Ricordi estivi...

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Teen Fiction~ 2a prova di OneShot ClaviaButera

Se qualcuno mi chiedesse di scegliere tra una bella uscita con gli amici e una tranquilla (si fa per dire) serata a casa mia, circondata da tutti i miei familiari, opterei sicuramente per la seconda. Non perché io non ne abbia (anche se sono pochi e non sono sicura di poterli ritenere davvero dei veri amici), ma perché, conoscendomi, mi sentirei perennemente a disagio e desidererei tornarmene a casa, a chattare con quelle persone con cui non proverei mai quel tipo di sensazione.

Sono un tipo di persona che non ama molto stare in mezzo alla gente, ma a cui piace fantasticare su essa. Certe volte, mi piace immaginare una qualsiasi storia sulla loro vita. Ad esempio, il ragazzo seduto sulla panchina davanti alla mia finestra che sta fumando, e mi sta fissando, non potrebbe essere un infiltrato del FBI in Italia, arrivato fin qua per investigare su qualcosa? O un alieno arrivato da un pianeta lontano in missione per osservarci, prima di doverci conquistare? O peggio ancora, un serial killer che mi ha preso di mira? In un certo senso, preferirei la terza opzione. Almeno un ragazzo, nella mia breve e insignificante vita, si sarebbe interessato a me, anche se avesse voluto farmi fuori. Cosa alquanto poco probabile dato che me ne sto sempre in casa e non conosco quasi nessuno.

Ma allora perché mi sta facendo un cenno con la mano? Strano.

Lo saluto, tanto non lo rivedrò più quasi sicuramente.

Lui sorride, ancora con la sigaretta in bocca. Quell'affare è un biglietto che porta dritti alla morte, se non viene stracciato il prima possibile. E ha un sapore davvero orribile. Come fa a piacere alla gente?

Devo aver fatto una smorfia, perché lui inizia a ridere, togliendosi la sigaretta di bocca e la usa per indicarmi, come a invitarmi a provarla. Ma cosa vuole?

La spegne, calpestandola sul marciapiede, mentre continua a osservarmi con sguardo beffardo. Ma cosa cavolo vuole da me?

Mi hanno sempre detto che è facile leggere le emozioni sul mio viso, ma adesso è davvero troppo. Mi saluta di nuovo, si volta e se ne va. Credo che abbia capito che sono arrabbiata. Ma perché lo sono? Forse per la sigaretta che ha lasciato a terra? O perché mi ha letta così in fretta? Non lo rivedrò più, tanto vale non pensarci troppo.

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Come ogni mattina di quest'estate, alle otto mi metto seduta sul davanzale della finestra a leggere. Non dormo molto la notte, non l'ho mai fatto e non ne conosco il motivo. Ma non mi importa granché, anzi, la maggior parte delle volte sono stata davvero felice di alzarmi alle quattro o alle cinque di mattina per osservare un'alba. È un momento in cui posso davvero credere che ci sia qualcosa di veramente bello e magico in questo mondo. Paragono l'alba a un incantesimo, che mi amalia e mi strega, che mi rende viva.

Oggi ho in mano uno dei libri che ho letto quando ero più piccola, Le avventure di Aquila e Giaguaro. Accarezzo la copertina e le sorrido, malinconica. Mi mancano quei tempi in cui non avevo nulla per la testa. Niente problemi. Nessuna fantasticheria su ragazzi che mi amano. La scuola andava bene, la vita pure. Ora leggo libri su libri per trovare un sogno, uno scopo, per me, che non sono in grado di crearne uno con le mie mani.

Alzo lo sguardo dalla copertina verde tutta rovinata, e osservo il paesaggio al di fuori del vetro. Qualche anno fa ci siamo spostati dalla città alla campagna, e io ho da subito amato i vecchi alberi, l'odore di pioggia nell'aria pulita, il cinguettio degli uccelli la mattina, il sorgere del sole e della luna che non avevo mai visto rinchiusa tra quelle mura grigie.

Abbasso lo sguardo sulla panchina davanti alla finestra, per chissà quale motivo. E, in questo momento, mi ritrovo a sbattere le palpebre più volte, incredula.

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