La ragazza si mosse, barcollando, mentre si sentiva svenire.
Era la prima volta che succedeva.
Di solito non se ne accorgeva nemmeno.
Si diresse verso il letto di sua sorella - perché il suo era troppo lontano - e ci si buttò sopra, con i piedi sul cuscino e la faccia dall'altra parte. Stava davvero, davvero male, e lei non ne era abituata.
Il dolore aumentò da entrambe le parti, come in combutta contro di lei.
La ragazza strinse lo stomaco e iniziò a rotolarsi sul poco spazio, andando da una parte all'altra. Non ce la faceva più. Si sentiva come se una lama l'avesse trapassata da parte a parte e il suo corpo avesse cominciato a pulsare.
Odiava quella sensazione.
Forse come tutte le altre persone di quel mondo, ma lei in modo particolare. Non era minimamente abituata a provare certe cose, a soffrire tanto per una cosa così inaspettata.
Una fitta la colse all'improvviso, e cadde a terra, nel poco spazio in mezzo ai due letti della stanza.
Non aveva urlato. Non era quel tipo di persona che esternava il proprio dolore, quindi strinse i denti e fece finta di nulla.
Il pavimento era fresco, e la distrasse sia dal dolore sia dalla calura estiva. Era una sensazione piacevole e, per questo, aprì braccia e gambe con foga, come a fare l'angelo durante l'inverno dopo una nevicata - cosa che non aveva mai fatto a causa dei divieti dei suoi genitori -, e urtò l'aspirapolvere sotto il letto su cui prima era sopra.
Per poco non si mise ad urlare.
Ora doveva sopportare anche quello.
Con un broncio degno della sorella minore, si trascinò con le braccia - come facevano i militari nei film - fino al tappeto, prese il libro da sopra il letto e si rimise a leggere "La biblioteca dei morti" di Glenn Cooper.
Le mancava poco, meno di un centinaio di pagine. Avrebbe tanto voluto finirlo quel giorno, ma quei dolori lancinanti non ne volevano sapere di lasciarla stare. Rileggeva e rileggeva le stesse frasi più e più volte, ma senza risultato.
Si arrese.
Con non poca fatica si alzò, mise il libro sulla scrivania e andò a cercare tutti gli "attrezzi" necessari per il suo obbiettivo. Trovò il cappello che aveva dalla elementari sul letto di suo fratello - sotto al suo dato che era un letto a castello - e se lo mise in testa. Riuscì a identificare un groviglio bianco nel cassetto della scrivania e, con mosse goffe, riuscì anche a sciogliere il filo delle cuffie quasi subito. Andò in salotto e rubò uno dei tanti cuscini, senza farsi vedere da nessuno, facendo finta di essere una spia per cercare di distrarsi dal dolore. Dopodiché, tornò in camera e prese il cellulare. Ora rimaneva solo da sistemarsi.
Andò sul piccolo balcone, che collegava la cucina e la sua camera, condivisa con le due sorelle e con il fratello più piccolo, mise il cuscino a terra, si sdraiò, collegò le cuffie al telefono e accese la musica.
La riproduzione casuale aveva acceso una delle sue canzoni preferite, "How to save a life". L'aveva trovata per caso, grazie alle sue compagne di scuola, e da due mesi non faceva altro che ascoltarla.
Sotto al sole delle tre, chiuse gli occhi e provò a rilassarsi.
Non le piaceva starci troppo, ma amava la sensazione del calore sulla pelle; la faceva sentire protetta e al sicuro.Ma anche così, il dolore continuava a persistere.
Dopo aver provato per una ventina di minuti, la ragazza si alzò e rimise le cose apposto.
Dannato ciclo, pensò. Devi morire.
E si sdraiò di nuovo sul letto di sua sorella, contorcendosi dal dolore.
25/06/2015
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Archivio Ellymese di Cultura Generale
RandomIn questo archivio (ringrazio una mia carissima amica per il titolo fantasioso, lol) raccoglierò tutte le os che ho scritto e scriverò in futuro, e tutte quelle che ho scritto per i vari concorsi. Ringrazio tutti coloro che passeranno a dare un'occh...