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"Dimmi cosa resta di noi. Solo frammenti di noi"
POV CATERINA'S
Riguardai per l'ennesima volta il messaggio della puttana. Quanto cazzo era sfacciata ! Ma soprattutto perché aveva il numero di Davide ?! Appena si svegliò lo guardai truce. Lui cercò di baciarmi la mano,ma la ritrassi,mi guardò interrogativo.
-More, che hai?-la sua voce mattiniera mi entró nel cuore. Cazzo.
-Perché la zoccola ha il tuo numero? Non hai detto che voleva solo una sigaretta? -Lui si stiracchiò nel letto. Poi si alzó rivelando la sua nudità. Si mise i boxer e una maglia.
-Ascolta Cate, per quanto questa storia possa essere vera,mi sta stancando. Smettila di essere gelosa. Non lo sopporto. So che tieni a me e il resto. Ma non farmi girare i coglioni. È andato tutto bene ieri,perché ora devi riniziare? -guardó il cellulare- Solo perché mi ha dato il buongiorno. Dai Cate!-tutto bene? Si,solo per lui però. Ero gelosa,ma perché sapevo,ne ero sicura che lei poteva dare più di me. Mi limitai ad annuire sottomessa. Ma la questione non era finita. Non per me. Mi sorrise mezzo addormentato.
-Vado a fare una doccia veloce che poi ti accompagno a scuola. Facciamo colazione al bar.-mi baciò la testa e sentii i suoi passi scomparire poco a poco fino al bagno. Forse davvero ero paranoica? Davvero stavo esagerando? Rimasi nel letto a pensare fissando il vuoto su come sarebbe la mia vita senza Davide. Non sarebbe vita, ecco tutto. Se solo penso a tutto il dolore che Veronica ha provato. Se solo penso a quello, penso che forse non c'è dolore più grande che perdere la persona che si ama. Mi alzai dal letto e aprì l'armadio. Per l'ennesima volta non sapevo cosa mettere. Optai per un paio di leggins comodi, neri. Un maglione nero con qualche decorazione bianca sul collo. Mi raccolsi i capelli in una cipolla e mi truccai quel poco che ero abituata. Misi una collana lunga fino a sotto il seno con un quadrifoglio argentato e misi il parka e le dott.Martin. Poteva andare.
Sentii Davide uscire dal bagno. Jeans neri stretti all Star bianche,camicia a quadri nera e rossa e ciuffo alto appena lavato. Si mise il parka e prese le chiavi.
-Andiamo?-presi lo zaino e lo seguii a ruota. Chiudemmo la casa e uscimmo. Salii in macchina in religioso silenzio e  si avvió verso il bar. Il bar 300. Quando entrammo il rumore dei piatti sbattere contro il bancone catturarono la mia attenzione. Le brioche a calde avevano una aria deliziosa. Il bar era di un color legno con dei lampadari raffinati e i tavoli di marmo bianco con sedie nere. Ci avvicinammo al bancone. Un cameriere dall' aria esausta ci accolse con un sorriso.
-Ci prepari due cappuccini e due brioches al cioccolato? Per favore- disse Davide. Il cameriere si mise subito al lavoro mentre noi scegliemmo un tavolo. Optammo per un tavolo vicino alla finestra.
-Come mai sei così silenziosa?
-Per nessun motivo, tutto nella norma.
Aggrottó la fronte.
-Non dirmi di palle
-Nemmeno tu.-affermai acida.Cazzo
-Ancora questa storia?-disse esasperato. Il cameriere,intanto ci portó le nostre ordinazioni. Morsicai là brioches calda senza esitazione. Versai lo zucchero nel cappuccino cercando di pensare ad altro. Ma nulla. Vuoto.
Finimmo la colazione e Davide mi portó a scuola. Veronica stava fumando al cancello e per un attimo mi sembrava di aver visto Niccoló. Stessa postura, stesso abbinamento,stesso posto. Era Niccoló al femminile. La salutai e mi bació una guancia, eravamo più distaccate del solito ,ma ci volevamo lo stesso un gran bene. Entrai in classe. Michael mi salutó. Mi sedetti vicino a lui.
-Allora? Come mai quel viso triste?-la sua voce profonda rimbombava nell'aula.
-Nessun viso triste -cercai di sorridere.
-Non è vero. Sei giù di morale. Forza, a me puoi dirlo,non giudico nessuno.
Trassi un sospiro.
-Sono gelosa di una ragazza che fa la corte a Davide.-lui ghignó
-Perchè fai quella faccia?-domandai già incazzata.
-Perché è un coglione. Voglio dire: hai un grandissimo pezzo di gnocca qui e lui va a cercare altrove. Non ha senso a mio parere. -mi rabbuiai
-Davide non sta cercando proprio un bel niente !-gridai
-Ok ok non ti agitare!-alzo le mani in segno di resa. La campanella suonó e poco a poco l'aula si riempì. Alla Seconda ora stavo morendo. Volevo assolutamente l'intervallo. Bussarono alla porta. Entró lei. Irene.
-Ehi,scusate,avete un libro di scienze?
POV SIMONA'S
Lo guardai ancora per qualche momento sbigottita. Si spostó il ciuffo biondo di lato e aspettó.
-Entra entra pure.-dissi . Lui si accomodó sul divano e aspettó.
-Cri! -gridai. La porta dell'ingresso si aprì di colpo rivelando la sua figura, per qualche secondo rimase di pietra. Si guardarono per qualche secondo.
-Cri.-Il biondo si alzó rompendo il ghiaccio. Lui ancora non parlava.
-Cosa vuoi?-il suo tono era glaciale. I brividi si impossessarono del mio corpo in un batter d'occhio. Perché era così? Cos,'era  successo?
-Voglio solo parlare con mio fratello.-il biondo sorrise e io provai compassione per lui. Cristian, invece non si riconosceva. Si era trasformato.
-Io non ho fratelli.- l'affermazione mi colpì a fondo, ma il biondo incassó senza reagire come se avesse sentito quelle parole centinaia di volte.
La tensione era palpabile.
- Lo so che ho commesso molti errori, ma voglio riparare. Per favore.-il suo tono era sincero e quasi mi fece tenerezza. I tratti erano molto simili a quelli del fratello e  solo ora mi accorsi di una voglia sul collo di entrambi. Aveva una forma cilindrica.
- Sei in ritardo.
-Scusa Cristian.
-Non me ne faccio niente delle tue scuse. Esci. -Indicó la porta con fare minaccioso come se stesse a indicare o te ne vai o ti pesto. Il biondo abbassó la testa.
-Torneró.-il suo tono ora era più deciso e mi imbarazzai per la situazione in cui ero.
-Hai sempre avuto un debole per le cause perse.-il tono glaciale mi faceva venire la pelle d'oca. Se Cristian mi avesse parlato così un giorno,probabilmente sarei morta.
-Sei sangue del mio sangue. Non è una causa persa.
- Infatti a me fa schifo avere il tuo sangue. Come mi fa schifo riguardati in faccia. Non voglio sapere come hai fatto ad avere questo indirizzo,ma non avvicinarti mai più a questa casa.
Il biondo abbassó la testa. Non avevo ancora capito chi era il fratello maggiore.
-Ti salutano mamma e papà.
-Digli pure che non ricambio.- questa volta il tono era leggermente spezzato.
-Perché fai così ?
-Avresti dovuto chiedermelo 3 anni fa. Ora non ho voglia di dare spiegazioni. Esci.-detto questo Cristian tornó in camera. Il fratello si grattò la testa in evidente imbarazzo.
-Sei la sua fidanzata?-mi domandó. Ci misi un pó a capire che stava parlando con me.
-Si.-risposi sicura.
-Ti lascio il mio numero. Per ogni evenienza chiamami per favore.-il suo tono era implorante così decisi di prendere il biglietto che mi stava porgendo con i suoi recapiti.
-Va bene. -uscii. Rimasi nella stanza con un bigliettino in mano. Cos'era successo fra di loro? Che avevano fatto di tanto grave ?
Cristian mi posò le mani sui fianchi e mi baciò il collo.
-Scusami.
-Scusarti di cosa?-sorrisi debolmente. Non lo capivo.
-Non mi hai mai visto arrabbiato. E so di cambiare tanto, ma non so perché. Voglio solo chiederti scusa perché quello è un coglione. Un coglione che deve starci alla larga. Che deve STARTI alla larga. -mi baciò e facemmo colazione. Ero persa nei miei pensieri e lui nei suoi. Quando guardai l'orario per poco non mi venne un colpo. Era tardissimo. Corsi a prepararmi. Raccattai una canottiera nera dall'armadio,mettendola immediatamente. Trovai anche un maglione di lana, bellissimo, nero,me lo misi aggiungendo una collana che arrivava fin sotto il seno. Misi un paio di leggins neri e le dott.Martin basse. Mi pettinai i capelli e li lasciai sciolti. Misi in fretta e furia il fondotinta,la matita e il mascara. Spruzzai un po di profumo sui vestiti e misi il parka pronta per uscire. Cristian venne verso di me prendendo le chiavi della macchina. Salimmo e cercai disperatamente di non guardare l'orario.
-Chi è il fratello più grande tra voi ?-ruppi il silenzio. La presa sul volante di intensificó fino a che le sue nocche non divennero bianche.
-Non pensarci,okay ?-il suo tono calmo veniva tradito dalla gola che tremava dal nervoso.
-Cristian,basta! Voglio una cazzo di risposta.UNA. Chi cazzo è il fratello più grande fra voi!?-il suo sguardo passó dalla strada a me. Mi guardò truce. E per un attimo ebbi paura.
-Lui. -rispose piatto. Dopo questo,silenzio tombale. I brividi si erano impossessati di me. Così non parlai più. Arrivammo davanti a scuola. Scesi dalla macchina velocemente senza neanche salutarlo. E mi diressi verso scuola mentre sentivo le ruote strisciare violentemente sull'asfalto.
Incontrai Veronica,la salutai e l'aspetto in classe. Appoggiai la testa sul banco. Che casino.
POV VERONICA'S
Non so per quanto rimasi seduta per terra a pensare,ma il tempo mi sembrò infinito. Le lancette dell'orologio segnavano il passare dei secondi e quella casa sembrava troppo buia, troppo silenziosa per essere mia. Mi sentivo in trappola. Ero sempre stata in una gabbia d'oro. E ora? Ero uscita solo per entrare nuovamente in un altra gabbia.
Mi alzai e andai a bere un bicchiere d'acqua poi andai a letto. Mi coprì con il piumone. C'era freddissimo.  Guardai il soffitto e poi mi addormentai.
La sveglia suonó uccidendomi i timpani. Dio se la odiavo. Feci colazione. Gocciole e thè. Non ero in vena di latte. In più c'era più freddo degli altri giorni. Guardai la TV fino alle sette e un quarto. Poi andai in camera. Presi dall'armadio una maglia bianca con la scritta:'Normal People scare me' in nero. La misi. Presi un paio di jeans stretti e strappati sulla coscia neri, abbinai le vans e aggiunsi un maglione grigio,molto ampio. Misi una collana. Il profumo e raccolsi i capelli in una treccia laterale. Misi il fondotinta chiaro , il mascara e la matita nera. Mi lavai i denti e usai anche il colluttorio. Misi il parka blu e lo tenni aperto. Camminai fino a scuola. Alle 7:50 ero già al cancello così decisi di accendermi una sigaretta mentre le persone iniziavano ad entrare. Aspirai a fondo la nicotina. Ne avevo bisogno. Ero stressata. Davvero tanto.
Passó sia Simona che Caterina che mi salutarono distrattamente come io feci con loro. Appena arrivò Niccoló il mio cuore si fermò. Jeans e parka con le vans nere. Potevo morire. La sigaretta fra le dita, gli occhi puntati su di me. Le gambe ormai erano una gelatina unica. Si fermò davanti a me.

-Ciao.-disse lasciandomi un bacio sulla guancia. One million e tabacco. Sarei mai riuscita a fare ancora a meno di quel profumo?

-Ciao.-lo salutai distrattamente fingendo indifferenza.

-Che materie hai oggi?-si mise accanto a me a fumare mentre gli alunni ci guardavano interrogativi.

-Mm, non me le ricordo. Penso, tre ore di letteratura e due di matematica.

-Minchia che palle. Vorrei essere in classe con te solo per farti ridere, oppure litigare con te per la matita o  perchè ti scolorino tutto il tuo compito perfetto. Oppure perchè ti sposto la sedia indietro mentre stai per sederti, perchè so già che te ne accorgi, mi piacerebbe litigare con te per il libro che non ho e quindi dovrei stare a segno con te, ma conoscendoti lo guarderesti solo tu perchè devi annotare le note della prof. Vorrei abbracciarti in classe perchè tanto hai sempre freddo e lo vorresti comunque. Mi piace il modo in cui ti rannicchi sulla sedia e ti abbracci le ginocchia perchè vuoi qualcuno che non hai. Sai, ho il cellulare pieno di tue foto che mi faccio inviare. Probabilmente i tuoi amici mi odiano perchè ossessiono tutti. Hai sempre un'aria così persa, così triste. Mi sembra che solo io possa farti stare bene. Vorrei davvero che fosse così. Mi manchi. -mi batteva il cuore più di prima, la sua mano raggiunse la mia guancia destra. Col pollice mi accarezzò. I miei occhi e i suoi si incrociarono. -Amo i tuoi occhi.-mi baciò il collo.

-Niccolò, no. Non riesco.-era vero. Avevo ancora impresso le loro mani intrecciate. Il suo sguardo divenne triste.

-Veronica, ho il cuore che sta pompando ansia. Voglio abbracciarti. Posso almeno quello?-mi faceva tenerezza. Mi sembrava strano che lui mi chiedesse di abbracciarmi. Prima lo faceva spontaneamente. Io annuii. Si avvicinò a me cauto. Mi circondò il collo, mentre io circondai i suoi fianchi con le mie braccia. Mi veniva da piangere. Un misto di rabbia e mancanza. Dei suoi abbracci, dei suoi baci, delle sue coccole. Ma lo odiavo. Mi aveva tradita.

-Andiamo in classe.-la mia voce fredda. Ormai distaccata. Avevo paura di essere ferita da lui. Di nuovo. Mi aveva fatto troppo male. Non  potevo sopportare altro dolore. Non potevo e basta.

-Ehi-mi prese un braccio. Mi voltai verso di lui -Va tutto bene?-mi chiese

-Si.-lo salutai e mi diressi in classe. Timbrai appena in tempo. Mi ero trattenuta troppo. Entrai in classe. Mi accoccolai sulla sedia e dio solo sa perchè non scoppiai a piangere in quel momento. Il golfino mi coccolava.Appoggiai la testa contro il muro. La prof fece l'appello. Tutti gridavano come dei pazzi scalmanati. Non capivo come facevano ad avere  così tanta voglia di gridare alle otto del mattino. Sembrava talmente surreale. Di nuovo i pensieri che mi affollavano il cervello. E sempre per lui . Forse era davvero Milano il problema. Forse dovevo semplicemente andarmene e lasciarmi tutto alle spalle, ma avrei fatto come mia madre. Abbandonare i problemi. Ma non puoi scappare se il problema sei tu. Mi sentivo risucchiata da un buco nero. E alla fine c'era lui. E alla fine c'era sempre lui. La giornata passó monotona. Interrogó sia in italiano che in matematica. Per fortuna non mi chiamó. Probabilmente aveva notato il mio umore . Una lacrima rigò il mio viso, e mi sbrigai a toglierla. Mi arrivò un messaggio qualche minuto dopo:Niccoló. Lo aprì.
Perché piangi?❤️
Mi guardai in giro vedendo che nessuno aveva in mano il cellulare.
Non sto piangendo. Risposi. Mi invió una mia immagine mentre mi stavo togliendo una lacrima. Quella di prima.
Non è niente. Gli inviai
❤️parliamo dopo. Fu la sua risposta. Io non volevo parlare con lui, anzi si,ma non sapevo cosa dire.
La campanella dell'una suonó e uscii pronta per una sigaretta. Appena fuori l'accesi. Lui mi venne incontro.
-Perché hai pianto?-la sua voce ricca di preoccupazione.
- Non era niente.-lo sguardo nuovamente perso.
- Sei bellissima anche quando piangi. Ma non farlo. -mi sorrise
-Va bene -mi allontanai da lui e iniziai a camminare veloce. Non sapevo perché. Sentivo la necessità di staccarmi da lui. La necessità di stargli lontano. Perché infondo sapevo. Tutta me stessa sapeva che l'amore che provavo per lui,non era inutile e c'era ancora. Forse più di prima. Ed è buffo come una persona possa distruggerti e allo stesso tempo farti stare bene. Camminai fino a casa con le cuffie nelle orecchie. Mi sarebbe passata.

Sei droga pura 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora