Domenica mattina.
Sono quasi le nove del mattino quando apro gli occhi. Il raggi del sole tiepidi entrano dalle fessure lasciate dalle grosse tende di velluto, e illuminano la stanza. Mi sento esausta; ho preso sonno solo verso le cinque perché continuavo a ripensare a Niall e a tutti quegli interrogativi. Alla fine dopo la passeggiata si è offerto di riaccompagnarmi al dormitorio perché non riuscivo a trovare Megan e Liam. È rimasto in silenzio per tutto il tragitto, ma neanche io sapevo bene cosa dire; penso che la discussione che abbiamo avuto, abbia irrigidito il clima a entrambi. Mi restano comunque ancora le mille domande sul suo conto su cui voglio avere una risposta.
Meg non è rientrata, immagino che alla fine abbia passato la notte con Liam. Mi alzo dal letto con le movenze di un bradipo, stranamente mi sento a pezzi. Di solito sono una persona iperattiva, ma il viaggio, New York e tutti i suoi segreti mi hanno stremata. Decido perciò di fare una doccia per svegliarmi bene, poi andrò a fare colazione. Ho intenzione di fare delle compere per rendere l'appartamento più carino, dopo tutto è la mia nuova casa. Dopo essermi vestita rigorosamente con t-shirt, jeans e converse rosse, esco dalla stanza e mi dirigo alla caffetteria. È domenica mattina il sole splende e il cielo è di un azzurro superlativo: la giornata sembra essere delle più serene. Il bello del Greenwich Village è che è un quartiere molto vivibile. Si distacca completamente dalla tradizionale immagine della Grande Mela. Infatti molti dicono che il Village è il luogo " in cui i grattacieli lasciano posto a edifici più a misura d'uomo, così che anche il sole possa raggiungere le strade". In effetti è così, credo che sia questo quartiere la vera essenza newyorkese. Mentre cammino per strada, non mi sento fuori posto, anzi mi sento più a casa qui, di quanto mi sentissi a Chicago. Arrivata nella Bleecker Street faccio colazione al Caffè Vivaldi, perche ho notato che servono il caffè espresso. Essendo la mamma italiana, non ha mancato di trasmettermi le sue tradizioni, e devo dire che di questo le sono molto grata. Siamo andati in vacanza in Italia ogni estate quando ero bambina, poi dopo aver compiuto cinque anni, abbiamo smesso di tornarci. Non ho mai saputo il motivo, so solo che da quell'anno sono iniziati i problemi. Mi piaceva stare li. La mamma è nata in una piccola cittadina sul mare chiamata Bordighera, nella Liguria. Quel posto mi sembrava idilliaco: l'incontro perfetto tra la tranquillità del mare e l'irruenza delle montagne che si affacciavano su di esso. Avevo migliorato anche il mio italiano passando le giornate con una bambina che abitava vicino a casa nostra; si chiamava Alessia, ricordo che all'inizio facevo fatica perfino a pronunciare il suo nome. La mamma ci teneva molto che imparassi l'italiano, diceva che era una parte di lei e perciò anche una parte di me, e non voleva che lo dimenticassimo. Sinceramente neanche io.
Assaporo l'ultimo sorso di caffè. Delizioso. Sono seduta ad un tavolino vicino la vetrata del locale che da sulla strada e continuo a osservare il via vai della gente. Trovo rilassante ammirare New York in quella che è la sua vita quotidiana. All'angolo un gruppo di artisti di strada si esibisce in musica jazz, regalando un sorriso ai passanti. Penso che sia tutto perfetto. Ad un certo punto tra i volti dei passanti noto un ragazzo in lontananza dai tratti famigliari, ma solo quando si avvicina lo riconosco: è Niall. Mi accorgo che non è da solo, con lui c'è una ragazza. È molto bella, alta, con capelli corti e biondi (sicuramente tinti) . Indossa dei jeans neri molto stretti, una camicia bianca e un cappello nero. I due conversano allegramente. "Chi cazzo è quella zoccola?!" attacca il diavoletto della mia coscienza. "Jen, lo conosci appena è normale che stia con altre donne, chi cavolo pensavi di essere la regina Elisabetta?" ribatte l'angioletto, nonché la parte più razionale. Devo ammettere tuttavia, che la cosa mi infastidisce, perché ripensando alla chiacchierata di ieri sera, avrei voluto che fosse andata così. Niall ride. Ha davvero un sorriso stupendo. Ok Jen, se continui su questa strada ti prenderanno per una maniaca, penso. Sembra molto rilassato e a suo agio, vorrei che fosse così anche quando è con me ... forse quella è la sua ragazza.. oppure è la ragazza di cui parlava la Donna in divisa. Odio tutto questo. Ho mille domande che mi frullano per la testa e zero risposte. Dovrò indagare di più su Liam per capire cosa sa lui. Si avvicinano sempre di più e mi rendo conto che i due si stanno dirigendo proprio nel Caffè in cui mi trovo. Merda! Proprio qui dovevano venire?.
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ICEBERG
FanficJennifer è una diciottenne di Chicago. Si trasferisce a New York per incominciare una nuova "normale" vita da studentessa universitaria cercando di dimenticare il trascorso doloroso della sua infanzia. Marionetta di un progetto più grande di lei, se...