Pilar mi osserva da qualche minuto, in silenzio. Sembra stia elaborando le mie parole, ma ad essere sincera non capisco proprio cosa ci sia di così tanto complicato da elaborare: il nostro - mio e di Michael - primo incontro è stato quanto di più scontato e noioso ci sia al mondo e, tra l'altro, non può neppure essere definito un vero e proprio incontro. Ci siamo guardati per sbaglio e lui mi ha rivolto un sorriso che poteva in realtà essere benissimo una smorfia dovuta alla luce del sole che batteva direttamente sui suoi occhi chiari. Niente scontri nel corridoio della scuola - con conseguenti libri sparsi per terra - o romanticherie simili, insomma.
«A cosa stai pensando?» chiedo poi, non riuscendo più a tollerare il silenzio misterioso di mia figlia.
Pilar non dice una parola per qualche altro istante, per poi sospirare. «Michael fino ad ora sembra totalmente diverso da papà e mi chiedevo...» lascia in sospeso la frase, ma forse riesco comunque a capire cosa intendesse.
«Tesoro, nella vita purtroppo si commettono tanti errori, solo chi non vive veramente può essere certo di non sbagliare.»
«Pensi che Michael sia stato un errore? Che non avevi idea di cosa fosse giusto per te?» chiede poi, sembrando persino più confusa e perplessa di poco fa. Tuttavia, nel momento stesso in cui mi pone queste domande, sento di non essere poi così sicura della risposta e di essermi riferita a lui poco fa. Michael può anche essere considerato un errore adolescenziale, sotto un certo punto di vista, ma a volte mi trovo a pensare che Esteban non sia stato da meno, se si esclude il fatto che è il padre di mia figlia, l'unica cosa buona che abbia fatto nei suoi quarant'anni di vita. Ho deciso di sposarlo, considerandolo l'uomo della mia vita, e dopo sedici anni mi ritrovo a chiedermi se non sia stata una scelta un po' avventata e dovuta al profondo senso di vuoto lasciato dentro di me da Michael Clifford che, a ben vedere, è riuscito a condizionare la mia vita più di quanto fosse lecito.
«Non lo so,» ammetto poi e nei suoi occhi nocciola scorgo qualcosa che mi porta a spiegarmi meglio, così da non essere fraintesa. «Michael è riuscito a farmi soffrire come ben poche altre persone, su questo non c'è dubbio, ma l'ho amato così tanto da arrivare a dimenticarlo: era l'unico modo per andare avanti.»
Mia figlia è ancora più confusa, è evidente dal suo sguardo, così scoppio a ridere, chiedendomi se non ho appena detto una grande sciocchezza. Può darsi, ma nella mia mente ha un senso ben preciso.
«Non capisco,» dice infatti e io le faccio cenno di lasciar perdere, almeno per il momento.
«Forse prima dovrei raccontarti il resto della storia, anche perché sono curiosa di sapere cosa sia successo con Enrique Rojas: non crederai mica che abbia dimenticato il nostro patto, vero?»
Scoppia a ridere, mentre il suo sguardo finisce sullo stereo sistemato in un angolino della stanza. «Si sta facendo tardi,» mi fa notare, indicando con un cenno l'orario scritto sul display. «Forse dovremmo iniziare a tornare a casa, visto che devi anche fare benzina.»
Annuisco, concordando con lei, e mi alzo dal parquet che aveva iniziato ad essere quasi comodo, visto che ho perso del tutto la sensibilità del mio sedere in questi minuti. Come ogni sera, raccolgo tutte le mie cose e decido di fare una bella doccia a casa, sapendo che se mi lavassi adesso non sarei più in grado di mettermi in macchina e guidare: l'acqua calda mi calma fin troppo, quasi mi intorpidisce.
Chiudo l'edificio a chiave, dopo esserne uscita con Pilar, e mi dirigo verso la mia auto, sperando solo di non trovare per strada lo stesso traffico di questa mattina.
«Com'è andata oggi a scuola? Prima non ho avuto modo di chiedertelo.»
Pilar si stringe nelle spalle, guardando fuori dal finestrino la città illuminata da innumerevoli lampioni. «È andata,» risponde poi, mostrando una rassegnazione che non le appartiene affatto: è una ragazza dolce e sensibile, ma altrettanto combattiva, specialmente se si tratta di giuste cause, e ciò che ha fatto Enrique è una giusta causa per attutire il colpo e andare avanti, ancora più forti di prima, senza scoraggiarsi né arrendersi.
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Twenty Years Ago || Michael Clifford
Fanfiction«No, senti, stai perdendo tempo. Davvero, Michael, non sono la persona che cerchi.» «Sì che lo sei, invece. Ho il tuo nome tatuato sull'inguine da vent'anni!»