3 - Il mercato

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Aladdin

Il mercato di prima mattina era un caos come al solito.

Nonostante il sole avesse varcato da poco la soglia dell'orizzonte, le bancarelle erano già state tutte piazzate per le strada e uomini e donne urlavano per attirare l'attenzione della clientela, esibendo come trofei i loro prodotti.

Non che io mi potessi permettere qualcosa; sedevo pigramente su un telo al di sopra di un fruttivendolo, Abu aveva già sgraffignato qualche mela e attendevamo solo che la fame ci assalisse per gustare quelle rotondità rossicce e profumate.

«Vasi d'oro e d'argento!», gridava l'uomo baffuto all'inizio della strada che andava pian piano riempendosi di clienti.

«Datteri, datteri dolci!», esclamava un altro appena vedeva qualcuno passare davanti al suo reparto, «Datteri e fichi! Datteri fichi e pistacchi della migliore qualità!», alzava ciotole piene di cibo all'apparenza invitante ma ad un prezzo troppo alto per la qualità che tanto affermava.

«Una bella collana, una bella collana per una bella signora!», fece un altro, alzando una collana di perle colorate verso una cliente che, però, non pareva interessata.

«Pesce fresco!», l'aggredì un pescivendolo dall'accento dell'est, arrivando all'improvviso e spaventandola a tal punto da farla indietreggiare.

Abu mi fece segno di guardarlo, saltellando qua e là sul posto, e porgendomi un meloncino verde dall'aria troppo invitante da poterlo rifiutare.

Con un colpo secco lo divisi a metà, porgendo un'estremità al mio amico ladruncolo, con una risata.

«Iniziamo per bene questa giornata, non è vero Abu?», prima che potessi addentare il frutto, però, un sussulto mi distrasse, facendomi tornare a guardare la strada.

Un mangiafuoco tossiva come un folle, battendosi un pugno chiuso contro il petto, e guardando in malo modo la ragazza alla sua destra.

«Sono davvero dispiaciuta», disse lei, sorridendogli con aria spiacente, alzando il copricapo sui lunghi capelli corvini. Si allontanò poi piano, guardandosi intorno con gli occhi scuri, lucenti e bellissimi.

«Wow», solo allora mi accorsi di fissarla e che il mio sguardo era rimasto incatenato alla sua immagine, senza possibilità di liberarsi.

La giovane si guardava intorno con gli occhi pieni di meraviglia, come se fosse la prima volta per lei ad un mercato come tanti altri, e passava in rassegna ogni singola bancarella.

Il mio sguardo la seguì, incapace di distogliere lo sguardo da tanta bellezza, fin quando non si posò su un'immagine più generale.

C'era un secondo fruttivendolo, qualche metro più in là.

Io ed Abu tentavamo di evitarlo in ogni modo: il venditore era un uomo grosso e prepotente, costantemente armato e quindi pericoloso.

E la ragazza era proprio lì, ad osservare incuriosita un bimbetto che tentava di afferrare una delle mele esposte mentre l'uomo era di spalle.

Non ci volle molto a capire da quale parte di Agrabah provenisse. Lo riconobbi per gli stracci che indossava e per le costole esposte sotto il gilet giallo.

«Oh, devi essere affamato!», anche lei parve notarlo perché afferrò una delle mele e, con un gran sorriso, la pose al bambino che scappò via tutto allegro e senza neppure ringraziarla.

Soddisfatta, diede le spalle alla bancarella proprio nel momento in cui il venditore, notando il furto, si era voltato a guardarla.

«Sai che quella la devi pagare, non è così?», tuonò lui oltrepassando la bancherella.

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