Un disegno d'autunno

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Il ragazzo si asciugò il sudore dalla fronte. Amava andare in montagna, soprattutto perché erano rare le volte in cui il padre aveva da sbrigare degli affari in luoghi così in periferia, quasi in piena natura. Alzò il viso al cielo, coprendo gli occhi con un braccio per la luce troppo forte, e sorrise. Già, amava davvero la natura, e quella splendida giornata d'autunno non faceva altro che accrescere quel suo sentimento. Il cielo chiaro e limpido con solo qualche nuvola solitaria in giro, il vento leggero e fresco, l'aria pulita e piena degli odori della foresta, e, infine, i colori: erano la parte migliore. La foresta aveva iniziato a cambiare il suo manto, preparandosi al rigido inverno che stava per arrivare, e si stava rivestendo dei colori più belli che lui avesse mai visto: il giallo ocra del grano in estate, il rosso scarlatto delle mele in autunno, il marrone dei campi in inverno, e, infine, il colore che in qualche modo sopravviveva sempre, come una promessa di ritorno, il verde dei prati in primavera.

Il suo entusiasmo crebbe, e gli venne spontaneo sorridere a quel luogo che ai suoi occhi sembrava così magico e irreale.Sistemò meglio lo zaino sulle spalle e riprese a camminare, continuando a guardarsi intorno e contemplando tutta quella bellezza che lo circondava. Vedeva scoiattoli in cima agli alberi che si affaccendavano, raccogliendo noci e noccioline, alzandosi sulle zampe posteriori per controllare la zona circostante.

Un tremito scosse le mani del ragazzo: aveva una voglia matta di toccare quelle paffute e morbidissime guance che sembravano invitarlo. Ma si trattenne: non avrebbe fatto nient'altro che dare fastidio a quei carinissimi animali, che non meritavano certo di essere inseguiti per tutta quella immensa foresta da un tizio qualsiasi che amava le cose carine. Come quelle guanciotte che si ritrovavano.

"Ugh" pensò il ragazzo. Scosse il capo, tornando alla realtà e riprendendo a camminare (non si era nemmeno accorto di essersi fermato a guardare quegli animali così piccoli e dolci), cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio di quel posto.

Ad un certo punto, si fermò, rimanendo immobile e chiudendo gli occhi. Aveva guardato abbastanza: il colore delle chiome degli alberi e il sottobosco di mille sfumature, gli scoiattoli che si rincorrevano e che preparavano le scorte per l'inverno, il cielo terso. Ora voleva semplicemente ascoltare i suoni della foresta, cogliere altri dettagli di quella natura incontaminata.

In lontananza, sentiva il fluire lento di un ruscello e già si immaginava lì seduto, con il suo blocco da disegno in mano, mentre imprimeva quel momento di pace su un pezzo di carta.

Tu tu. Tu tu.

Alzò il viso verso l'altro, sentendo un picchiettio. Sorrise, forse era un picchio.

Sollevò le braccia all'aria e inspirò profondamente. L'aria era fresca, carica di tutti gli odori della foresta e il vento si era alzato leggermente, sollevando le foglie tutte intorno a lui in una danza disorganizzata, ma stupenda, piena di tutti i colori della natura. Sentiva il fruscio del fogliame, il muoversi furtivo dei piccoli animali nascosti. Restò così per qualche altro secondo, per poi abbassare le braccia e aprire gli occhi, fissando il cielo, sicuro di avere quel sorriso che compariva solo le poche volte in cui era felice.

Perché in quel momento era davvero felice. Non quando il padre lo ignorava costantemente, come se lui non esistesse, o come faceva la madre, trattandolo come uno dei dipendenti che tanto avrebbe voluto licenziare e non rivedere mai più. Non come quando stava con i suoi "amici", che gli ronzavano intorno solo per avere qualcosa in più, sapendo quanto fossero ricchi i suoi genitori. Odiava il loro comportamento. Odiava loro per avere paura e cercare di avere qualcosa dai suoi genitori e non da lui. Voleva solo un amico con cui parlare di una delle tante cose insignificanti di questo mondo, del tempo o dei loro hobby e sogni. Chiedeva forse troppo?

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