Capitolo 1

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"Quanto sono belle le stelle?!" penso, mentre sono persa a fissarle dal tetto di casa.

Ogni volta che sono agitata esco dalla finestra di camera e mi siedo in quel piccolo angolo di tetto che sporge per ammirarle. È un rito che faccio da quando son bambina, perché mi rilassa. Mi fa sentire libera. Libera da quelle catene che la vita cerca di impormi.

Sono le tre di notte, e come al solito non riesco a dormire. Domani partirò per il college.

Il college, finalmente! Ho aspettato a lungo questo momento e anche se sembra scontato sarà davvero un nuovo inizio. Non vedo l'ora di andarmene da questo posto. Ho voglia di lasciarmi tutto alle spalle e creare una nuova me.

Per questo motivo ho deciso di trasferirmi in un altro stato. Andrò alla New York University per studiare criminologia. Mi ha sempre affascinato questo mondo. Fin da bambina amavo i gialli, amavo il mistero, forse ne ero incuriosita perché a casa nostra il clima non è mai stato dei più miti; non eravamo la tipica famiglia felice, o perlomeno la mamma cercava di farlo sembrare agli occhi degli altri, ma in realtà non era così. Ero ancora troppo piccola per capire certe cose ma di certo non lo ero abbastanza da non rendermi conto che qualcosa non andava, sentivo che dietro agli sguardi di mamma e papà c'era nascosta una fitta rete di intrighi. I misteri mi hanno sempre affascinato perché mi piace l'adrenalina che si prova quando si è sulle tracce di qualcosa. Ma la passione per la criminologia mi è nata dopo; mi sono sempre domandata cosa porta certe persone ad agire in una determinata maniera.. cosa succede nella loro mente che fa oltrepassare il convenzionale limite morale, fino a commettere crimini? Me lo sono sempre chiesta dopo che mio padre .....

No! Non voglio pensarci, non devo pensarci, mi fa troppo male ... Alzo lo sguardo e vedo che il cielo sta iniziando a schiarirsi. Ammiro per l'ultima volta il panorama. Questo sarà l'unico angolo della città che mi mancherà. Ogni volta che stavo male, o avevo bisogno di nascondermi, venivo qui: era il mio rifugio.

Rientro in camera, guardo la sveglia sopra il comodino: segna le cinque. Mi sembra che il tempo sia volato. Tra poco si sveglierà mia madre. Che palle! Al solo pensiero di sentirla sbraitare per tutta la casa mi sale il nervoso. Mi sono sempre domandata come una persona possa trovare tutta quell'energia a quell'ora del mattino. Sarà uno dei miei misteri della vita, penso sorridendo. Per fortuna dovrò sopportarla ancora per poco. Decido di andare a fare una doccia. Mi dirigo verso l'armadio ma poi mi ricordo che ormai tutti i miei vestiti sono negli scatoloni per la partenza. Ho lasciato fuori solo un paio di jeans, una maglietta e una felpa per il viaggio. Sono sicura che mia madre avrà da ridire anche sul mio abbigliamento, ma per viaggiare voglio essere comoda.

Quando esco dalla doccia mi sento carica e piena di adrenalina, ho fantasticato molto su New York. Non vedo l'ora di iniziare i corsi e conoscere nuova gente. Chissà come sarà la mia compagna di stanza, spero sia simpatica. Mi guardo allo specchio : ho decisamente gli occhi stanchi, ma d'altronde sono stata in piedi tutta la notte. Un po di trucco sistemerà tutto. Di solito me ne frego di ste cose, ma almeno il primo giorno alla NYU non voglio sembrare un zombie. Metto i vestiti e poi mi asciugo i capelli: non li curo più di tanto, mi piacciono un po mossi, "un po ribelli" come me.

-Jenny! La colazione, muoviti o faremo tardi!- urla mia madre dal piano di sotto.

Eccola che incomincia.

- Arrivo mamma, arrivo!- sbuffo.

Prendo le mie amate converse rosse e le infilo. Queste scarpe le amo, nonostante ormai siano vecchie. Oltre ad essere comode, sono state un regalo di Louis, prima che si trasferisse ad Orlando con la sua famiglia. Pensare a Louis mi fa sorridere, ma mi incute anche tristezza.

Già quando si trasferì nel nostro quartiere all'età di sei anni, Louis mi aveva incuriosito molto. Era un bambino strano. Strano perché non faceva le cose che facevano tutti, e per questo lo sentivo molto più vicino a me, forse perché eravamo strani a modo nostro entrambi. È sempre stato molto intelligente: a nove anni aveva già creato il suo primo software per craccare il sistema Apple e togliere la password che suoi avevano messo al computer, per evitare di farlo giocare ai videogames. Nonostante questo però lui non era il tipico nerd, ma un vero e proprio genio dell'informatica. Passavamo molto tempo insieme, e Lou era il mio compagno di avventure per "le missioni di Jenny", come era solito dire quando passavamo il pomeriggio a far finta di essere delle spie super segrete. Quante risate. Louis è stato il mio primo e unico migliore amico e quando mi disse che i suoi volevano trasferirsi a Orlando sentii una fitta al cuore. Inizialmente mi arrabbiai molto con lui, non volli parlargli per una settimana. Mi sentivo tradita, pensavo che mi stesse abbandonando. Lui era l'unico appoggio che avevo, l'unico che mi aveva sempre capita. Lui era l'unico che sapeva tutto, come poteva abbandonarmi? Poi compresi che non era una sua scelta . Il giorno dopo il mio 15esimo compleanno partì e di lui mi rimasero solo le converse rosse e le telefonate via Skype.

ICEBERGDove le storie prendono vita. Scoprilo ora