supporto e i consigli preziosi. Spero continuerete a leggermi! Un abbraccio! Lacreatricedistelle





La principessa di Savalon  (In pausa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora