Capitolo 9

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Non sono state poche le volte in cui qualcosa, qualsiasi cosa, è stato in grado di rovinarmi un'intera giornata, assolutamente. A ben vedere, il mio umore è abbastanza suscettibile: che si tratti di un cielo nuvoloso e grigio, del sale nel caffè o del traffico mattutino, ci metto ben poco a mettere su il broncio e a comportarmi in modo tutt'altro che simpatico. Tuttavia, mai avrei immaginato che appena trenta secondi di telefonata potessero condizionarmi a tal punto da non riuscire a sentire più la musica classica su cui ballo da più di trent'anni e, cosa che mi preoccupa ancora di più, non sono arrabbiata né di cattivo umore. In effetti, non ho la più pallida idea di come io mi senta di preciso, so solo che l'aver parlato con Michael questa mattina e il fatto di non aver discusso animatamente come le precedenti volte mi rendono un pochino nervosa e confusa, davvero molto confusa. Non so se essere felice o meno di questa cosa, probabilmente la mia reazione dovrebbe rasentare l'indifferenza assoluta, ma non è così e non sono capace di fingere in alcun modo.

«Sammy?»

Una voce mi distoglie dai miei pensieri e intuisco subito di chi si tratti: Marisol.

«Hey, piccolina,» la saluto, inginocchiandomi alla sua altezza e scompigliandole scherzosamente i capelli, raccolti proprio come ieri in una semplice coda e per nulla ricci come al solito, ma gonfi come se fossero stati spazzolati con ben poca pazienza: sembra che suo fratello abbia dovuto anche oggi lottare con la sua chioma indomabile. «Niente treccia di nuovo?» le chiedo con un piccolo sorriso e lei si stringe nelle spalle, indicando con un cenno la figura di suo fratello Santiago, facilmente visibile dalla finestra presente nella parete opposta all'enorme specchio.

«Te l'ho detto che è un incapace,» risponde semplicemente, per poi sospirare come un'anziana signora ormai rassegnata di fronte ai comportamenti del marito che sopporta da una cinquantina d'anni o forse più.

Non posso fare a meno di ridere, per poi scioglierle i capelli e iniziare a intrecciarli con cura.

«Le altre bambine sono ancora nello spogliatoio?» le chiedo poi e lei annuisce debolmente, quasi incerta o, ancora più strano, spaventata. «Va tutto bene, tesoro?»

Marisol prova a dire qualcosa, ma sembra poi ripensarci e, ad ogni modo, alcune bambine iniziano ad entrare nella stanza, invadendo lo spazio con le loro risatine allegre.

Finisco in fretta la treccia e la lego in un attimo, per poi lasciare una carezza sulla guancia di Marisol e sussurrarle che, una volta finita la lezione di oggi, potrà conoscere mia figlia, che dovrebbe arrivare nel giro di dieci minuti dopo la sua ultima lezione pomeridiana. Lei mi rivolge un sorriso sincero, simile a quello di Pilar a causa delle fossette che le si formano accanto alle labbra, e poco dopo raggiunge alla sbarra le altre bambine, esibendo un'espressione a dir poco impassibile. Deve essere successo qualcosa, è abbastanza chiaro, ma per ora decido di non indagare, anche perché non mi è possibile visto che siamo già in ritardo oggi.

Capendo di non essere nelle condizioni giuste per ballare - o, comunque, per ballare a tempo e ai limiti della decenza - decido semplicemente di far eseguire alle bambine qualche esercizio alla sbarra, mentre la mia mente inizia a divagare, disconnettendosi totalmente da ciò che mi circonda. Come prevedibile, non posso fare a meno di pensare ancora una volta a Michael Clifford e a tutto ciò che abbiamo condiviso durante quell'anno di scambio culturale in Australia, nonostante molti momenti mi risultino confusi, essendo passati venti lunghi anni. Tuttavia, ricordo alla perfezione il luccichio del suo piercing al sopracciglio che riusciva a illuminare il suo sguardo già reso vivo dai suoi occhi chiari, sempre pieni di vivacità e malizia; ricordo le sue labbra rosse, tese in un sorriso anche quando era parecchio nervoso; ma, soprattutto, ricordo la sua risata quasi infantile e in pieno contrasto con l'uomo maturo che cercava sempre di essere per rendere fiero suo padre del proprio figlio.

Twenty Years Ago || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora