Chapter XII: escape

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Luke mi teneva per mano mentre passavamo dietro gli alberi del grande viale. Nessuno doveva sapere della nostra fuga temporanea dal funerale ed il fatto che indossassimo gli stessi vestiti di sempre era un problema se volevamo passare inosservati. Comunque non ci importava né più né meno di niente, per me correre fuori da quella prigione voleva dire respirare e sembrava che anche a lui non piacesse propriamente il suo posto di lavoro.

Una volta raggiunto il cancello mi mise un dito sulle labbra per intimarmi a fare silenzio e ridacchiai appena mentre lui con finto sguardo arrabbiato mi ricordava che un solo rumore di troppo e la nostra fuga sarebbe stata vana.

Luke si avvicinò alla guardia, scambiò due parole e poi mi fece segno di andare da lui. Corsi dove mi fece segno mentre apriva la porta per il passaggio pedonale e distraeva il soldato di vedetta. Uscii in velocità sopra la strada sterrata sicura che Luke m'avrebbe ripreso appena possibile. Così non mi fermai, tolsi le scarpe eleganti in corsa sentendo i piedi graffiarsi sulle rocce, alzai leggermente la gonna così che mi fosse meno d'intralcio e non mi preoccupai di prendere fiato fino a quando due braccia forti che riconoscevo mi presero per il bacino buttandomi sull'erba di fianco.

Scoppiai a ridere mentre le mani di Luke mi stringevano a lui.

-Pensavo volessi andare fuori, non scappare da tutto e tutti- mi girai per fissare il suo viso a metà tra il divertito e l'arrabbiato. Gli posai un delicato bacio sulle labbra semplice e veloce.

-Beh, tutte e due a dir la verità- poi scivolai al suo fianco guardando il cielo e stupendomi di quanto potesse essere limpido in una giornata come quella. Alla fine mi stupivo anche di come facevo a ridere quel giorno, ma poi spostai gli occhi verso il volto dei Luke. I suoi pozzi azzurri mi fissavano mentre una mano era volata tra le mie onde more, quando le sue dita sfiorarono la mia guancia improvvisamente chiusi le palpebre lasciandomi cullare dalle scintille che invasero il mio corpo.

-Pure da me?- mi sussurrò dolcemente all'orecchio. Mi girai in modo che i nostri volti si specchiassero l'uno nell'altro.

-Perché dovrei fuggire da te? Sei probabilmente quello meno ipocrita in quella vetrina- sospirai pesantemente. Ora che neanche più Liset era con me non avevo motivo per rimanere, se non il fatto che fossi troppo piccola per andare via da sola e che mia sorella fosse la reale del Paese.

Lui però smise di sorridere e potei vedere un'ombra di delusione attraversargli le iridi limpide. Per la prima volta potei giurare di vedere uno spettro di paura in quel ragazzo così forte e misterioso.

Mi prese il volto con entrambe le mani mozzandomi il respiro e mi fu difficile concentrare tutte le mie attenzione sul suo aspetto serio e non sulla vicinanza che ci univa.

-Mer, non fidarti di nessuno. Il palazzo è pieno di pericoli. C'è molto più di quanto tu possa minimamente immaginare e...- si guardò velocemente in giro appurando che non ci fosse nessuno a sentirci –per tutto, ogni minima sciocchezza vieni da me. Finchè sarai con me non dovrai temere nulla. Mer, promettimelo- sembrava il discorso di un disperato, questo mi spaventò e mi fermai a riflettere sulle sue parole. Cosa stava dicendo? Cosa sapeva? Cosa non sapevo?

-Ti prego, non posso perderti- le ultime parole gli morirono sulle labbra mentre io sorridendo dolcemente in un modo pacato gli lasciavo un timido bacio sul naso.

Era meglio di mille parole quel gesto, lui lo sapeva, avrei fatto quello che mi avrebbe detto, in fondo era l'unico che ancora teneva davvero a me.

[Kris]

Stretta nella presa ferrea di Harry mi sentivo bene. Lì, nel nostro letto, non c'erano formalità, codici o regole; eravamo solo io e Harry. Lui era la mia casa e la mia totalità, questo non sarebbe mai cambiato. Le sue labbra toccarono la mia fronte soffermandovisi sopra un po' per infondermi più tranquillità che potesse.

-I vestiti che hai cucito sono bellissimi- ammiravo la sua solidità, non si scomponeva facilmente, per non dire quasi mai e con me era il più premuroso possibile. Sorrisi quando mi accorsi che cercava di distrarmi.

-Davvero mi chiedo come tu faccia a prendere della semplice stoffa e trasformarla in quei capolavori comunemente chiamati vestiti- il suo modo di parlare mi fece ridacchiare appena.

-Non esagerare, è solo il mio lavo...- mi fermai quando mi accorsi che quello non era più il mio lavoro. E una fitta di mancanza si fece sentire per l'ennesima volta. Io ero brava in fabbrica, non al trono.

-Kris?- mi sollevò il mento con un dito in modo che i suoi smeraldi si incastonassero perfettamente nei miei occhi scuri e anonimi.

-Harry... Io... vorrei essere brava a stare al tuo fianco tanto quanto lo sono nel cucito- e sorrisi tristemente accorgendomi che c'era voluto una morte per riuscire a confessare questo a mio marito.

-Tu la sei. Non avrei potuto fare scelta migliore- e il suo sorriso genuino e carico di convinzione mi diede l'illusione che davvero la fossi. Così sorrisi di rimando chiedendomi cosa lui avesse trovato in me, una normale ragazza del popolo, una come tante. Non più bella, non più intelligente, non più regale solo... io.

La porta si aprì di colpo e una guardia fece irruzione nella nostra bolla privata riportandomi alla realtà.

-Oh, mi scusi sua Maestà, ma abbiamo informazioni sull'uccisore della piccola- entrambi indossammo le nostre maschere invisibili mentre ci portammo a sedere.

-Castiel, le dispiace se ne riparliamo nello studio? Mia moglie vorrebbe riposare e questi discorsi non conciliano di certo il sonno- mi accarezzò teneramente la schiena e arrossii al fatto che mi avesse chiamato moglie.

-Certo. L'aspetto là sua maestà- e dopo un inchino si dileguò. Harry si alzò, si sistemò velocemente i vestiti e i capelli allo specchio, lasciò un bacio sulle mie labbra ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Io mi sdraiai sul materasso fissando il soffitto. Liset, mamma, papà, chi ancora doveva morire? 

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