Capitolo 3

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- Allora.. - feci guardandolo. Christian era girato e ammirai le spalle e la sua schiena muscolosa fino a scorrere con lo sguardo verso il basso.
Indugiai sul suo sedere fasciato ora da un paio di jeans. Mi trattenni a stento dal sospirare come una ragazzina.
L'avevo già detto che era una visione? Che avrei potuto stare ad osservarlo tutto il giorno?

Lui finì di passarsi una salvietta umida sul viso e si girò per guardarmi. Mi affrettai a distogliere lo sguardo arrossendo.

- Allora cosa? - mi chiese lui riportando la mia attenzione sul suo viso. Mi staccai dagli armadietti grigio-metallico e spostai il mio peso da un piede all'altro a disagio.

- Mi avresti chiamata?

Dopo aver parlato trattenni il fiato aspettando la sua risposta. Perché diavolo il mio tono era parso così disperato, come se avessi passato tutta la settimana aspettando un suo segno?

Perché era stato esattamente così.

Solo che lui non lo doveva sapere. Ripensai ancora alle parole di Caleb e mi chiesi quante ragazze dovevano essersi presentate da lui con lo stesso tono disperato che avevo io. Forse, dopotutto, non era stata una buona idea andare lì.

Il suo sguardo si fece serio. - No.

Oh. Quel no pronunciato in modo così deciso mi provocò una fitta dolorosa al petto. Avevo messo in conto che probabilmente non avrebbe più voluto vedermi, mi ero preparata mentalmente all'evenienza. E allora perché quella piccola parola faceva così male?
Perché mi ero illusa. Ecco perché.

Decisamente non era stata una buona idea andare lì.
Che stupida.

- Certo. Io.. capisco - sussurrai. Mi sforzai di fare un sorriso ignorando quella spregevole sensazione di vergogna.

- Mi dispiace di averti disturbato - aggiunsi con l'intenzione di andarmene. Evitai di guardarlo di nuovo.

- Thia - mi chiamò prima che potessi muovere un passo. Con due falcate mi raggiunse e me lo ritrovai addosso, così vicino che mi costrinse a fare un passo indietro. La mia schiena tornò ad appoggiarsi agli armadietti.

- Stasera alle undici ho un incontro. Passo a prenderti io. - mi disse sottovoce.

- Non devi.. - cominciai a dire. Non sopportavo l'idea che ora mi informasse solo perché gli avevo fatto pena. Lui non aveva nessuna colpa, non mi aveva mai detto che mi avrebbe richiamata. Ero solo io la responsabile di questo fraintendimento.

- Thia - mi richiamò ancora una volta avvicinando ancora di più il viso al mio. I suoi occhi color miele erano così vicini ai miei che ora riuscivo a distinguere delle pagliuzze più scure che circondavano l'iride e, nonostante fosse sudato, inalai il suo odore così virile che mi arrivo dritto alle narici inebriandomi.

- Sai perché non ti ho chiamata?

Scossi la testa lentamente ancora inchiodata dal suo sguardo. E ancora trattenni il respiro aspettando che mi dicesse qualcosa.

- Perché, Thia - pronunciò ancora il mio nome, come se gli piacesse il suono che aveva quando lo faceva uscire dalle sue labbra. Di sicuro piaceva a me. - Sapevo che avresti insistito per venire ad un incontro e non potevo permetterlo. E sai perché non potevo?

Scossi ancora la testa. Spostò le sue labbra sfiorandomi la guancia fino a raggiungere il mio orecchio. Un fremito mi attraverso la spina dorsale.

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