Screzi fra vip

760 71 22
                                    

Eduardo aveva sospirato quando la sigla di Marvin Gaye era rimbombata di nuovo nelle casse del salotto televisivo,ed io ero scesa cauta per la scalinata sui miei tacchi vertiginosi.
Quella puntata gli aveva messo particolare agitazione e nervosismo.
Lui era il produttore, lo sceneggiatore e l'ideatore, e i ragazzi, a causa di numerosi impegni nelle televisioni sudamericane, fino all'ultimo non avevano assicurato la loro presenza, mettendo a rischio la messa in onda della nostra puntata settimanale.
Spesso mi ero chiesta perché fosse così necessaria la loro presenza.
Perché lo share saliva peggio di un ascensore impazzito, quando sugli schermi comparivano i loro volti simpatici.
Perché dove c'erano loro c'era il delirio e la rivoluzione.
Perché il successo era assicurato se solo li nominavi quei tre nomi orecchiabili.
Avevo impiegato pochi secondi a trovare la risposta: era lo stesso identico motivo per cui io mi ritrovavo a fare zapping col telecomando e mi fermavo se stavano parlando di loro (erano ovunque in quel periodo).
Semplicemente loro attiravano.
Semplicemente erano pezzi unici senza precedenti, come un vestito cucito su misura.
Si completavano creando la giusta combinazione e davano vita ad un mix esplosivo.

Chi aveva dovuto subire il nervosismo di Edoardo in quei giorni di prove, ovviamente ero stata io.
Non avevo fatto altro che ripetere, sotto sua vigile osservazione, centomila volte le stesse cose e avevo dovuto studiare i loro numeri da capogiro a spasso nei palasport di tutto il mondo.
Mi ero chiesta a cosa sarebbe servito il mio lavoro se poi avremmo deciso tutto al momento della messa in onda.
Noi seguivamo una scaletta precisa durante le nostre due ore di intrattenimento.
Ogni sabato arrivava in studio un ospite, di cui tutti cantanti.
Mostravamo un resoconto di tutti gli avvenimenti più importanti durante la loro carriera.
Dopodiché venivano proposte loro domande che venivano fatte dal pubblico a casa attraverso i vari social network, ed infine, improvvisavamo balletti sulle note dei loro singoli, alla quale prendeva parte anche il pubblico che si trovava in studio.

Ecco che la sigla terminava e stavolta non sarebbe arrivata Margherita a salvarmi dal mio perenne stato d'ansia.
Il cuore batteva forte come ad ogni volta che mi trovavo la camera puntata contro.
Non c'era tempo per emozionarsi, tanto quell'oggi nessuno avrebbe guardato me.
No, non l'avrebbero fatto, visto quanto erano carini e quante ragazzine fremevano incollate allo schermo quella mattina di gennaio.
Le luci si accedevano e via a sfilare sulle scale accompagnata da note divertenti di Charlie Puth.

"Buon fine settimana e ben tornati ad una nuova imperdibile puntata di 'Di Sabato Cantiamo'
Oggi, come promesso, saranno qui con noi, sui nostri divanetti, degli ospiti internazionali molto acclamati.
Sono tre ragazzi molto giovani che hanno girato il mondo e con le loro meravigliosi voci hanno cantato ed incantato anche il pubblico più scettico.
Sono tre umili ragazzi di provincia, che sono riusciti a far ricredere i critici più spietati e a strappare complimenti alle giurie più rigide.
Da bambini hanno coltivato il loro sogno e attraverso un percorso in salita, sono riusciti ad affermarsi con il loro stile e a raggiungere le vette più alte delle classifiche intercontinentali.
Dopo la vittoria a Sanremo, una tournée italiana, una mondiale, una europea e numerosissimi altri traguardi....Signore e Signori, oggi qui con noi, Il Voloooo" avevo detto tutto d'un fiato ciò che avevo ripetuto per una settimana intera, mentre l'amore si muove si faceva strada nell'aria tesa del salotto ed i ragazzi arrivavano fra grida ed applausi.
Cercavano di salutare tutti anche solo con uno sguardo furtivo poi arrivavano al centro.
Tremante, avevo stretto la mano ad ognuno di loro e poi ci eravamo accomodati sui divanetti.
Prima Piero, Gianluca ed infine Ignazio che sembrava quello più sicuro di sé.
Si era lasciato andare disinvolto sul divano e aveva sorriso guardando prima me e poi la telecamera.
Avevamo parlato come se ci trovassimo a fare quattro chiacchiere al bar del centro, ed era quella l'atmosfera che attirava il pubblico a casa.
Fra battute e pasticci con le parole avevo mostrato un filmato, più lungo del solito, che racchiudeva i loro principali successi.
La scaletta era stata spesso interrotta dai loro simpatici battibecchi con protagonista Piero, di cui dovevo ammettere, alcuni in siciliano che non ne capivo il significato, ma Gianluca mi faceva compagnia in quel senso di inadeguatezza.
Eravamo passati alle domande delle fans e ad una molto interessante, in cui veniva chiesto loro come era stato possibile ottenere quella fama fin dalla loro giovane età, Boschetto aveva risposto: "eh gioia mia! È possibile quando la fortuna incontra un talento come il mio"
"Quindi tu già sapevi di avere talento? Non è presuntuoso da parte tua dire questo?" lo avevo incalzata io infastidita dalla spavalderia con cui aveva risposto.
"No. Non dico questo. Assolutamente non mi reputo un ragazzo presuntuoso e chi mi conosce lo sa bene, però con la voce si nasce, rispetto ad altri mestieri come il conduttore, che magari capisci soltanto dopo" aveva detto con l'aria di chi la sapeva lunga ed io gli avevo lanciato un'occhiata torva.
A me sembrava una frecciatina per dare scarsa importanza al mio lavoro.
Ero alquanto irritata dal suo atteggiamento e avrei voluto dirgli: "quindi secondo te fare i conduttori è cosa da poco?", ma il cameraman aveva richiamato la mia attenzione per mandare la pubblicità.
"Bene. È arrivato il momento di una piccola pausa.
Fra pochi minuti continueremo la nostra intervista  ai ragazzi de il Volo. Pubblicità"
Avevo detto improvvisando un falso sorriso e puntando la spia rossa.
La sigla di Marvin Gaye era ripartita come suo solito e noi ci eravamo alzati.
Io avevo tolto il microfono guardando male Ignazio, e ne avevo approfittato per andare in camerino a recuperare la calma persa.
L'occhio mi era caduto su quel piccolo peluche rosa appoggiato alla mia specchiera.
La scritta "I Love you" sul cuore che stringeva fra le mani mi faceva tornare in mente Massimo nel giorno di San Valentino.
Ricordavo la prima cena a casa mia dove lui si era presentato sulla porta con un grosso cuscino a cuore.
Ricordavo l'ineluttabile battito impazzito nell'averlo con me.
Ricordavo le inesorabili farfalle nello stomaco, quando dopo avermi baciata sulla gondola a Venezia, mi aveva chiesto di sposarlo.
C'eravamo conosciuti perché ci trovavamo nello stesso albergo di Roma.
Io per una breve visita ai miei genitori e lui per un impegno di lavoro.
Era stato uno sguardo al bancone mentre ognuno ordinava il suo aperitivo.
Si era gentilmente offerto di pagarmi il Daiquiri.
Un'occhiata di troppo sul mio vestito stretto, qualche complimento sulle mie prime apparizioni in televisione, un bicchiere in più fra quattro risate e c'eravamo ritrovati nel mio letto la sera dopo.
Lui era spesso fuori perché dirigeva un'azienda pubblicitaria e riuscivamo a vederci solo nei fine settimana.
Assolutamente niente di serio.
Reputavo quella storia come degli incontri furtivi in cui rifugiarsi per scappare alla quotidianità.
Le relazioni a distanza le trovavo complesse, ma io presto dovetti ammettere di essermi innamorata sul serio.
Ero follemente persa nel suo sorriso.
Amavo i suoi pregi e ancor di più i suoi difetti.
Era stata l'unica e vera storia importante e tutto ciò che ne era rimasto di quel periodo di rose e fuori, era solo un grande ed inquietante segno di una spina nel petto.
Due anni insieme di cui restava solo il ricordo.
Rimaneva l'assedio della sua assenza in ogni istante.
Restava un costante rimpianto di lui.
Rimaneva la domanda sospesa di cosa sarebbe potuto essere se io avessi scelto il suo amore, piuttosto che la carriera.
Restava un punto interrogativo ma sapevo di aver fatto la cosa giusta per me.
L'amore passava, la sicurezza di un buon lavoro no, ed io avevo sacrificato la mia vita e la vicinanza della mia famiglia per ottenere quel posto sugli schermi.
Lui non aveva mai accettato il fatto che io fossi divenuta un personaggio pubblico, ed io non sopportavo il sui voler decidere anche su cose da pensare il due.
A partire dalle tende di casa al giorno del matrimonio.
Una discussione tira l'altra e puf!
Il grande amore dichiarato ed urlato al mondo intero, era finito in un cestino della spazzatura lasciandomi una cicatrice dentro.
Le fedi nuziali erano rimaste in quella vetrina ad aspettarmi invano.
Il vestito bianco era tornato indietro con le sue bomboniere di swarovski.
Le scarpe bianche rimanevano a prendere la polvere nella loro scatola di seta, e i gioielli di famiglia, brillavano di una luce spenta in quel cofanetto di velluto rosso.
La casa scelta era stata rivenduta al primo acquirente ed io, forse, dovevo ancora assimilare il senso di delusione.
Le nostre foto le avevo tagliate a metà e avevo lasciato in pausa il cuore quel giorno d'addio.
Avevo smesso di farlo battere forte.
Solo il giusto per sopravvivere.
A volte mi sembrava di non godere a pieno ma in fondo era meglio così.
Spinta da una delusione passata cercavo di non metterci l'anima in una relazione.

Avevo sbuffato pensando a tutto quello e avevo gettato il peluche nella pattumiera.
Mi ero guardata allo specchio e avevo sistemato i miei capelli dorati sulle spalle.
Avevo alzato la testa come per tenere su il morale.
Avevo tirato un lungo respiro e avevo cercato di non pensare più a Massimo.
Cercavo di non sentirmi delusa.
Cercavo di fingere che non ci avevo sperato in lui perché era esattamente come gli altri.
In fondo ne stavo uscendo bene da quella storia.
In due mesi di lontananza avevo frenato ogni singolo istinto di richiamarlo.
Avevo represso ogni singola voglia di rivederlo con la scusa di riprendermi quella sciarpa dimenticata a casa sua.
Avevo stirato le pieghe del vestito glitterato sulle gambe un po troppo scoperte per i miei gusti, e come un mantra avevo ripetuto:" io sono Luisana Viviani e non soffro mai per un uomo.
Io sono Luisana Viviani e non rimango mai male per un uomo"
e più lo ripetevo e più la voce s'incrinava mossa da poca sicurezza.

"Scusa il disturbo, posso?"
Mi ero voltata e avevo trovato Ignazio appoggiato allo stipite della porta.
Solo allora avevo notato il suo abbigliamento.
Pantalone aderente in pelle nera e camicia azzurra ripiegata sui gomiti.
<<tanto carino quanto stronzo il ragazzo>> avevo pensato.
"Ormai hai già disturbato. In cosa posso esserti utile? Non ricordi quale sia il tuo camerino?"
"C'è stato un frainteso" aveva detto chiudendo la porta alle sue spalle con una calma che non avevo mai visto.
Avrei voluto prenderlo a schiaffi in quel momento.
Ma chi si credeva di essere? Venire li e fare come se fosse a casa sua!

"Io non lo chiamerei fraintendere, ma piuttosto offendere" avevo risposto in tono acido.
"Non era mia intenzione. Chiedo scusa se l'ho fatto"
"Bene adesso spostati che devo uscire. Io devo lavorare anche se tu non lo credi possibile"
"Che c'è? Ci sei rimasta male? Non eri tu quella che due minuti fa ha appena ammesso davanti allo specchio che non rimane mai male per un uomo?"
Mi ero voltata con la rabbia che cresceva dentro e la mano che prudeva per la voglia di colpirlo su quel bel viso che si ritrovava.
"Non ti hanno detto che origliare è maleducazione?"
"Hey Luisana ci mettiamo una pietra sopra così riprendiamo più tranquilli l'intervista? Mi sentirei più a mio agio..." mi aveva detto allungando la mano in segno di pace.
Stavo per dire no. Stavo per urlaglielo che mi era appena diventato antipatico, ma qualcuno aveva chiamato il mio nome e mi aveva persuaso dal farlo.
La sua mano era rimasta sospesa nello spazio stretto fra di noi, e poi, era caduta nel vuoto, quando i suoi occhi avevano scrutato curiosi alle mie spalle.
Mi ero girata e avevo visto Edoardo, che affannato correva nella mia direzione.

"LUISANA"

"Cos'è successo?"
"Non hai idea degli ascolti che sta prendendo questa puntata e dovessi vedere in che modo il numero di telespettatori è aumentato quando c'è stata quella sorta di battibecco fra voi due!" aveva esclamato guardandoci con sospetto.
"E allora? La gente ormai si agita per nulla!"
"Niente! Continua così. Sii te stessa proprio come prima e vedrai che la puntata sarà un successone.
Se ne parlerà a lungo. Me lo sento che questa è la volta buona" aveva detto con aria sognante e sensitiva e poi aveva fissato Ignazio.
"Senti ma tu non dovresti essere con i tuoi colleghi a firmare gli autografi?"
"Adesso vado" aveva risposto lui sereno.
Edoardo lo aveva guardato un'ultima volta e poi era scomparso dietro la sua camera, ed io ero rimango lì, con Ignazio che mi fissava divertito e non capivo da cosa.
Forse da Edoardo e i suoi modi femminili.
Forse dalla situazione.
Non lo capii.
"Vedi in fondo è stato un bene" aveva detto per poi voltarsi e ritornare nel caos dello studio.

"Trenta secondi alla fine della pubblicità" mi aveva avvertito qualche tecnico ed io avevo pensato a come sarebbe stata dura essere professionale e distaccata quell'oggi.
Ignazio Boschetto era senza dubbio l'ospite più irritabile che aveva calpestato il parquet di quell'ambito salotto.
<<Poverini gli altri due.
Proprio non so come facciano a sopportarlo!>> avevo sospirato fra me e me.

Se Ritorno Da Te....(#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora