Chapter V: Escape

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[Montgomery]

Era sera, le guardie facevano la ronda normale e questo voleva dire esattamente 10 minuti per scassinare il cancello e scivolare fuori dalla gabbia nella quale ero rinchiusa. Non riuscivo a capire come Kris potesse sentirsi bene lì dentro senza aria, luce e vita.

I capelli erano raccolti in una treccia laterale che ricadeva lunga su una spalla ed erano nascosti alla cute da un cappello verde petrolio, i pantaloni in stoffa logori e la vecchia camicia di mio padre. Allacciai gli anfibi impolverati e mi preparai all'azione. Arrivai al cancello subito dopo che la guardie si furono girate, afferrai una forcina e in meno di 5 minuti avevo aperto la serratura, me ne mancavano 5 per scivolare fuori e correre a più non posso verso il mondo esterno.

Aprii la porta facendo rumore, le guardie si voltarono, ma loro erano lontane ed io avevo qualche metro di vantaggio. Mi intrufolai nello spiraglio e corsi a più non posso sui sassi del viale.

Le scarpe scivolavano lì sopra, ma sapevo che dopo al massimo un kilometro si trovava la città e quindi dovevo andare al massimo ancora per un po'.

-Signorina si fermi!- sentii gridare in lontananza e questo mi fece correre ancora di più spingendo sulle punte dei piedi che sbattevano sul cuoio spesso degli stivali.

Andiamo, sono a metà, aumenta, accelera!

Poi finalmente vidi la fine e già sorridevo mentre pensavo a dove sarei andata come prima tappa. Gli alberi alti posti alla fine si facevano sempre più vicini e il luccicare del palazzo sempre più lontano. Il sole mi fece socchiudere gli occhi. Finalmente vedevo anche l'inizio dei primi palazzi diroccati. Aria!

Corsi fuori dall'area della famiglia reale sbucando tra i primi palazzi abbandonati, ma senza smettere di correre. Dovevo raggiungere il centro e perdermi tra la folla.

Finalmente ero arrivata nel mio mondo.

[Kris]

Camminavo per il corridoio diretta alla sua stanza. Era uno scherzo, non poteva essere scappata davvero.

-Kris- non ascoltavo, ero diretta per la mia strada.

-Kristen- trovai Ashton davanti alla porta di Liset.

-La signorina Liset è qua dentro insieme alla sua insegnante- disse lui serio. Io annuii gelida proseguendo verso la porta di Momo.

-Kristen Styles!- gridò Harry dietro di me, ma si zittì appena i miei occhi glaciali si posarono nei suoi. Proseguii imperterrita per la mia stanza sentendo uno sbuffo correre dietro di me.

-Soldato Luke!- gridai vedendo la guardia di Montgomery venire verso di me.

-Non era con me, era il momento del cambio, dovevo ancora arrivare. Mi spiace sua maestà, non era mia intenzione perderla- si inchinò abbassando il capo sul ginocchio.

Mi sentii ancora più irritata. Montgomery, perchè non mi parlavi....

-Non serve a niente inchinarsi. Alzati, va a chiamare il Maggiore Castiel. Tra dieci minuti nell'atrio- mi girai lasciandolo allibito e trovando un Harold sbalordito. Lo ignorai sorpassandolo e dirigendomi verso la nostra stanza.

Ero decisa a ritrovarla e sapevo cosa fare. Così quando entrai nella camera mi precipitai all'armadio di Harry aprendolo.

-Cosa pensi di fare Kris?- urlò quest'ultimo entrando e chiudendosi la porta alle spalle.

-Vado a cercarla- dissi io afferrando una camicia bianca semplice e un paio di pantaloni marroni. Potevano andare.

-Non puoi andare...- cercava di fermarmi, ma non mi avrebbe smosso.

-Nessuno la riconoscerà vestita come una Quattro. Io la conosco, so dove trovarla- iniziai a slacciarmi l'intricata acconciatura di quella giornata.

-Kris è pericoloso, tu sei la regina, se ti dovesse succedere qualcosa? Cosa succederà se qualcuno ti riconoscerà?- si avvicinò a me bloccandomi le mani e facendo aderire il suo petto alla mia schiena. Sentii un brivido ttraversarmi il corpo, ma mi ripresi subito allontanando le sue dita e riprendendo il lavoro.

-Non mi riconosceranno. Sembrerò una Tre al massimo- fini sciogliendo i capelli e riallacciandoli in una coda spettinata e veloce, oramai erano troppo corti per uno chignon da lavoro.

Tolsi i gioielli sotto gli occhi ora preoccupati di Harry.

-Non è una buona idea, lascia andare solo Castiel e Luke...- mi girai spazientita.

-Io lì in mezzo ci sono cresciuta. So come funziona la gente e il massimo della pericolosità, se ti adegui a loro, e ritrovarti un po' sporco. Dovresti imparare a mettere il naso fuori da palazzo prima di poterlo governare- si zittì, ma potei vedere la rabbia scorrere dentro di lui. Strinse i pugni e mentre slacciavo i bottoncini del vestito la sua mano mi strappò bruscamente dal mio lavoro.

-Sei una regina ora, devi sottostare alle regole del Palazzo, alle regole dello stato e soprattuto alle mio regole. Tu non uscirai che ti piaccia o no, ti è chiaro?- mi gridò contro rosso in viso.

-Io non sono un oggetto- sibilai a denti stretti. Lui scoppiò in una fragorosa risata amara.

-Da quando hai messo piede qui dentro lo sei- e mentre cercavo di riprendermi uscì dalla camera sbattendo la porta alle sue spalle. Sentii la serratura scattare segno che era stata chiuse a chiave. E la sensazione di essere intrappolata dentro una prigione di oro e diamanti torno a farsi viva nella mia mente.

Mi sedetti a terra lasciando il vestito mezzo aperto scivolarmi attorno. Un lacrima silenziosa mi rigò la guancia. Io non volevo questo. Io non ero questo.


[Montgomery]

Ero arrivata nella piazza centrale. Chi l'avrebbe mai detto che era così movimentata? Mi calcai il berretto in testa guardando i banchetti del mercato raccolti sul perimetro esterno mentre nel centro una ragazza cantava una canzone in spagnolo.

Sorrisi involontariamente camminando a passo deciso tra la calca caotica di quella città. Si vedevano i lavoratori sporchi, i senza tetto, i servi e le persone più ricche ai lati. La stessa cantante sarà stata al massimo una Tre non molto ricca. Eppure tutti sorridevano nonostante gli strati di lerciume che ricoprivano pelle e vestiti.

Mi avvicinai al primo banchetto, esponeva pane frumato.

-Hey, vuoi un assaggio? E' il miglior pane della città!- chiese un ragazzo dalla pelle olivastra e dal viso coperto di farina. Ridacchiai prendendo un pezzo della baguette che mi porse. Gli diedi un morso e mi sentii estasiata: semplice, non lievitato bene e con il normale gusto di farina. Gli avanzi della panetteria che costavano meno ed erano accessibili a quasi tutti.

-E' magnifico. Complimenti- sorrisi sorniona -se avessi dei soldi con me te ne comprerei sicuramente una- ridacchiai fissando una piccola pagnottina nera. Lui mi fissava con un sorriso dolce sul viso, poi prese la fonte del mio interesse e me la porse.

-E' tua- mi disse porgendomela. Allungai subito la mano per prenderla e lui ritrasse la sua.

-Ma la devi pagare, non la posso dare gratis. Ti sembra?- sorrise in un modo buffo e malizioso sporgendo il naso a patata verso di me facendomi ridere.

-T'ho appena detto che non ho soldi...-

-Sciocca, non voglio quelli. Dimmi il tuo nome e questa succulenta meraviglia sarà tua- continuai a ridere come non facevo da tempo.

-Chiamami Mo- riuscii a rispondere tra una risata e l'altra.

-E tu puoi chiamarmi Calum. Ora devo andare a lavoro, ma tra dieci minuti aspettami davanti alla cantante. Piacere di averti conosciuta Mo- mi mise tra le mani il pane e mi baciò un dito. Sorrisi subito di rimando.

-Grazie mille Calum, ci sarò- poi mi allontanai mangiando quel pane dei poveri così mal fatto e dal sapore di casa. La mia felicità svanì alla svelta quando tra la folla notai due divise delle guardie reali avvicinarsi a me. Una dagli occhi neri annoiati e l'altra dagli occhi azzuro cielo furenti.


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