"Quindi credo sia stata proprio lei, Anne" disse Azzurra, esponendo il suo pensiero.
Era da parecchio tempo che le due sorelle stavano parlando su quell'argomento. Azzurra credeva che una delle sue amiche più strette fosse andata in giro a spifferare cose non vere su di lei. Come ad esempio che era andata con un altro ragazzo mentre era fidanzata. Per opinione di Avril, le pareva strano che Anne, amica con lei da tantissimo tempo, avesse fatto ciò.
"Io non credo che avrebbe avuto il coraggio di farti una cosa del genere"
Lei sorrise, come se quello che avesse appena detto fosse stato una delle cavolate più assurde.
"Avril" Azzurra la guardò dritta negli occhi per poi continuare "Sont les personnes les plus proches tuer nous"
Per tutto il tragitto in macchina, non era riuscita a pensare ad altro che a quella frase. Ricordava quando Azzurra lo disse, così convita, da convincere chiunque.
'Sono le persone vicine ad ucciderci'
Era questa la traduzione della frase. Ma il significato? Era davvero solo quello di essere feriti dalle persone che ci circondano? O voleva dire anche qualche altra cosa? Di certo ora non era lì a spiegarglielo. Forse ci sarebbe dovuta arrivare da sola.
"Sicura di entrare davvero in casa? Sai ora cosa ti aspetterà vero?" le chiese Jake, spegnendo il motore della macchina.
Certo che lo sapeva. Ma basta, era arrivata al limite.
Era arrivata al limite anche con le domande. Le avevano stancato, come la sua vita.
Alla fine per cosa continuava a vivere?
Ecco un'altra domanda.
La risposta?
Non aveva più una famiglia di una volta, ma una famiglia che non sapeva neanche se si sarebbe potuta definire tale, non aveva amici, tralasciando le persone con cui aveva solo parlato di sfuggita e che quindi erano conoscenti, non aveva nessuno.
Stava avendo un'altra ricaduta. Perché era così, era stata più o meno bene fino ai 3 mesi dopo la morte di sua sorella, poi che riuscì davvero a capire quale fosse la realtà da accettare, continuare a vivere era difficile. Una vita di alti e bassi, un momento prima potevi stare bene, e un momento dopo potevi stare per terra a dire di non farcela. Gli altri alla fine, era proprio vero, non sapevano cosa si provava a essere in una situazione del genere. I tranquillanti erano stati per lei un punto di sfogo, con la quale riusciva a scaricare tutto il peso che si ritrovava addosso. Infine, erano diventati però, una dipendenza. Una dipendenza vera e propria, come la droga, che poi senza, ti ritrovavi dispersa, vuota. Forse un po' li capiva i drogati: avevano sempre una dipendenza in comune.
Aprendo piano la porta, senza cercar di far rumore, Avril e Jake riuscirono ad entrare. Tutte le luci erano spente, la cosa era stranissima.
Era impossibile che non l'avessero aspettata per fare la solita ramanzina. Forse erano stanchi e ci avevano rinunciato a lei. Era un caso perso. 'O magari, non gli importa semplicemente nulla di me' pensò Avril. Andò diretta in camera, volendo solo chiudere i suoi dannati occhi che per quel giorno, avevano visto troppo. Le era già capitato di aver visto troppo, ma era sempre stata in silenzio.
Aprì la porta, passando la mano sul muro per trovare l'interruttore della luce. Premette il pulsante, dando energia alla lampadina che illuminò di colpo tutta la stanza.
Due figure erano apparse davanti a lei, come dal nulla. Quando in realtà c'erano già da prima, ma il buio, non permetteva la loro visione.
"Per l'amor del cielo, voi volete farmi dare un infarto vero?" disse Avril rallentando i battiti cardiaci.
Ovviamente erano loro, la zia Rose e Ryan. Come avrebbero potuto lasciarla andare così come se nulla fosse successo.
"No, l'infarto stava venendo a noi! Come ti è saltato per la testa? Non sei mai andata ad una festa, né tantomeno con Jake! E ora, dopo una litigata di quelle, te ne vai così?"
Avril si stese sul letto, chiudendo gli occhi, facendo finta di ascoltarli.
Ma l'unica cosa che ascoltava, era il silenzio del sonno.
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Il silenzio del sonno, è quel silenzio che si sente quando dormi, come se quello che ti circonda non lo sentissi. Però, quando i rumori iniziano a farsi più alti, il silenzio si interrompe, lasciando sentire tutto quello che sta succedendo. Proprio quello che le successe quella mattina, venendo svegliata da qualcuno che gridava. Perché tutti gridavano sempre?
"Avril, giuro che se non ti alzi dal letto, adesso, ti spacco questo vaso in testa!"
Per quale assurdo motivo proprio un vaso?
Aprì gli occhi per vedere che Linda, davanti a lei, aveva davvero un vaso in mano. Scattò, togliendosi le coperte e mettendosi seduta sul letto.
"Si può sapere cosa vuoi?!" Sbottò Avril infastidita.
"Sei forse piazza vero? Me lo ha detto Jake cosa hai fatto ieri sera, e sei fortunata perché a loro non ho detto niente"
Per 'loro' intendeva sicuramente la zia Rose e Ryan. E per 'quello che è successo ieri sera', forse non solo di essere andata alla festa, ma di aver fatto quella sceneggiata, se così poteva definirsi.
"Quindi tu mi hai svegliato, per dirmi questo?" le dissi ancora più infastidita di quanto lo ero prima.
"Credi che non sia niente, vero? Credi che sia tutto un gioco, che puoi drogarti di quella roba, senza sapere che ti fanno l'effetto contrario di quello che vorresti? Oh, notizia dell'ultimo minuto Avril, stai mettendo a rischio la tua vita se continui così!"
Per quanto fosse testarda, doveva ammetterlo. Aveva ragione.
"Guardati" con la mano le alzò bruscamente il mento verso di lei "Hai una faccia di merda. Questo a causa di quelle cose" disse riferendosi ovviamente ai tranquillanti.
Se ne andò, lasciandole prima un occhiataccia, sbattendo la porta talmente forte, da far traballare gli oggetti poggiati sulle mensole.
Avril si alzò dal letto, andando verso lo specchio. In effetti, aveva davvero un aspetto orribile.
Le occhiaie erano parecchio evidenti, e gli occhi leggermente arrossati. Doveva smettere di abusarne.
Si avvicinò al cassetto, prese il barattolo, e aprendolo, fece scivolare alcune pasticche nel cesto dell'immondizia. Così, le aveva limitate. Non poteva prenderne di più.
Vide il vaso poggiato sul letto, probabilmente Linda mentre le parlava doveva averlo posato lì, per poi essersene dimenticata. Che poi, la tecnica del vaso era servita davvero a farla svegliare.
Uscì dalla sua camera, ed entrò nella stanza affianco, quella di quest'ultima.
Non bussò neanche, sapeva che non le avrebbe detto nulla.
"Ne ho buttate la maggior parte" disse, vedendo il suo sguardo puntato su di lei "Le usavo solamente come sfogo, ma forse esageravo"
Continuò a guardarla, senza dire niente.
"Ma ora puoi rispondermi tu a una domanda?" alzò un sopracciglio, per poi annuire. Sembrava non avere più parole, mentre prima ne aveva molte da dire.
"Perché tu e Azzurra vi odiavate così tanto?"
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Forget To Remember || Cameron Dallas
FanfictionA volte la vita è una battaglia. Una battaglia di dolore, sofferenza e ostacoli. Come per la diciassettenne Avril Hall, la quale tutto le era stato strappato davanti ai suoi occhi. Dopo un'infanzia poco vissuta e disastrata dai problemi, credeva ch...