Sono passati due giorni dalla discussione con Esteban, due giorni che, devo ammetterlo, ho passato in totale serenità. Certo, sono incazzata come una belva con lui perché non si è ancora fatto vivo per sapere come stiamo Pilar ed io o per chiederci scusa, ma averlo in giro per casa sarebbe stato decisamente peggio. La voglia di schiaffeggiare ripetutamente la sua faccia sarebbe persino più intensa se me lo ritrovassi davanti.
Anche Pilar sembra abbastanza serena, sebbene sia ancora demoralizzata per via di Enrique Rojas e la sua ninfomania, ma so che era davvero presa da quell'idiota, perciò sarebbe troppo aspettarsi che superi la cosa con totale indifferenza. Tuttavia, non l'ho ancora vista piangere dalla sera della cena dai Rojas ed è una cosa fantastica, sono davvero fiera di lei e della sua incredibile forza.
Nonostante la nostra tranquillità, comunque, abbiamo deciso di comune accordo di prenderci qualche giorno di vacanza da tutto, io dal lavoro e lei dalla scuola. Potrebbe essere stata una scelta irresponsabile da parte mia, ma passare un po' di tempo sul divano a guardare film, parlare e mangiare ogni sorta di dolciumi insieme ci fa stare bene, perciò non importa. Non sono una mamma severa, non mi riesce in alcun modo, ma Pilar è comunque una ragazza educata e rispettosa - nonostante quello che Lidia ha provato a insinuare -, perciò credo di averla cresciuta ed educata come si deve anche senza punizioni, urla e cose varie. L'esatto opposto di ciò che ha fatto mia madre, in pratica.
«Oh, questo film mi piace!»
La voce di Pilar mi riscuote dai miei pensieri e mi affretto ad alzare il volume della televisione, interrompendo l'assiduo zapping alla ricerca di qualcosa di decente da vedere. Noto che si tratta di uno dei tanti film con Sandra Bullock, la nostra attrice preferita, e decido di impostare l'audio sulla lingua originale, visto che Pilar è la migliore alunna in inglese della sua scuola e io me la cavavo altrettanto bene ai tempi del liceo.
Inevitabilmente ripenso allo scambio culturale di vent'anni fa e a quello stronzo di Michael Clifford, chiedendomi con quale coraggio si sia rifatto vivo dopo tutto questo tempo e, soprattutto, dopo tutto quello che è successo in Australia. Era abbastanza chiaro a quei tempi, così come adesso, che lui è probabilmente la persona che meno sopporto al mondo. Mi ha spezzato il cuore e non può venire a dirmi che sente la mancanza di quell'anno e di tutti quei momenti come se nulla fosse. Sarebbe gradito anche, fra le altre cose, se evitasse di riempirmi di telefonate dalla mattina alla sera e persino di notte, ma questo accade solo per colpa mia perché gli ho fatto avere il mio numero, chiamandolo. Ho seriamente preso in considerazione l'idea di disattivare la mia SIM e cambiare numero, ma sarebbe come dargliela vinta, fargli credere che lui abbia ancora una qualche influenza su di me, quando non provo altro che indifferenza nei suoi confronti. No, non è proprio indifferenza, d'accordo. Lo era finché non mi è tornata in mente la sua esistenza, mentre adesso si è tramutata in disprezzo, vero e proprio disgusto nei confronti di una persona forse persino più vigliacca di Esteban, per quanto possa sembrare improbabile.
«È successo qualcosa, mamma?» chiede Pilar e solo adesso mi accorgo che ha abbassato il volume della televisione e mi sta guardando con un cipiglio sul volto.
«No,» rispondo, anche se un po' incerta. «No, tesoro,» ripeto, cercando di sembrare più convinta delle mie parole, anche se dallo sguardo che mi rivolge Pilar capisco che non ci è cascata.
«Da un paio di giorni sei sempre sovrappensiero,» mi fa notare. «E non è per papà. Voglio dire, ultimamente litigate spesso, ma riuscite sempre a risolvere, perciò non credo che tu sia così in pensiero per questo motivo, no?»
È incredibile come Pilar riesca a capirmi con un solo sguardo, così come risulta facile a me comprendere quasi sempre cosa le passi per la testa, ma ormai inizio a farci l'abitudine. Così sospiro, mentre lei spegne la televisione.
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Twenty Years Ago || Michael Clifford
Fanfiction«No, senti, stai perdendo tempo. Davvero, Michael, non sono la persona che cerchi.» «Sì che lo sei, invece. Ho il tuo nome tatuato sull'inguine da vent'anni!»