6-La Caverna delle Meraviglie

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                                                                                                                                                                                                Jasmine

«Jasmine?», se non mi avesse chiamata per nome, probabilmente non mi sarei neppure lontanamente accorta della presenza di mio padre che, sull'uscio della porta, notai poi trovando la sua figura nel riflesso dello specchio, mi osservava con aria triste.

Accarezzai Rajah senza dargli troppa importanza e cancellai dagli occhi l'ultimo residuo del passaggio delle lacrime che avevano lasciato solchi profondi e silenziosi sulle mie gote.

«Cosa c'è che non va?», sentii i suoi passetti farsi sempre più vicini fin quando, voltandomi, non me lo ritrovai di fronte, le sopracciglia aggrottate in un espressione che credevo non avrei visto mai: stava forse cercando di comprendermi?

«Jafar, lui...», tentai di mantener ferma la voce ma essa tremolò come un gemito fuori dalle mie labbra, costringendo il mio volso a contrarsi pur di trattenere le lacrime, «ha fatto qualcosa di terribile», abbassai lo sguardo e sentii il braccio di mio padre cingermi la spalla, affinché affondassi il viso nel suo petto come quando ero bambina.

«Oh, bambina mia, calmati...», mi cullò con le sue parole, sfiorandomi con due dita il mento affinché affrontassi il suo sguardo, «ora dimmi cos'è successo».

Lo guardai per un lungo momento e sospirai.

Poi le parole presero il sopravvento...

Aladdin

Raggiungemmo Agrabah in poco meno di tre ore ed infine il deserto qualche ora prima dell'alba.

Stringevo esausto le redini del cavalo nero che continuava a sbuffare attraverso le enormi narici scure, nitrendo furiosamente un avvertimento che non riuscivo a comprendere del tutto.

Malgrado il vecchio, che sedeva comodamente in groppo alla bestia, continuasse a ripetere che eravamo vicini al punto d'arrivo, a me pareva di scorgere costantemente la stessa sabbia dorata, la stessa luna e le stesse dune di sempre, ma mi convinsi che fosse solo il mio pensiero e che quella zona del deserto, per quanto immenso fosse, era davvero uguale a tutte le altre, e che quindi facevo male a preoccuparmi, nonostante il sole stesse per sorgere e le mie gambe supplicassero pietà.

Misi un braccio davanti agli occhi per coprirli dalla tempesta di sabbia che sembrava stesse per abbattersi contro di noi, calmando Abu dallo spavento dei tuoni, che rombavano furiosi alle nostre spalle, scuotendo la terra sotto i nostri piedi.

«Ci siamo persi, vecchio!», esclamai, guardandomi le spalle, «Sta per arrivare una tempesta di sabbia, forse dovremmo tornare indietro!», ma, nonostante avessi guardato più volte in tutte le direzioni, non avevo trovato né città, né rifugi, né tantomeno Caverne miracolose che potessero ospitarci fin quando la tempesta non fosse finita.

«Non dire sciocchezze, ragazzo, e continua!», e poi ancora, con fare duro, «Siamo quasi arrivati!».

Malgrado l'espressione seria, leggevo nei suoi occhi l'entusiasmo di un bambino nel sapere quanto eravamo vicini al suo prezioso tesoro.

Camminammo ancora a lungo prima che il vecchio, all'improvviso, mi ordinasse di fermarmi, balzando giù dal cavallo con l'agilità di un ragazzino, indicando un'alta duna in mezzo ad un oceano di sabbia.

«Siamo arrivati!», esclamò, puntando il bastone nella sabbia e saltellando tutto contento, «Siamo arrivati!», eppure io non vedevo nient'altro che sabbia.

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