Capitolo 19.

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Era come se in un secondo mi avessero tolto il respiro, il battito del cuore e soprattutto, la voglia di continuare a vivere.

Non riuscivo a capire che lì a terra ci fosse Valerio, e ancora meno potevo pensare che potesse essere.. morto.

-No!- urlai piangendo, scattando in avanti pronta a buttarmi al suo fianco, scuoterlo, fino a quando con un sorrisetto non si sarebbe alzato dicendomi “ è tutto apposta piccola, stavo solo scherzando”.

Il mio tentativo fu però bloccato da Simone, che mi afferrò tirandomi verso di sé in modo tale che non potessi fuggire dalla sua presa.
Mi dimenai continuando a piangere e urlare, sotto lo sguardo mortificato, confuso ed incredulo di tutti gli altri.

-Così ti passerà la voglia di frequentare  chi non dovresti- disse atono mio fratello guardandomi senza alcun rimorso, ignaro del fatto che per colpa di quella frase l’avrei odiato per il resto dei miei giorni.

Realizzai ciò che aveva appena detto, e non potei fare a meno di chiedermi come sapesse tutto, chi avesse mai potuto riferirglielo.
Immediatamente mi girai verso Emma, che manteneva lo sguardo basso. Potei però scorgere il suo viso, e riconobbi l’espressione di chi si sente in colpa, di chi ha qualcosa da nascondere.

-Tu!- urlai spingendo via con quanta forza avevo Simone, che preso alla sprovvista lasciò la presa dalle mie braccia, consentendomi di arrivare a rapidi passi davanti a Emma, che fece un passo indietro guardandomi terrorizzata.
Non ci pensai neanche prima di spingerla scaricando tutto l’odio che provavo nei suoi confronti.

Mi aveva tolto tutto, ero rimasta senza niente e lei aveva buttato via la mia vita come se non gliene importasse nulla, e questo per cosa? Per avere un po’ di riconoscenza da parte di mio fratello?
Mi aveva mentito, tradito più volte, e adesso aveva distrutto la mia vita.

-mi dispiace- mormorò mentre veniva spinta dietro da  mio fratello, che si mise davanti a lei come per proteggerla. Sentii un dolore acuto al petto quando realizzai che la stava tenendo al sicuro da me, come se fossi un mostro capace di esplodere da un momento all’altro.
-Non dire che ti dispiace, perché non ti perdonerò mai! Mi fai schifo, spero di vederti morta!-  gridai tra le lacrime mentre tutti gli altri trattenevano il fiato, sobbalzando davanti alle mie parole.

Era strano sapere che ciò che stava accadendo veniva compreso solamente da me, lei, mio fratello e Giulio, visto che gli altri erano totalmente all’oscuro di tutto.
Pensando a Giulio i miei pensieri tornarono a Valerio, così mi girai nuovamente cercando la sua figura con lo sguardo. Notai che intanto tutti loro se ne erano andati,erano arrivati alla porta del loro grande casale portando con loro Valerio, che era tenuto da Mattia e Giorgio.

Sentii istintivamente il dovere, il bisogno di correre lì ignorando tutti, perché volevo solo stare vicino a lui, assicurarmi che stesse bene. Assicurarmi che fosse vivo.
Iniziai a correre verso di loro, ma sentii qualcuno sollevarmi da terra fino a portarmi dentro al nostro furgoncino, mentre Mirko si metteva alla guida portandoci via da quel posto, che era l’unico in cui volevo stare in quel momento.

Urlai, gridai e piansi come mai in vita mia, mentre tutti tacevano.

Quando esaurii la rabbia, e rimase solo il dolore, capii che era troppo e che non l’avrei retto, e persi i sensi venendo avvolta dal buio più totale, che però non alleviava l’agonia che continuava a torturare il mio cuore.

* * *

È una settimana che sono chiusa in camera mia seduta sul pavimento a fissare la parete, senza pensare assolutamente a nulla. È un po’ come se fossi stata svuotata, come se il mio cervello fosse ormai rotto. Sapevo che era un qualcosa che non si sarebbe mai potuto aggiustare con il tempo, sarei rimasta per sempre difettosa.

Tu amami o sparami  •Sercho•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora