Capitolo 16

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La campanella era suonata, segnate l'ultima e straziante ora. Le strade tra Avril, Madison e Vanessa si erano divise, andando ognuna per la propria classe. Mentre saliva le scale per il secondo piano, Avril si rese conto che aveva perso molto tempo a fissare i volantini sulla bacheca del corridoio, che trattavano sui vari corsi extra pomeridiani, che però pensandoci, non avrebbe avuto voglia di fare. Aveva perso solo qualche minuto, o almeno le pareva, e tutti gli alunni erano entrati nelle loro apposite classi. Arrivò al piano superiore, nelle stesse condizioni di quello inferiore: tutto vuoto. Cercò di ricordare dove Madison gli avesse mostrato la classe di scienze, e le sembrò rimembrare che fosse la penultima a sinistra. Andò dritta lì, ma qualcuno improvvisamente, la tirò per un polso, facendole sbattere la schiena al muro, vicino alla porta dei bagni maschili. Si trovò davanti il ragazzo dai capelli neri, quello a cui il giorno prima aveva dato un pugno. Le mise una mano sulla bocca, per non farla gridare, un'altra che bloccava entrambe le sue mani e il suo corpo era schiacciato contro il suo per non permettergli di muovere le gambe.

"Te la sai cavare anche adesso, quando non c'è nessuno che possa aiutarti?" le fece un sorriso maligno.

Avril cercò in tutti i modi di divincolarsi, di emettere un gridò ma che fu ovattato dalla mano grezza di quello che rammentava Jake lo avesse chiamato Bart.

"Beh mi dispiace dirtelo tesoro, ma in questo momento non sembreresti tanto forte come ieri" Avril fece una faccia disgustata al solo pensiero che l'avesse chiamata con quel nomignolo, che detto da Bart, le fece salire la nausea.

"Ah, inoltre mi dispiace molto per la tua famiglia... come sono morti?" disse in tono derisorio.

Avril si domandò come potessero esistere delle persone così insignificanti: scarse o prive di un vero e proprio valore, che significavano poco o addirittura nulla. Era come se fossero inutili, e non trovando niente di bello o interessante nella loro vita, andavano a rovinare quella degli altri. Si credevano forti nel far sentire le persone deboli; volevano sentirsi importanti davanti a coloro che consideravano una nullità.

La verità? Che tutti abbiamo valore. Anche la persone che aveva difronte, anche lei. C'è chi ne ha di più, chi ne ha di meno. Come delle monete antiche o delle reliquie. Perciò Bart poteva essere insignificante per lei, ma aveva comunque delle qualità.

Chiuse gli occhi. Immaginò di essere in un'altra vita parallela, di essere libera da sotto quelle luride mani, di essere libera dagli spazi chiusi, di essere libera di pensare, di essere libera dai suoi scheletri del passato. Sognò il vento freddo e forte che le accarezzava la pelle, tanto da farle venire i brividi, da farle screpolare le labbra morbide, da farla tremare. Ma si ripeté nella mente che non aveva freddo, non doveva averlo. Così l'aria fredda sparì, e la pelle non tremò più come prima. La sua testa era sgombra da tutto, come vuota: spoglia di tutti i ricordi. Era felice di poter essere così libera. Felice di dimenticare di ricordare.

Ma quell'illusione svanì poco dopo. Era tornata alla sua vita.

Però quella volta si sentiva davvero libera. Non c'era più nessuno a trattenerla con la schiena al muro.

Riaprì gli occhi.

Un ragazzo le dava le spalle, mentre prendeva a pugni Bart schiacciato sul muro opposto al suo. Bart borbottava qualcosa di incomprensibile e del sangue continuava ad uscirgli dal naso, colando fino al labbro, dove riportava la ferita causata da Avril il giorno precedente. La ragazza ancora non riusciva a capire chi fosse la persona la quale stava picchiando Bart, poiché le dava ancora le spalle. In un attimo tutto cessò: il rumore quasi impercettibile delle nocche contro lo zigomo, i lamenti di Bart, che cadde a terra sfinito. Il ragazzo che aveva colpito Bart si girò nella direzione di Avril, con ancora i pugni chiusi.

Era Cameron.

"Ti ha fatto del male?" chiese portando lo sguardo su Bart ancora sul pavimento.

Avril scosse la testa, portandosi indietro i capelli che le erano caduti davanti al viso. Si morse l'interno della guancia, mentre respirava affannatamente. Forse per la paura che Bart le aveva fatto crescere, forse per aver visto la scena esternamente, di nuovo, a distanza di anni, di qualcuno che veniva picchiato, forse per mille altri motivi che in quel momento sembravano essere riaffiorati nel suo cervello. Alcune lacrime bagnarono i suoi occhi, ma lei non gli permise di scendere. Prese lo zaino che era caduto a terra e se lo ripose sulla spalla.

"Grazie..." Avril si rivolse a Cameron.

Si girò prima che lui le potesse dire qualunque cosa, andando verso il corridoio.

Le bidelle non c'erano, le classi erano chiuse per fare lezione.

Nessuno aveva visto niente.

Nessuno aveva visto mai niente su di lei, nessuno non l'aveva mai difesa dagli insulti a parte sua sorella poco prima di morire, nessuno l'aveva mai trattata in quel modo prendendola con la forza, eccetto sua madre. Nessuno l'aveva mai amata come l'aveva fatto suo padre, che proprio in quel mentre, lo stava pregando di aiutarla. Aiutarla ad uscire fuori da tutto. Perché sapeva che da sola non ce l'avrebbe fatta.

-13 gennaio 2007

"Quindi 60 diviso 4 fa 15?" chiese dolcemente Avril.

L'uomo dagli occhi chiari e i capelli dai riflessi rossi fece finta di pensarci un po', per poi risponderle di sì.

"Finalmente ho indovinato anche l'ultima!" gridò entusiasta la bambina.

Chiuse il libro, scendendo dalla sedia e andando verso suo padre.

"Visto? Te lo avevo detto che non era poi così difficile" le sorrise il padre sciogliendo l'abbraccio.

"Ce l'ho fatta!"

"Ce la farai sempre" Avril sorrise a quelle parole.

"Papà grazie di avermi aiutato"

"Adesso non ti ho aiutato a fare nulla. Ma ti aiuterò ogni volta che ti servirà una mano"

Forget To Remember || Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora