10. Ti fidi di me?

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10.

Ti fidi di me?

Aladdin

Osservai Jasmine guardare il cielo, gli occhi tristi rivolti alle sorelle stelle che brillavano fievolmente di fronte alla sua accecante bellezza.

La sentivo sospirare, i gomiti poggiati contro il balcone di marmo bianco, le sue speranze rivolte a qualcuno di più grande di noi.

Io mi muovevo a disagio, nascosto dall'oscurità quanto dagli alberi, calciando, di qua e di là, qualche ciottolo di passaggio, sfogando il mio nervosismo.

Com'era arrivata, silenziosa e malinconica, la principessa se ne andò, lasciando un ultimo sospiro ed i suoi passi a rendere il mondo ancora più silenzioso.

«Come posso fare?», chisi a Genio, esasperato, «Jasmine non vuole neppure saperne di me!», gli avevo raccontato i miei sogni e le mie speranze.

Sapeva cos'era accaduto tra noi e immaginavo fosse a conoscenza del mio cuore infranto.

Avevo osservato attentamente il suo sguardo pieno d'ira e delusione, malgrado avessi notato, in fondo ai suoi occhi scuri, un pizzico di speranza quando aveva incrociato il mio viso.

In quel momento mi si era spezzato il cuore.

«Sapevo che non avrei concluso niente con questa messa in scena del principe!», esclamai, stufo, sfilandomi il capello dalla testa e continuando a borbottare tra me e me, «Genio ho bisogno di aiuto!», mi voltai verso di lui e, con uno schiocco di palpebre, mi fu affianco, il sorriso sbilenco, il braccio blu intorno alla mia spalla.

«Senti ragazzino, per conquistare la ragazza hai solo una cosa da fare: scoprire le tue carte!», sorrideva come un giocatore d'azzardo di fronte ad una buona mano, sicuro della sua scelta.

«Cioè?», glielo chiesi ugualmente malgrado temessi la risposta.

«Dille tutta la verità!», scandì ogni parola con un sicurezza, facendomi salire i nervi di fronte alle mie insicurezze.

«Ma sei matto?!», lo sorpassai, a passo pesante, abbassando lo sguardo per la vergogna, «Se Jasmine scoprisse che sono uno straccione da quattro soldi...», sospirai, «riderebbe di me».

«Ma le donne adorano gli uomini che le fanno ridere!», la mise sul ridere il genio prima di scomparire in una nuvola blu.

Ricomparve meno di un attimo dopo, nuovamente accanto a me, il mio cappello tra le mani, un sorriso incoraggiante ma gli occhi tristi di chi sapeva già di aver perso in partenza: «Al», sussurrò il mio nome in mezzo ad un sospiro, «lascia stare gli scherzi ma tu devi essere te stesso, è l'unica cosa che conta!», allungò le mani blu di fronte a me ed io, innervosito, gli strappai il capello dalla stretta, calcandomelo sulla testa.

«Beh, è l'ultima cosa che voglio essere!», lo sorpassai nuovamente, lanciando un'occhiata al balcone vuoto. Dall'entrata della camera riuscivo a vedere una luce: Jasmine doveva essere ancora sveglia.

«Andrò a trovarla!», esclamai, facendo un passo verso il tappeto magico, «Dovrò essere garbato, audace, sicuro di me!», mi strinsi nel mio mantello, sfoderando il mio miglior sorriso, «Come sto?».

Mi voltai verso il genio che, però, non riuscì a nascondere un'espressione tra il disappunto e la delusione.

«Come un principe», rispose, senza entusiasmo.

Non potevo desiderare di meglio.

Jasmine

Stesa sul materasso di morbide piume, accarezzavo annoiata il capo di Rajah, chiedendomi quando sarebbe stato il caso di scendere giù ed ascoltare mio padre, o, almeno, a fingere di farlo.

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