Dopo il piacevolissimo aperitivo al bar 'Le sette Lune' lo avevo accompagnato a casa con la mia macchina perché lui era venuto in taxi.
Aveva iniziato a piovere un'altra volta a dirotto quella sera.
Il vetro della mia Audi grondava incessantemente di gocce grasse e fredde.
I tergicristalli facevano su e giù e il loro continuo e costante rumore si era fatto strada nel silenzio imbarazzante della vettura.
Ho sempre pensato che in quei fatidici minuti di calma, come nei film, ognuno di noi pensa a cosa fare una volta raggiunta la destinazione.
E credo che noi stessimo pensando proprio alle parole giuste per congedarci nel modo migliore o magari con la finta promessa che ci saremmo rivisti.
In quei frenetici secondi in cui le ruote scivolavano sull'asfalto bagnato di una Bologna piagnucolosa, forse entrambi stavamo pensando a cosa ci avesse portato quel momento forse senza senso.
Quell'appuntamento inespresso dell'ultimo secondo.
Insomma, eravamo stati seduti al tavolo di un bar per circa quattro ore a stuzzicare qualcosa sotto una luce soffusa, a parlare delle cose più semplici e delle cose generali della nostra vita.
Avevamo scherzato e riso di me e delle mie belle mutandine.
Avevo cercato con scarsi risultati di imitare lui ed il suo accento siculo, ma dovevo ammettere che mi era riuscito abbastanza bene indossare le sue vesti spavalde sul divanetto del programma.
Avevo scoperto che non era l'antipatico che sembrava, ma una persona molto umile e semplice, nonostante il successo mondiale.
Lui aveva scoperto che non ero poi così permalosa e poteva addirittura azzardare battute simpatiche su di me.
Io avevo capito che era single e lui aveva girato attorno a mille parole per scoprire se fosse libero il cuscino accanto al mio.
Io avevo intuito che lui, come me, spesso si guardava alle spalle e una ferita sul cuore riusciva ancora a bruciare, seppur passata e scelta con le proprie e determinate decisioni.
Io mi ero resa conto di non essere l'unica vittima delle zanne affilate dei paparazzi, e lui aveva letto da qualche parte di una mio ipotetico flirt con Bruno Mars, solo perché era stato ospite nella trasmissione e c'era stato del feeling lavorativo.
C'eravamo scambiati il numero di telefono e uno sguardo dolce, ma al contempo maturo e con la consapevolezza che quell'incrocio nello studio doveva finire lì, per evitare un qualcosa di troppo grande da affrontare.
Avevamo fatto un ultimo brindisi con i cocktail alla frutta: il mio alla ciliegia ed il suo alle more.
Dopo averlo assaggiato a ognuno non piaceva il proprio e così avevamo fatto a cambio.
Solo dopo mi ero resa conto che inconsapevolmente, c'eravamo assaggiati insieme alla frutta zuccherata.
Incoscientemente c'eravamo trasmessi degli innocenti microbi, e il rischio di ammalarsi d'amore, cresceva piano ed indisturbato dentro di noi.
In punta di piedi si insinuava nei nostri discorsi che sapevano cosa voler capire l'uno dell'altro.
Erano anche comparsi i primi sintomi nei nostri gesti spontanei: il mio viso imbarazzato se quegli occhi mi guardavano penetranti e a lungo.
Mi spogliavano cauti e socchiusi e catturavano ogni mia singola movenza naturale.
La sua mano che appositamente aveva toccato la mia, con la scusa di prendere un tovagliolo, quando stavo parlando della ricetta del pollo al curry. E così la parola rosmarino mi si era bloccata in gola, perché il fatidico e maledetto brivido era sceso lungo la schiena cogliendomi alla sprovvista.
Avevo allontanato subito la mano portandola sotto il mento, e avevo cambiato discorso, puntando su qualcosa di più personale.
Li avevo visti i suoi occhi soddisfatti dei suoi intenti.
Li avevo visti i suoi applausi mentali mentre era riuscito a farmi arrossire.
Li avevo visti volare nell'aria i suoi sospiri di sollievo, dopo avermi rapita in uno dei mille racconti della sua vita avventurosa.
Li avevo visti i suoi modi di nascondere le insicurezze dietro una battuta.
Lo avevo visto il suo petto gonfiarsi sicuro quando le sue scarpe toccavano le mie sotto al tavolo.
Li avevo visti i suoi tratti ammorbidirsi se parlavamo dell'infanzia.
Li avevo visti i suoi lati opposti del carattere: la dolcezza e la simpatia.
Li avevo visti quegli sguardi lascivi indugiare invano nel tessuto pesante del mio maglioncino blu.
Li avevo visti i suoi goal messi in rete quando mi sfidava a farmi perdere in quei suoi sorrisi perfetti e senza fine.
Ci avevo appoggiato gli occhi troppo a lungo su quelle adorabili fossette nelle guance, e la voglia di toccarle per scoprirne la forma con le dita, era stato il pensiero più pudico della serata.
Eppure c'era qualcosa in quegli occhi scuri e profondi.
Eppure c'era qualcosa che lo aveva trattenuto a me in quella giornata uggiosa.
Eppure lui qualcosa di me era riuscito a capire, come io di lui.
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Se Ritorno Da Te....(#Wattys2016)
CasualeIl per sempre è un attimo breve che non finisce mai. Il per sempre è solo quel momento senza tempo che si interrompe prima o poi. Una storia d'amore fuori dagli schemi e un inizio sbagliato. Una storia di passioni incontrollabili, di stili di vita c...