La verità che non ti aspetti

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La verità che non ti aspetti

Dall'incontro con Steve erano trascorsi due giorni, durante i quali c'eravamo scambiati sms. Ero contenta di averlo di nuovo vicino e di sapere che avrei potuto contare su di lui per ogni cosa, come mi aveva scritto la sera precedente. Quella contentezza però non riusciva a contrastare ciò che provavo per il litigio con Jason. Erano passati tre giorni interi da quando avevamo litigato e mi preparavo psicologicamente ad affrontare il quarto. Ebbene sì: necessitavo di una preparazione mentale. Non stavo diventando matta, almeno non del tutto, ma l'idea di vedere Jason parlare con mio fratello a mensa, o sorridere e divertirsi con i suoi amici, mi feriva. La colpa era solo mia e del mio stupido e inutile orgoglio.

Quando il giorno precedente aveva riprovato a parlami, mi ero liberata di lui correndo via, letteralmente. E il motivo non era solo il battibecco ma anche la paura che mi facesse il terzo grado su Steve. Dopo quel tentativo non ne fece altri ed io mi tenevo alla larga da lui e dai posti che sapevo frequentava.

A mensa era inevitabile non beccarlo, ma mangiavo in fretta e lasciavo la sala a testa bassa per non dover parlare con nessuno.

Anche ora ero seduta a spiluccare i miei tristissimi cetrioli non riuscendo a non gettare, di tanto in tanto, occhiate a quello splendido ragazzo che avevo perso. Alla fine era così importante che si fosse avvicinato solo perché glielo aveva chiesto Brian? Dovevo forse rassegnarmi che quella sarebbe stata sempre la storia della mia vita? Con la mia testardaggine e il mio orgoglio, non era affatto facile mandar giù la consapevolezza che chi si avvicinava o allontanava da me veniva stabilito da Brian. Volere una vita mia e avere libero arbitrio era forse chiedere troppo?

«Che ti hanno fatto quei poveri cetrioli?»

Alzai lo sguardo svogliatamente. «Ciao, Bart» borbottai.

Si lasciò cadere sulla sedia e poggiò il mento sulla mano restando a squadrarmi per un tempo che sembrò infinito. «Dovete far pace.»

«Non sono affari tuoi.»

«Lo sono eccome, visto che se la prende con me!»

Inarcai un sopracciglio. «Perché?»

Sospirò scuotendo la testa. «Quando gli rode il culo si sfoga su di me, ma solo perché io glielo lascio fare. Non è bravo a confidarsi con le parole, quindi lo fa con insulti e pugni.»

«Si comporta da ragazzino...»

«Non è il solo!» Mi rivolse un sorriso divertito che mi urtò i nervi.

«Dovevo aspettarmelo che stai dalla sua parte» borbottai risentita e addentai una rondella di cetriolo.

«Non sto dalla parte di nessuno perché entrambi avete le vostre colpe. Lui ha di sicuro sbagliato a tenerti nascosto il favore che gli ha chiesto Brian, ma come faceva a dirtelo senza che ci rimanessi male? Ci tiene sul serio a te.»

«Lo so, ma...» Sbuffai e diedi un'occhiata veloce al suo tavolo. Lo sorpresi a guardarmi con aria torva.

«Tu sbagli nel tenergli il muso. Anzi, a ignorarlo completamente. Ci sta male, sai?»

Infilzai una foglia di lattuga più e più volte. «Non voglio parlargli mai più.» Stavo male solo all'idea ma non sarei tornata sui miei passi.

«Siete due scemi!»

«Se hai finito con gli insulti, finirei di mangiare.»

«Oggi c'è la maratona...»

Lo fulminai con lo sguardo. «Non contate sulla mia presenza.»

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