Mi sveglio e mi guardo intorno, il mio sonno era stato turbato dal suono dei passi nella camera vicina. Sbuffando mi sedetti sul letto e notai che erano già le undici di mattina, comunque avevo dormito poche ore e sentivo le palpebre pesanti, volevo solo dormire per un altro po', ma sapere che la mia inquilina era già sveglia mi turbava e la cosa mi portò a pensare che sarebbe stato meglio alzarsi. Mi diressi verso l'armadio e solo dopo averlo aperto notai una macchia di sangue dove avevo appena posato la mia mano, la osservai e vidi un taglio che la attraversava, ho subito pensato alle forbici che stavo tenendo strette poco prima e non diedi peso alla cosa. Ne stava uscendo ancora del sangue e allora presi delle garze che tenevo sul comodino del letto e, dopo aver messo del disinfettante, contornai la mia mano delle bende. Con degli abiti che avevo preso mi diressi verso il bagno, dopo una doccia mi cambiai le fasce sull'occhio e mi asciugai i corti capelli. Mi rivestii e uscita dalla stanza notai che Maia stava scendendo le scale, appena lei mi sentì si girò di scatto e con un sorriso palesemente falso mi disse "Buongiorno, preparo la colazione", io non voglio recitare nella sua commedia 'le coinquiline felici' e annuisco senza espressioni facciali. Mi ero messa dei leggins neri e una maglietta dello stesso colore, giusto per abbinare la mia anima con il mio modo di vestire. Mi misi dei stivaletti senza tacco anche loro corvini, questo mio nuovo stile mi fa sembrare depressa, invece non sono nulla adesso, solo molto incazzata. Maia ha ancora il pigiama indosso e allora mi ritorna in mente il fatto che devo pulire i suoi vestiti. Mangiamo insieme senza proferire parola e vado a fare il bucato, dopo un paio d'ore le consegno i suoi abiti e lei va a cambiarsi dicendo "Appena torno andiamo e fare quella cosa" prima che riesca ad andarsene ribatto "Dillo santo cielo! Dillo! 'Dopo andiamo ad uccidere papà'" Mi fissa nell'occhio sorpresa e dice "Ma ieri ho detto..." "Hai detto che vuoi essere la causa e bla bla bla... ma non hai detto uccidere, ammazzare e torturare, dillo!" "Dopo andrò ad... ad... u-uccidere papà." "Bene, avevi detto che non saresti più stata debole, cerca di mantenere la promessa. Ora vai" Mi sento irritata e arrabbiata. L'aspetto per una decina di minuti, durante i quali ho cercato le armi che avrei usato per ammazzare quello stronzo. Non so perché la prendo tanto sul personale, io nemmeno lo conosco. Probabilmente voglio solo uccidere, l'ultima volta ci ho messo pochi minuti ad assassinare le mie vittime, ora vorrei poter finire quel tipo in almeno un'ora, giusto per assaporarmi ogni secondo e farmi bastare lo spettacolo per qualche giorno.
La vedo scendere come l'avevo vista il giorno prima in quel parco, indossava una maglietta bianca con una citazione sopra che non riuscivo a leggere a causa di una felpa, la quale era troppo grande ma comunque le stava benissimo, era di un colore scuro, un viola che dava molto sul nero. Poi indossava anche una minigonna buia e delle calze sempre scure che facevano intravedere le sue gambe. Le scarpe erano delle vans violacee, molto carine. Aveva una borsa corvina che sembrava di marca, ma dalla sua situazione famigliare devo presupporre sia tarocca. Mi guardo nello specchio davanti a me e inizio a paragonarmi a lei. I miei capelli sono un disastro, mentre lei ha pettinato ogni ciocca della sua bionda chioma, sistemata alla perfezione in una bella coda. Io indossavo vestiti neri e tristi, mentre lei era la classica ragazza che si gode la vita e che è sempre alla moda. La mia pelle era pallida e le mie occhiaie accentuate, mentre lei aveva una leggera abbronzatura e la pelle ben curata da chissà quale crema. Mi faccio schifo ma allo stesso tempo penso 'Chi se ne frega? '.
Mentre scende mi fa tornare in me dicendo "Andiamo?" Le faccio cenno di sì con la testa e dopo aver preso la borsa con le armi, le chiavi e la forchetta esco di casa. Lei mi guarda strano, anzi sta guardando la mia arma. "A cosa ti serve? E' solo una posata" la squadro con cattiveria con il mio occhio e rispondo seccata "E' ciò che uso per uccidere, cosa c'è? Ti dà fastidio?" Lei mi guarda stranita e mi fa "No, tranquilla era solo per sapere". Saliamo in macchina e, seguendo le indicazioni di Maia, raggiungiamo quella che era casa sua. "Quindi è qui dove vivevi" Non so se posso veramente chiamarla casa, forse catapecchia è il modo giusto. Era a due piani ma sembrava potesse cadere in pezzi da un momento all'altro, da una finestra si poteva veder l'interno, i 'mobili' erano o impolverati e sporchi o completamente distrutti. La cucina era una stanza dove regnavano gli insetti e la sporcizia, tanto che dovevo trattenere un conato di vomito. Guardo dritta verso Maia che mi dice "Già... sono scappata da un paio di settimane, prima ero io che pulivo e che preparavo da mangiare... e che faceva da sacco da box" Sussurra alla fine, riesco a malapena a sentirla, ma la ignoro, non voglio altre situazioni imbarazzanti. Vedo un'ombra muoversi nel piano superiore, però non sembra sola. "Maia, guarda, sembra esserci qualcuno lì" dico indicando la finestra dove avevo visto i movimenti. Lei sembra confusa, forse non sapeva che il padre avesse amici, ma tra me e me penso ' probabilmente è una puttana'.
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Verso la pazzia
HorrorLa mia mente si inabissa sempre più nella pazzia, nell'oscurità. Ormai vedo solo sangue e paura, urla e terrore. Non riesco più a essere razionale, ho bisogno di qualcuno, ho bisogno di te, ma non ci sei più e ora voglio solo vendetta. Questo mondo...