La gente continuava ad uscire dalla scuola, ma senza accorgersi di niente, visto che sembrava stessero parlando normalmente. Avril non aveva ancora visto Jake, che in quel caso, sarebbe potuto esserle d'aiuto. Vanessa era ancora dietro di lei, non spiaccicando neanche una singola parola per difenderla. Quello perché Vanessa, era molto più debole di Avril più di quanto potesse sembrare. Probabilmente se fosse stata da sola si sarebbe fatta schiacciare i piedi in testa da quei ragazzi – pensò Avril. Anche lei lo aveva fatto nella sua vecchia scuola, più di qualche volta, ma alla fine aveva imparato a ignorare e non rispondere. Ma quando, in quella precisa occasione, quando tutto nella sua testa stava ribollendo, Avril ne aveva abbastanza di fare sempre la vittima. Ne aveva passate troppe, e a quel punto era tempo di ribellarsi. Tempo di reagire, di far uscire il vero carattere che era in lei. Era come se volesse mettersi alla prova da sola, per vedere fino a che punto sarebbe arrivata. Sempre se i ragazzi avessero continuato. E guardandoli, vide che il loro intento era proprio quello. Perché nessuno si arrendeva. Loro non si arrendevano alla prima cavolata che gli dicevi.
"Oh ma certo" la continuarono a prendere in giro "Va anche da mammina e papino che ti stanno aspettando a casa. Se non torni si preoccuperanno"
Avril sentì la rabbia friggere fino al cervello. Nessuno aveva mai toccato la sua famiglia. E non dovevano farlo.
"Come mai sei sbiancata ragazzina?" alzò la voce il ragazzo dai capelli biondi tinti, attirando l'attenzione di coloro che stavano ancora uscendo dall'istituto.
Avril fece un passo deciso in avanti, mentre teneva i pugni chiusi pendolanti ai lati dei suoi fianchi.
"NON-VI-AZZARDATE-MAI-PIU'" era più nervosa di quanto sembrasse.
"VOI-NON-SIETE-NESSUNO-PER-TOCCARE-LA-MIA-FAMIGLIA. NESSUNO VI HA MAI GIUDICATO VERO?" Fece una pausa avvicinandosi ancora di più a loro. "LA VOSTRA INTELLIGENZA DOV'E' FINITA? SOTTO I PIEDI? NON VIRENDETE CONTO DELLE PAROLE CHE BUTTATE SENZA SAPERE NIENTE DEGLI ALTRI? MA TANTO A VOI NON IMPORTA. A VOI NON VI HA MAI TOCCATO NESSUNO PRESUMO. QUINDI SAREI ONORATA DI FARLO IO. ANDATE A VIVERE LA VOSTRA VITA ROSE E FIORI DA UN'ALTRA PARTE, PERCHE' C'E' GENTE COME ME, CHE NE HA ABBASTANZA DELLE VOSTRE MINACCE INUTILI."
Quella volta, tutti i presenti si erano girati nella sua direzione, assistendo allo spettacolo che aveva messo in scena. Si sentiva troppo osservata, e questa cosa non le piaceva, ma andava fatto.
Non era ancora finita per lei.
Arrivò a pochi centimetri dal viso del ragazzo che aveva abusato più di tutti, quello che aveva commentato sui suoi genitori, che con un sopracciglio alzato, la guardò torva, non sapendo ciò che Avril aveva intenzione di fare.
Un pugno atterrò proprio sulla sua guancia sinistra, facendogli abbassare la testa verso il basso.
La sua faccia era stupita come quella delle persone intorno. Anche Avril era stupita, come se avesse perso il controllo di se stessa, e tutto stava riemergendo in lei.
Diede una ginocchiata nel basso ventre dell'altro ragazzo biondo che aveva parlato, e una gomitata al fianco del ragazzo che le aveva detto come mai non parlasse.
Un altro, ultimo, ragazzo che era rimasto dietro sembrava intimorito. Infatti era l'unico a non dire nulla a Avril, quello che aveva riso e basta. Avril stava andando in contro anche a lui, meritava almeno uno schiaffo, ma qualcuno da dietro le bloccò i polsi, portandoli sul retro della sua schiena.
Era Jake.
"Adesso basta" gli disse a bassa voce.
Se quel sabato era sembrata impazzita, quel giorno pensavano che sarebbe stata come minimo da ricovero in un ospedale psichiatrico.
Tutti gli occhi erano puntati su di lei, e a quel punto si sentì rimpicciolire. Solo allora, si era resa conto di ciò che aveva fatto. Ma stava meglio. Si sentiva meglio.
Guardandosi intorno, tra tutte le persone che la circondavano, intravide Aaron e Taylor, Colton, Zac, Bryan, Chris (o almeno così Avril ricordava che si chiamassero, non avendo avuto molta confidenza con loro rispetto a quella avuta con Aaron) e infine, Cameron. Accanto a lui c'era una ragazza, simile, o molto probabilmente la stessa, del sabato alla festa.
"Non pare di aver esagerato Bart?" disse Jake, sorpassando e mettendosi davanti ad Avril.
Il ragazzo dai capelli neri alzò la faccia per guardarlo negli occhi mentre il sangue continuava a uscirgli dal labbro inferiore. Avril l'aveva ridotto bene.
"Non avvicinarti più a lei" Jake indicò Avril. "E ti consiglio di chiudere quella dannata bocca una volta per tutte. Che tanto di cazzi ne hai presi già abbastanza."
Il ragazzo – che pareva si chiamasse Bart – stava andando incontro a Jake per conciarlo per bene, ma delle persone da dietro lo fermarono.
Si era scatenato il putiferio in un attimo, e da un argomento se ne passava a un altro per poter attaccare.
"Andiamo" disse Jake riferendosi ad Avril. Lei annuì, seguendolo.
"Ti portiamo a casa noi" disse Avril a Vanessa che per tutto il tempo era rimasta dietro di lei, scossa dalla situazione.
Vanessa non obbiettò, e si lasciò trascinare da Avril fuori da quel porticato dove la gente intralciava il passaggio.
Nel tragitto in macchina, Avril non fece altro che ripensare a quello che era successo. Poi arrivò alla conclusione di capire come fosse fatto il suo comportamento, che fino ad allora non sapeva neanche lei se l'avesse mai cacciato del tutto.
Aveva preso la pazienza da suo padre, che ne aveva abbastanza fino a quando non arrivava al limite; aveva conosciuto cosa fosse la violenza fisica da sua madre, che le aveva fatto capire quanto duro fosse un pugno in faccia; aveva imparato a essere arrogante da sua sorella Azzurra, il quale essendo un aspetto principale del suo comportamento, non le mancava mai.
E da se stessa? Cosa aveva appreso?
Senz'altro doveva ancora scoprirlo.
E lei l'avrebbe fatto, l'avrebbe scoperto prima o poi.
��R�Q~*
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Forget To Remember || Cameron Dallas
Fiksi PenggemarA volte la vita è una battaglia. Una battaglia di dolore, sofferenza e ostacoli. Come per la diciassettenne Avril Hall, la quale tutto le era stato strappato davanti ai suoi occhi. Dopo un'infanzia poco vissuta e disastrata dai problemi, credeva ch...