Avvicino la mano al cellulare che ancora squilla, prima di ritrarla subito dopo, fin troppo esitante per prenderlo in mano e rispondere alla telefonata che, sì, è proprio da parte di Michael Clifford. Speravo in qualche modo che fosse lui - e forse non solo perché l'unica alternativa sarebbe stata Esteban, ma non lo ammetterei mai ad alta voce - eppure qualcosa continua a bloccarmi.
«Rispondi,» mi incita Pilar, che ha capito certamente di chi si tratti, per poi rivolgermi un ampio sorriso incoraggiante che riesce a convincermi nonostante le mie innumerevoli paranoie.
«D'accordo,» mormoro, prendendo poi in mano il cellulare con la punta delle dita, come se avessi paura che possa scoppiarmi in mano da un momento all'altro. «Forza, Samantha,» mi dico poi, con un tono di voce sempre più sottile, cercando di convincermi definitivamente a rispondere.
Avvicino il pollice al tasto verde di risposta, ma, proprio un istante prima che il mio polpastrello possa anche solo sfiorare il display, compare la foto di Pilar che ho impostato come blocco schermo, leggermente oscurata a causa della notifica dovuta alla chiamata appena persa.
«Dovresti richiamarlo.»
La voce di Pilar mi giunge alle orecchie severa e non ammette alcun tipo di replica. Tuttavia, mia figlia mi rivolge un sorriso, sicura perciò che farò esattamente ciò che mi ha chiesto, ed esce dalla cucina dopo aver afferrato una mela rossa dal cestino in vimini pieno di frutta appoggiato sul tavolo, ricordandomi poi per l'ennesima volta che vuole sapere come sia andato avanti il mio anno in Australia e che in futuro non sarà ancora così clemente da darmi tregua per il tempo di questa telefonata.
«Ti aspetto sul divano,» conclude, chiudendo la porta della cucina dietro di sé e lasciandomi sola con il mio cellulare.
Posso farcela. Devo farcela. La mia esitazione è del tutto immotivata, perciò non posso che sbloccare il display e richiamare il numero di Michael.
Neanche un istante dopo, la mia chiamata viene accettata.
«Samantha?»
La voce di Michael è piena di sorpresa, quasi incredulità, e timore: di certo sospetta che io voglia urlargli ancora una volta di smettere di chiamarmi, sebbene l'ultima volta che ci siamo sentiti non l'abbia aggredito come al solito.
«Come mai mi hai...» lascia in sospeso la frase, ma posso comunque intuire cosa intendesse chiedermi.
«In realtà mi hai chiamato tu,» gli faccio notare. «Mi è sembrato corretto richiamarti,» aggiungo poi, sorvolando sul fatto che, per tutte le altre centinaia di chiamate ricevute da parte sua negli ultimi giorni, questo pensiero premuroso non mi ha mai sfiorato minimamente il cervello.
«Uhm, sì, hai ragione,» ammette, prima di sospirare. «Avevo voglia di sentirti,» sussurra, con la stessa voce bassa e incredibilmente delicata con cui mi parlava vent'anni fa, quando in piena notte mi telefonava perché non riusciva ad aspettare la mattina dopo per rivedermi. Parlando invece con me finché non si fosse addormentato, al risveglio, avvenuto apparentemente un istante dopo, non gli restava che recarsi di nuovo alla sua officina per stringermi di nuovo fra le sue braccia, come se ci fossimo separati per non più di un paio d'ore. È molto probabile che mormorasse anche per non farsi beccare da sua madre a parlare con me, ma non posso soffermarmi troppo su questo pensiero: rischierei di mandarlo a quel paese un'altra volta sul serio. «Lo capirei se decidessi di chiudermi il telefono in faccia. Immagino tu stia preparando la cena per la tua famiglia ed io-»
«È stata proprio Pilar a suggerirmi di richiamarti,» lo interrompo, prima di fare un veloce calcolo mentalmente e chiedermi che diamine ci faccia in piedi Michael Clifford alle cinque di mattina, quando anni fa durante la settimana era da considerare un vero e proprio miracolo che riuscisse ad alzarsi dal letto prima delle sette e mezza. In realtà, quest'orario stesso era un record, ma sapeva che alzandosi più tardi non sarebbe riuscito ad arrivare davanti alla mia scuola in tempo per vedermi. «Pilar è mia figlia,» aggiungo poi, dopo qualche istante di silenzio.
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Twenty Years Ago || Michael Clifford
Fanfiction«No, senti, stai perdendo tempo. Davvero, Michael, non sono la persona che cerchi.» «Sì che lo sei, invece. Ho il tuo nome tatuato sull'inguine da vent'anni!»