17. Serpente velenoso

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Aladdin

Per bloccare un secondo attacco di Jafar verso di me, Jasmine si lanciò contro di lui, tentando di strappargli di mano il serpente d'oro. Lo stregone, però, riuscì ad allontanarla, facendola cadere a terra a poco più di un metro di lontananza.

Sentii un impeto di rabbia montarmi il petto, come una belva inferocita, e mi lanciai su Jafar, così come pochi attimi prima aveva fatto la principessa.

Non volevo che Jasmine gli si avvicinasse ancora, volevo che fosse al sicuro, lontana da tutto questo.

Strinsi forte tra le dita il bastone e sentii Jafar stringere i denti, tentando di contrastarmi.

Voltai il capo verso la principessa, ancora a terra. I suoi occhi erano pieni di terrore, le labbra schiuse. Avrebbe fatto qualunque cosa, pur di aiutarmi, ma non potevo permetterle di andare contro lo stregone più potente di tutta la terra.

«Prendi la lampada!», urlai e lei, scossa, si rialzò da terra, muovendosi nella direzione del trono reale, dove la lampada era rimasta per tutto quel tempo.

La seguii con la coda dell'occhio e, quando era ormai a pochi millimetri dalla soluzione del nostro problema, sentii Jafar preso da un sentimento simile alla rabbia, o alla paura, e, con uno scatto improvviso, riuscì a farmi perdere la presa dal bastone, facendomi ruzzolare a terra.

Lo stregone urlò e puntò l'arma contro di lei, facendomi perdere un battito.

Non feci in tempo ad urlare, ad avvertirla, che Jafar mi spinse a terra e il fascio di luce rosso colpì Jasmine.

«Principessa, il tuo tempo sta scadendo!», sogghignò e, solo dopo essermi rimesso in piedi, capii cosa le stava accadendo: tutt'intorno a lei si era formata una colonna di vetro, ancora in lavorazione, fin quando questa non divenne una clessidra a testa in giù.

Jasmine era sul fondo e una sottile sabbia dorata ricadeva su di lei che, invano, tentava di ostacolarla, nascondendo il capo sotto le mani, visibilmente agitata.

«Jasmine!», urlai e la principessa, terrorizzata, iniziò a battere i pugni contro la parete di vetro, senza però nemmeno graffiarla.

Vidi Abu correre verso la lampada ma, anche questa volta, non feci in tempo a proteggerlo: il raggio rosso di Jafar lo colpì, rendendolo un giocattolo di pezze vecchie.

Lo stesso accadde con Tappeto, il quale divenne un insieme di fili strecciati, ammucchiato in un angolo troppo lontano.

Vidi la lampada cadere a meno di tre metri da me e mi lanciai su di essa.

Ma troppo tardi; nella risata di Jafar, la quale riempiva l'aria come il forte odore di cenere e di bruciato, sentii lo stregone schioccare le dita ed immediatamente una serie di spade cadde dal cielo, conficcandosi nel terreno, giusto tra me e la lampada.

Tentai di infilare un braccio tra gli spazi vuoti delle spade, ma questa rimaneva ugualmente troppo lontana.

Il tuo tempo sta scadendo, sentivo le parole dello stregone risuonare nell'aria, circolavano nel mio corpo come sangue sporco nelle vene.

Il tuo tempo sta scadendo. Il tuo tempo sta scadendo.

Jafar afferrò la lampada, ghignando nel vedermi tentare ancora.

Mi rimisi in piedi ed estrassi da terra la spada, impugnandola nel modo più minaccioso possibile.

Ciò non gli impedì di ridere ancora di me, riscuotendo nuova rabbia mista a pressione.

«Mi sto solamente scaldando, ragazzino!», come un drago di antiche leggende lontane, Jafar sputò fiamme e queste crearono un anello di fuoco intorno a me, impedendomi ancora una volta di attaccarlo direttamente.

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