Capitolo 3

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Dopo quelli che sembravano interminabili minuti, Avril e il ragazzo misterioso sbucato all'improvviso che l'aveva cacciata fuori dalla buca, riuscirono ad uscire da quell'immenso e sconosciuto bosco.

Dopo quel discorso, tra loro era regnato solo il silenzio che li aveva accompagnati per tutto il tragitto. L'unico rumore udibile, era il fruscio degli alberi mossi dal vento, i loro piedi che pestavano  alcune foglie secche cadute dagli alberi e ogni tanto qualche sospiro da parte di uno dei due.

Avril aveva molte domande che le balenavano la testa, ma decise di non farle uscire dalla sua bocca. Era imbarazzata. Tra l'altro era una persona che non conosceva, e che forse avrebbe voluto, ma non potuto più conoscere.  Sembrava così strana quella situazione.

Erano arrivati sulla strada. Le macchine sfrecciavano veloci, e seguendone una con lo sguardo, Avril vide che la fine della via, dove la macchina era scomparsa dietro la curva, riusciva a riconoscere il quartiere vicino a casa sua. In fondo, non aveva potuto camminare per così tanto a lungo, doveva pur sempre essere vicino al luogo dove viveva.

D'un tratto il ragazzo prese parola, "Io devo andare da quella parte" , indicò la sua sinistra.

"Io devo andare dal lato opposto" rispose Avril, rigirando tra e dita il filo penzolante dalla sua maglia.

Lui si girò a guardarla negli occhi, "Si ci vede in giro sconosciuta", poi sorrise, rendendo il suo viso più luminoso.

Avril ricambiò il sorriso, chiedendosi se anche lui avesse notato di come un sorriso potesse irraggiare il volto, come lo aveva visto lei.

Accennò un 'grazie', che a malapena era riuscita a sentire lei stessa. Si pentì di non averlo detto più forte e chiaramente. Ma ormai non poteva tornare indietro. Non si può tornare indietro. Il tempo è sempre quello: formato da nano secondi, secondi, minuti, ore, giorni, mesi e anni, che possiamo vederli scorrere solo davanti ai nostri occhi, come le macchine che passavano ad alta velocità al lato di Avril. Lei aveva sempre ammirato la frase 'Non rimandare a domani, quello che puoi fare oggi", ma la pecca stava nel fatto che non la metteva mai in pratica.

In un attimo, ripensò agli occhi cioccolato che aveva scrutato fino a poco prima.

L'avrebbe rivisto?

Avril si considerò fortunata ad aver trovato una persona come lui che gli aveva salvato la vita. Anche se la fortuna non era mai stata dalla sua parte.

Non si rese nemmeno conto di stare davanti al portone di casa sua, pronta a suonare il campanello, a causa della dimenticanza delle sue chiavi.

La porta si spalancò, trovando la donna sulla quarantina e dagli occhi inconfondibilmente uguali a sua madre, che la guardava con un mix tra rabbia, preoccupazione, ansia e forse felicità per essersi rifatta viva dopo tutte quelle ore che era stata fuori. Avril non si era preoccupata di che ora fosse, neanche scorgendo le prime forme del buio.

"Si può sapere dove sei stata Avril?" sua zia Rose la richiamò, mentre saliva le scale pronta per andare dritta nella sua camera.

Ignorò la sua domanda, chiudendosi in quello che era il suo rifugio.

Andò davanti lo specchio, guardando la sua immagine riflessa.

Capelli mossi, lunghi fino alla vita e rossicci leggermente increspati dall'umidità, erano in contrasto con la sua carnagione chiara; gli occhi verde chiaro con delle increspature color ocra, sembravano essere spenti; i lineamenti del viso sottili la rendevano angelica; il fisico esile dava l'impressione che avesse poco meno della sua età.

Forget To Remember || Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora