Il cielo di stasera

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Gioia - dimenticatoio - aspirapolvere

Scesi dal letto in silenzio, stando attenta a non far rumore e sobbalzando ogni volta che il vecchio legno scricchiolava. Quando toccai il freddo pavimento, tirai un sospiro di sollievo, grata di non aver svegliato nessuno. Mi vestii velocemente, cercando di non fare il minimo rumore, presi la giacca che mi accompagnava da anni nelle mie avventure, le vecchie chiavi malconce che avevo da quando frequentavo la prima media e, finalmente, uscii.

Era passata l'una di notte già da un pezzo, ma sentivo lo strano bisogno di uscire fuori, all'aperto, per bearmi della luce della luna e delle stelle, dell'aria notturna e degli animali che si aggiravano in quelle tenebre così invitanti.

Rallentai il passo e ripresi fiato, alzando il viso verso l'alto. Un sorriso curvò le mie labbra, violacee per il freddo di quella notte d'inverno, e spalancai gli occhi a quella vista così magica. Le stelle sembravano delle piccole luci, come quelle che si mettevano sull'albero fuori dall'orfanatrofio alla vigilia di Natale. La luna era invece quella pallina sempre vicina alla punta dell'albero che non riuscivo mai a prendere da piccola, così bella e irraggiungibile.

- Sembri una bambina che ha appena incontrato il suo idolo. - Un brivido corse lungo la mia schiena e mi voltai, ma non vidi nessuno. - Avevi una faccia così buffa.

Alzai lo sguardo verso la grossa quercia che avevo accanto e fissai la figura seduta su uno di quei grossi rami. Non la vedevo bene perché era contro la luce della luna, ma dal tono che aveva usato sembrava deridermi. Socchiusi gli occhi, cercando di vedere meglio, mentre la figura faceva dondolare le gambe magre nel vuoto. Rimanemmo in silezio per qualche minuto, solo con i rumori della città e degli animali come sottofondo, poi mi stufai.

Mi sedetti sul prato, già ricoperto della brina della notte, e ignorai quella persona. Dalla voce e dalla corporatura, sembrava un ragazzo della mia età, quindi non mi preoccupai molto di ciò che avrebbe potuto farmi o dire alla direttrice. Al massimo, la donna che mi aveva cresciuta mi avrebbe costretto a passare l'aspirapolvere per tutto l'istituto, come quando avevo dodici anni e avevo preso il mio primo votaccio a scuola.

Continuai a guardare le stelle e a ricordare quei momenti ricchi di gioia e nostalgia. Presto me ne sarei dovuta andare.

- Ehi.

La voce del ragazzo risuonò nel buio della notte, facendomi sobbalzare leggermente. Non risposi.

- Ehi.

Mi richiamò di nuovo, ma continuai a ignorarlo.

- Ehiiiiilà.

Stava diventando alquanto fastidioso, e stava anche rovinando una delle mie ultime sere all'orfanatrofio.

- C'è ness...

- Ma zitto. Sei fastidioso.

Anche se non lo vedevo bene, mi sembrò che sorridesse.

- Ma come, non ti ricordi?

Non mi piacevano le persone che parlavano per indovinelli, né quelle che alludevano a qualcosa che io non sapevo.

- Cosa dovrei ricordare?

- Non si risponde a una domanda con un'altra domanda, è maleducazione.

Sbuffai. Non sarei andata a finire da nessuna parte in quella maniera, così mi chiusi nel mio silenzio e ricominciai a fissare le stelle.

Dopo un silenzio che sembrò durare ore, il ragazzo parlò di nuovo. - "Le stelle ci guarderanno sempre, e saranno la nostra carta e le nostre parole. Ci guideranno e saranno fedeli, fedeli al giuramento che abbiamo fatto. Il nostro legame sarà unito dalle stelle e dalla luna, non ci divideremo mai davvero".

Quelle parole rieccheggiarono nell'aria e nelle mie orecchie. Mi sentivo mancare. Solo una persona conosceva quelle parole, ma quella stessa persona se ne era andata molti anni prima.

Aprii la bocca per parlare, ma non ne uscì nulla. I ricordi affiorarono come se avessi tolto la tanta polvere accumulata su un vecchio scaffale, e, nello stesso momento, mi tornarono in mente alcune parole della direttrice. Mi disse che i giorni potevano sbiadire, che potevano anche sparire, ma che non lo avrebbero mai fatto del tutto; ma che invece se ne sarebbe andati in un posto ben custodito del nostro cuore. Il dimenticatoio dell'anima.

Il ragazzo scese dalla quercia con un salto e si avvicinò a me, ancora seduta a terra e stordita dai ricordi di un bambino con folti capelli biondi che correva insieme a una bambina con corti capelli scuri.

- Vedo che sei cresciuta, Mel.

La voce mi uscì debole e tremante. - Anche tu, Druy.

24/11/2015

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