Un invito inaspettato

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Come al solito ero seduta al primo banco della prima fila. Quell'aula mi piaceva perché era grande e potevo mantenere le distanze dagli altri. Non ero una ragazza molto socievole e preferivo un buon libro a un'uscita. Avevo una migliore amica, di un anno più grande, che non frequentava il mio stesso college e con la quale passavo la maggior parte del tempo tramite Skype e giochi di ruolo on line; poi c'era la mia compagna di stanza, con la quale avevo fatto amicizia in quei primi quattro mesi di scuola, ma preferivo non affidarmi e fidarmi troppo perché avevo l'impressione che mi stesse addosso per arrivare a mio fratello. Di lui che posso dire? Il classico ragazzo bello e irresistibile che tutte vorrebbero; capitano della squadra di hockey e gran donnaiolo. Caratterialmente eravamo agli antipodi, come si può immaginare.

La campanella d'inizio lezione suonò e mi strappò dai miei pensieri. L'ora passò in fretta, ma forse ero di parte perché amavo profondamente la letteratura inglese.

Uscii dall'aula e mi recai al corso successivo, dove avrei incontrato Marzia, la mia compagna di stanza. Ogni volta che ci beccavamo a lezione, si sedeva accanto a me e iniziava a spettegolare su tutto e tutti, anche sugli intrecci amorosi tra insegnanti. Quella ragazza sembrava ogni giorno più stupida e superficiale, e ogni giorno mi convincevo che non sarebbe mai diventata una vera amica per me. All'inizio mi ero chiesta se quel suo comportamento fosse solo una facciata, della serie: faccio la scema e divento padrona del mondo, conquistando ogni ragazzo respiri. Invece no, era vuota proprio come appariva.

Dopo avermi bombardato con le novità sulla vita sessuale della preside, iniziò l'argomento che più mi eccitava: Brian, mio fratello. Il sarcasmo era il mio migliore amico, ma lei proprio non ci arrivava e continuava sulla sua strada tipo rullo compressore.

«Con chi esce ora?»

«Ci sta provando con le gemelle.» le risposi, sapendo di non avere altra scelta se volevo togliermela dai piedi.

«Quelle more o quelle rosse?»

«Le rosse gliel'hanno data un mese fa, è storia vecchia ormai. Ora è il turno delle more.»

Sbuffò irritata. «Secondo te ci cascano?»

La guardai con un sopracciglio inarcato. «Me lo stai chiedendo davvero?»

«Hai ragione.» Fece un ringhio mettendosi le mani fra i capelli mossi. «Perché non provi a parlargli di me?»

«Voglio restarne fuori. Lui non s'immischia nella mia vita privata, io non metto bocca nella sua.»

«Mangiamo con lui oggi. Tu non dovrai fare né dire niente: ci penso io.» Era davvero cocciuta!

«Se ci sono posti al suo tavolo.»

«Tanto lo sanno tutti che te ne lascia sempre uno libero» cinguettò battendo le mani.

Lasciai cadere il discorso aprendo il libro di storia dell'arte e immergendomi nelle sue pagine, sperando che un uragano la spedisse in Antartide risparmiandomi la pausa pranzo in sua compagnia.

Due ore dopo, Marzia ed io ci stavamo dirigendo a mensa, perché purtroppo nessuna calamità naturale si era abbattuta sulla scuola. Lei era su di giri perché finalmente aveva ottenuto il golden ticket per il tavolo dei fighi, io pregavo di non trovare quei posti.

Appena entrati, la mia "amica" percorse a gran passi l'ampia sala piena di tavoli e si diresse a colpo sicuro a quello di mio fratello. Salutò con un tono smielato tutti i commensali, poi ammiccò in direzione di Brian facendogli anche l'occhiolino. Vomitare davanti a tutti sarebbe stato inopportuno? Distolsi lo sguardo da quella scena pietosa e i miei occhi incontrarono quelli di Jason Cooper, migliore amico e compagno di stanza di Brian. Arrossii come al solito e riportai l'attenzione a mio fratello. Quel ragazzo era bellissimo, così bello che ti faceva sentire inadeguato, un comune mortale che non può avvicinarsi ad un dio. E avevo una piccola cotta per lui, da sempre. Giuro, era davvero minuscola e mi ricordavo a stento della sua esistenza.

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