Sclero

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Okay se apriste le finestre mi sentireste urlare e se vi affacciaste forse avreste anche una visione di una me impazzita che balla senza fermarsi vestita da elfo sulle note di una melodia irlandese.

È NATALE GENTE, NATALE (sembro il tipo che alle 6 del mattino grida: "è arrivato l'arrotinoo", roba da matti, dico sul serio.
Da ficcarglieli negli occhi i suoi coltelli.
Voglio dire, se hai da urlare fallo, vai a the voice, ad xfactor, ma che ne so, basta che stai lontano da casa mia alle 6 di mattina).

Anyway

LIBERTÁ, LIBERTÁ, LIBERTÁ
solo questo riesco a dire.

Intere giornate di stravaccamento, musica, computer, cibo e si, forse noia, ma credetemi, esigo anche quella.

Poi si, ci saranno gli ultimi due giorni nei quali suderò 7 camice per recuperare i compiti che, ovviamente, non ho fatto ma okay.

Per non parlare dell'intensa settimana sciistica.
Ragazzi, io alzo le mani, mi arrendo.
Non riesco proprio a far capire ai miei che sciare non mi entusiasma più così tanto, seppur mi piaccia.
Il punto è che è una settimana ormai di tradizione.
E le tradizioni, ricordatevi bene, non vanno intralciate o interrotte, o niente del genere.
Sarebbe come rompere un equilibrio troppo importante.
Quindi non posso semplicemente andare li e dire: "ciao belli divertitevi, io resto qua."
No, proprio no.
Sarebbe un colpo al cuore troppo grande per i miei poveri vecchi.

E quindi come ogni anno, ci imbarcheremo in questa "fantastica avventura" che parte alle 7 del mattino, per evitare accuratamente il traffico mattutino, con una  corsa verso la macchina degna di una maratona di beneficenza e vi assicuro, lo spettacolo è più o meno pietoso come quello.

Quindi la scena che si presenta ogni anno è all'incirca questa: mio padre iperisterico che gira da un punto all'altro della casa freneticamente, chiedendo per 50 volte a tutti se sono pronti e se hanno preso quello che dovevano prendere, ma nemmeno lui sa cosa.
Mio fratello, anche lui iperattivo perché felicissimo di andare a sciare, che riempe il suo zaino di roba inutile, mangiando la colazione correndo, rischiando appunto di morire soffocato, mentre si barda neanche dovesse andare a combattere in Ucraina del Nord.
Mia sorella, che dall'alto della sua stanza, scende nel modo più altezzoso che può assumere una bambina di sei anni, con la sua borsa rigorosamente fucsia e piena di brillantini, riempita di roba inutile come per esempio il cibo di plastica per una bambola che quasi sicuramente scorderá, vestita nella sua tuta rosa, con le sue ciabatte rosa, con in testa il suo cerchietto rosa, vabbe il concetto è chiaro, e con la faccia scazzata per essere stata svegliata a quell'ora.
Mia madre, che si precipita da lei, circondandola nella coperta e cercando contemporaneamente di tirarmi giù dal letto, chiudere le valige, calmare mio padre e mio fratello, rifare i letti e vestirsi.
Poi ci sono io.
Nel letto, ovviamente, incavolata con il mondo per l'ora, che controlla gli ultimi aggiornamenti sui vari social.
Mi alzo in stile frankestein e, sempre mantenendo la sua postura, avanzo verso l'armadio, mi vesto e ancora mezza rimbambita, mi immergo in quella famiglia di matti guardandoli tutti in modo torvo.

Non che in macchina vada meglio, del resto.
I miei fratelli litigano, i miei li sgridano e poi ci sono io che guardo fuori dal finestrino con aria assorta (tipo le perone depresse nei film), con la musica perennemente accesa.

Poi ci sono le classiche fermate agli autogrill in cui mio padre assume le sembianze di Gesù perché ha davanti noi tre che lo preghiamo di comprarci quelle fantastiche, e ribadisco fantastiche, schifezze che vendono quei posti scrausi.

Poi finalmente si arriva e da lì comincia la settimana di cadute e soddisfazioni che si sussegue ogni anno.

Okay i miei mi guardano male, ho superato il lasso di tempo che posso passare al telefono senza essere osservata con abbondanza di occhiatacce.

Un bacio e Buon Natale amici,
Me
Ps: Mi raccomando mangiate

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