14. Il lato oscuro della lampada

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Aladdin

«Popolo di Agrabah!», sentivo la voce del Sultano oltre le grida e gli applausi del popolo, riunito alle porte del palazzo reale per ascoltare l'importante annuncio, «Mia figlia ha finalmente scelto il suo sposo!», uno scroscio di applausi nascose la voce allegra del Sultano.

Vidi Jasmine in cime ad una rampa di scale, ed era bellissima, più del solito e, per un attimo, mi fece dimenticare il reale motivo per cui ero accorso da lei: indossava un abito color lillà, i capelli raccolti nella solita acconciatura morbida che le incorniciava il volto tra le ciocche corvine.

Era sporta in avanti, guardava tra le tende ciò che avveniva fuori e pareva entusiasta.

La chiamai per nome, ad alta voce, e lei finalmente mi notò.

Mi guardò con gli occhi splendenti come diamanti e, rapidamente, saltando a due a due i gradini, mi raggiunse, esclamando: «Alì! Ma dov'eri finito?», la sua voce era allegra, il suo sorriso dimostrava una gioia che, ben presto, avrei spazzato via.

Come avrei potuto guardarla ancora negli occhi una volta detta la verità?

«Jasmine, c'è qualcosa che devo dirti...», annunciai, sfilandomi il cappello, ma lei parve non farci troppo caso; mi afferrò per mano e mi trascinò su per le scale.

«Tutto il popolo si è radunato per l'annuncio di mio padre!», disse, con una risata innocente, da bambina.

Forse non avrebbe creduto alle mie parole, ma ai miei occhi si.

Avevo bisogno di crederci e mi ressi a quella vana speranza.

Come avrei trovato il coraggio di dirle tutto quanto?

«No, io...», tentai di liberarmi dal suo sguardo, ma mi fu impossibile; la principessa iniziò ad aggiustarmi gli abiti, dandomi leggere pacche sulle spalle o sul petto,«Jasmine ascoltami ti prego!», mise in ordine il mantello bianco ed il cappello e sorrise ancora, «Tu non capisci io...»

Con uno scatto veloce, Jasmine mi diede un leggero bacio sul naso, prima di spingermi oltre la tendina che ci divideva dalla balconata esterna, «Buona fortuna!».

«Principe Alì Ababua!», la voce del Sultano fu sovrastata da un lungo applauso.

La gente urlava, batteva le mani, gridava parole d'incoraggiamento, sorrideva.

«Oh, mamma...», salutai con un rapido cenno del capo, sforzandomi per non far cedere il sorriso sulle mie labbra bugiarde.

Quanta gente avrei deluso con le mie menzogne? Quanti si sarebbero fatti male?

Improvvisamente, la luce del sole fu oscurata da una serie di nubi scure ed anomale, rendendo il cielo nero come la notte, e più di uno, tra la folla, alzò l'indice al cielo, urlando qualcosa di incomprensibile.

Tra la gente fu il caos.

Si alzò un forte vento, tanto violento da spingere la folla fino all'uscita e noi, spinti in avanti, ci reggevamo al bordo marmoreo della balconata, proteggendoci con una mano il capo quando una parte del tetto venne distrutta e trascinata via dalla tromba d'aria.

Vidi Jasmine scivolare in avanti e la presi al mio fianco, proteggendola col mio stesso corpo.

«Ma che cosa sta succedendo?», urlò il Sultano contro di noi, ma nessuno aveva risposta.

Tutto era una serie di rumori: le urla e i passi pesanti della gente in fuga, il rombare del vento, la terra che tremava sotto la furia del cielo, Jasmine che chiedeva spiegazioni, tremando.

Notai una luce sfiorare il turbante del Sultano prima che questo, autonomamente, scivolasse via dalla sua testa, così come il resto dei suoi abiti, mettendolo in ginocchio.

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