Epilogo

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Aladdin

Scomparve la cenere e l'insopportabile odore di bruciato, scomparve l'oscurità ed il cielo tornò sereno. Malgrado le esultazioni di Genio ed i suoi abbracci non riuscii a non guardarmi intorno, notando come tutto tornava alla normalità: vidi Abu tornare a correre e saltare, esultando felice, vidi Tappeto scorrazzare libero nel cielo, ed il Sultano libero dai fili che lo avevano tenuto prigioniero come una marionetta in mano ad un pazzo, e vidi Jasmine, non più a terra, di nuovo nei suoi abiti principeschi, muoversi il più rapidamente possibile verso di me, pronta a tornare nelle mie braccia.

Azzerai le distanze tra di noi e la raggiunsi mentre suo padre si avvicinava, non particolarmente furtivo, a noi.

Lei mi sorrise e mi strinse la mano, felice di essere lì con me, felice di essere viva.

«Jasmine», le presi le mani, le strinsi nelle mie, come per assicurarmi che fosse lì, che fosse salva e reale, senza più inganni, o quasi, «mi dispiace di averti fatto credere che ero un principe».

«Io lo so perché l'hai fatto», Jasmine non staccò mai i suoi occhi dai miei, mai allontanò le sue mani, rendendo tutto molto più bello ma sicuramente anche più difficile.

Abbassai la fronte contro la sua, sfiorandola quasi.

Come avrei potuto dire addio a tutto ciò che mi era più chiaro?

Non m'interessavano le ricchezze, non m'interessava il potere, il trono, Agrabah o altro.

Volevo lei, semplicemente lei.

E dovevo dirle addio.

Tentai di trovare le parole più adatte ma tutto ciò che uscì dalle mie labbra fu solo: «Dobbiamo dirci addio», tentai di tenere la voce più ferma possibile. Non volevo che Jasmine venisse condizionata da essa, non volevo che, guardandomi negli occhi, scovasse le lacrime che tentavo di mantere nascoste.

«Oh, quella stupida legge...», borbottò, abbassando per un momento lo sguardo, avendo forse avuto il mio stesso pensiero, «Non è giusto però! Io ti amo».

Non mi sentivo pronto per quelle parole.

Non mi sentivo pronto perché avrei voluto ricambiarle ma non potevo.

Doveva essere un addio, quello, e avrei dovuto lasciarla andare.

Non potevo dirle di amarla per poi abbandonarla lì.

Ma come potevo se tutto ciò che volevo che la mia bocca facesse fosse solamente baciarla, e baciarla ancora fino allo sfinimento?

«Al, non c'è problema, lo sai», la voce di Genio, così vicina, così reale, mi fece voltare verso di lui, verso i suoi occhi gentili e nuovamente suoi, reali e buoni, «Ti resta ancora un desiderio!», sorrise ma sapevo che dentro di lui qualcosa stava tremando, «Ti resta solo chiedere e sarai ancora un principe».

«Ma Genio, e la tua libertà allora?», lasciai le mani di Jasmine che, però, non si allontanò neppure un momento dal mio fianco, osservando l'insolita creatura blu.

«Oh, infondo è solo una schiavitù eterna!», disse, con un'ironia che, però, non fece ridere nessuno.

Sentii la sua sfiorarmi la schiena e, di fronte a me, l'altra mano sfiorò quella di Jasmine, rimettendoci nuovamente l'uno di fronte all'altra, di nuovo occhi negli occhi.

«Ma questo è amore», pensai che stesse sorridendo ma io non riuscivo a staccare gli occhi di dosso dalla principessa la quale, imbarazzata, aveva abbassato lo sguardo, arrossendo e sorridendo piano.

Era davvero bellissima.

«Al, non troverai un'altra ragazza come lei campassi un milione di anni!», disse, guardandola per poi tornare a me, «Ascoltami, parlo per esperienza personale», nei suoi occhi vidi il sereno eppure io non riuscivo a farmi contagiare dal suo ottimo umore.

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