Capitolo 40.

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Valerio POV

Rimanemmo immobili a fissarci,
Senza pensarci due volte mi avvicinai lentamente a lui, che mi guardò allarmato.
-Dov’è lei?- chiese a bassa voce alla fine, avvicinandosi.
Aprii gli occhi di scatto, sentendo il cuore salirmi in gola.

Non risposi, mi limitai a respirare con molta calma, sperando che il dolore acuto al petto si sarebbe calmato. Sembrava che mi avessero pugnalato, sentivo il mio cuore sanguinare eppure stavo bene, almeno all’apparenza.
-Sercho rispondi, cazzo- imprecò dando un pugno allo sportello della sua macchina.
Lo fulminai –Per quale fottuto motivo ti interessa adesso?- sbottai alzando le braccia al cielo, sentendo la rabbia arrivare tutta in un colpo.
Mi guardò sorpreso –Mi interessa, è mia sorella- rispose calmo, per poi sospirare.
-Non mi sembrava ti importasse quando le hai dato della puttana, quando hai alzato le mani su di lei e quando hai minacciato di ucciderla. Non te ne è mai fregato un cazzo, progettavi persino  la sua morte- urlai puntandogli un dito contro, guardandolo con disgusto. Non sopportavo il fatto che quel fottuto bastardo arrivasse di punto in bianco pretendendo risposte, parlando con quel tono a me.

Lui rimase in silenzio, senza dire nulla, senza arrabbiarsi come mi ero aspettato.
Alla fine crollò sull’erba, poggiando la schiena allo sportello della macchina. Buttò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi. Rimasi immobile a fissarlo, non sapendo cosa fare o dire.
Con molta calma mi sedetti di fronte a  lui, mantenendo le distanze, per poi tirare fuori una sigaretta e accenderla.

Sentendo l’odore del fumo aprì gli occhi, guardandomi.

Gli lanciai il pacchetto –Prendine una- proposi.
Lui l’accese per poi ritirarmi il pacchetto –Ti devo una sigaretta- borbottò iniziando a fumare, mentre io alzavo le spalle con noncuranza.

Non capivo per quale motivo non ci fossimo ancora uccisi, picchiati o almeno insultati, ma in quel momento non mi importava. Avevo altro a cui pensare, e sfortunatamente non era nulla di bello.
Era la cosa peggiore che mi fosse mai capitata, non mi ero mai sentito in quel modo. La mia mente era ben chiara, continuava a ripetere che sarebbe stato meno doloroso morire, il mio cuore era messo ancora peggio.
Sempre che fosse ancora lì, perché in quel momento sembrava che me l’avessero strappato via lasciando un buco incolmabile. I ricordi vorticavano nella mia testa, così come le sue ultime parole e la sua espressione. I suoi occhi scuri, che tante volte avevo ammirato,  erano completamente freddi, inespressivi. Non vi era alcuna traccia di quel calore che l’avevano sempre caratterizzati, facendomi sentire in qualche modo amato.

Scossi la testa tentando di scacciare i pensieri quando sentii gli occhi pizzicare. Avrei avuto tempo dopo per sfogarmi, per capire quello che avrei fatto di me stesso, anche se ormai era ben chiaro.
Niente aveva più senso.
-sono stato un bastardo, ho sbagliato tutto con lei- disse alla fine Mirko, facendomi ricordare della sua presenza.
Rimasi a guardarlo senza dire nulla, visto che non c’era niente da dire.

-Ero terribilmente incazzato  quando Emma mi disse che lei frequentava te. Tra tutti i ragazzi possibili, proprio tu. Non ci ho visto più, il giorno in cui ti ho sparato pensavo che finalmente lei sarebbe stata al sicuro, lontano da te. E invece ho peggiorato le cose, ho fatto in modo che lei mi odiasse, e invece di starle vicino o scusarmi ho reagito alzando le mani su di lei, insultandola. E la cosa peggiore è che ero convinto di avere ragione, quando dicevo che l’avrei uccisa ero deciso. Mi sto odiando in questo momento, vorrei morire- spiegò velocemente, lasciandomi a bocca aperta.

Perché lo stava venendo a dire a me?
Noi due non eravamo amici, non eravamo conoscenti. Ci stavamo sul cazzo, entrambi immaginavamo la morte dell’altro, era sempre stato questo il nostro scopo: rovinarci a vicenda.
E ora stavamo lì come due perfetti idioti, ad auto-commiserarci.

Tu amami o sparami  •Sercho•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora