«Sei consapevole di quello che hai fatto, vero? Ti rendi conto che la mia carriera è praticamente finita? E tutto questo perché non vai d'accordo con la signora Rojas! Non riesco a crederci e ti giuro che...» Esteban continua il suo monologo, mentre io smetto di mescolare l'impasto della torta che avevo deciso di preparare per stasera. Di solito fare i dolci ha un effetto incredibilmente rilassante su di me, dal momento che seguire con attenzione le ricette riesce a svuotarmi del tutto la mente da qualsiasi pensiero negativo, ma questa volta sembra che non sia possibile avere un po' di pace. Esteban, infatti, appena tornato da lavoro ha iniziato subito a farmi la ramanzina su ciò che è successo ieri sera a casa Rojas e sinceramente è già tanto che non gli abbia ancora gridato contro, considerando quanto sia stato vigliacco a non difendere sua moglie e sua figlia. Ieri sera siamo tornati a casa e si è semplicemente messo a dormire sul divano del salotto, senza proferire parola sull'accaduto, senza scusarsi in alcun modo con noi due, senza assicurarci che valiamo molto più dei Rojas e dei loro soldi.
Tengo ben premute fra loro le mie labbra e inizio nuovamente a mescolare l'impasto, per poi aggiungere le gocce di cioccolato che faranno impazzire Pilar, visto che ha una grande passione per questo ingrediente. Be', al solo pensiero di quel dolce sapore sul palato non posso darle assolutamente torto.
«Chiederai scusa a Lidia e se siamo fortunati Hernando mi darà un'altra possibilità,» dice, quando ricomincio ad ascoltarlo. «E questa volta ti comporterai in maniera decorosa, è chiaro?»
La mia mano si ferma di nuovo e non riesco ad impedire alle parole di uscire spontaneamente dalla mia bocca. «Perché mai dovrei dare confidenza ad una donna che ha insinuato che Pilar sia maleducata?»
«Perché-»
«Non mi devi rispondere, penso sia abbastanza chiaro che non ci sono motivi validi per cui farlo,» lo interrompo, voltandomi finalmente verso di lui. Io ed Esteban siamo sposati ormai da sedici anni, ma mi sembra quasi di averlo appena incontrato. Il suo viso è distorto in una espressione contrariata e stento a riconoscere l'uomo allegro e spiritoso di cui mi ero innamorata. Non riesco neanche a vedere il meraviglioso color mare dei suoi occhi, talmente sono dilatate dalla rabbia le sue pupille.
Incrocia le braccia al petto e prende un respiro profondo, per poi espirare dal naso come per calmarsi, come se io fossi nel torto e lui avesse bisogno di elaborare le parole giuste da dire ad una persona intrattabile. «Pilar si è comportata in maniera indecente ieri, anche lei dovrà scusarsi con i Rojas.»
«Che cosa?!» sbotto io, con un tono di voce certamente più acuto del normale. «Pilar si è comportata come tu ti sei raccomandato. Ogni tanto dovresti provare a prenderti le tue responsabilità, Esteban. Non è mai morto nessuno per questo.»
«Le mie responsabilità? Samantha, tua figlia non ha nemmeno salutato i Rojas ieri sera e di certo non è ciò che le ho insegnato!» ribatte, alzando decisamente il tono di voce.
«Enrique Rojas è andato a letto con praticamente tutta la scuola mentre stava con nostra figlia, possibile che tu non riesca a provare un minimo di risentimento nei loro confronti?» chiedo e finalmente lo vedo abbassare gli occhi verso il pavimento, almeno un briciolo pentito.
È questione di pochi secondi, però, prima che rialzi lo sguardo, puntandolo fieramente su di me. «Il lavoro è importante, Samantha. Anche più del proprio orgoglio.»
Sospiro, chiedendomi perché non riesca a capire. «Non si tratta di semplice orgoglio e lo sai. Esteban, nostra figlia-»
«Lo faccio anche per lei, cazzo! Per lei, per te, per tutti noi,» mi interrompe, più rabbioso di prima.
«Non è questo ciò che voglio, Esteban. Stare alle dipendenze dei Rojas, farsi umiliare da loro e tutto il resto... che razza di vita è?» gli chiedo, trattenendo le lacrime. Non è di certo la vita che prospettavo per la nostra famiglia e lui lo sa. Tutta questa situazione ci è sfuggita di mano e i Rojas hanno guadagnato fin troppa importanza nella nostra esistenza, un'importanza che ora va loro assolutamente negata. Esteban, però, non sembra affatto d'accordo con me. Mi guarda infatti per un istante negli occhi, prima di voltarsi e dirigersi verso il portone d'ingresso del nostro appartamento. Forse dovrei fermarlo, proporgli una discussione che ci permetta di chiarire ciò che sta succedendo fra di noi in quest'ultimo periodo, ma non lo faccio. Rimango semplicemente immobile, con in mano la frusta da cui gocciola un po' di impasto che si deposita sul granito del bancone della cucina. Sobbalzo quando Esteban sbatte rumorosamente la porta e stringo con ancora più forza la frusta fra le dita. «Vigliacco,» commento poi, decidendo di far finta almeno per questa sera di non essermi mai sposata e, anzi, di non averlo proprio mai conosciuto, così da passare un po' di tempo in tutta tranquillità perché, davvero, non vale la pena di disperarsi per un uomo simile.
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Twenty Years Ago || Michael Clifford
Fanfiction«No, senti, stai perdendo tempo. Davvero, Michael, non sono la persona che cerchi.» «Sì che lo sei, invece. Ho il tuo nome tatuato sull'inguine da vent'anni!»