La vecchia

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Camminava a testa bassa, pugni stretti dentro le tasche del cappotto scuro come il cielo che lo sovrastava. I suoi passi erano pesanti e rabbiosi, come il vento che infuriava attorno a lui. La luce arancione di qualche lampione ancora acceso illuminava il marciapiede bagnato e fangoso. Teneva il cappuccio ben calato sul volto per paura di poter essere riconosciuto, ma non un' anima sembrava aver intenzione di uscire dalla propria casa in quella notte umida e fredda. I pensieri gli affollavano la mente in modo confuso, voleva scappare da essi. Eppure lo sapeva, puoi cambiare il cielo sotto il quale cammini, ma non troverai mai la pace: da se stessi non si fugge. I suoi ragionamenti furono interrotti da un rumore che arrestò la sua camminata e lo fece sussultare: un gattaccio di strada, col pelo irto e sporco, era saltato fuori da un cestino della spazzatura con un miagolio lamentoso, gettando il coperchio di metallo a terra. Si fermò a osservarlo mentre attraversava la strada di corsa, con una lisca di pesce tra i denti. Sospirò: invidiava perfino quel nero gattaccio, almeno lui era libero. Stava riprendendo il suo cammino, quando una voce roca, quasi venisse dall'oltretomba, lo fermò dopo un solo passo.
"Avvicinati ragazzo. Vieni più vicino..."
Lui trattenne il respiro, ma si voltò lentamente. Una vecchia zingara, nascosta nell'oscurità, stava accovacciata sul portone di una casa in rovina. Era grossa e dalla pelle ambrata, teneva i capelli grigi avvolti in un lungo fazzoletto che un tempo doveva essere rosa.
Il ragazzo si girò per proseguire, non aveva alcuna intenzione di fermarsi, non ora.
"Coraggio figliolo... non aver paura. Io lo so chi sei."
No, non le avrebbe dato ascolto, doveva essere una vecchia pazza.
"Michael?" lo chiamò.
Ora aveva paura. Chi era quella donna? E come faceva a sapere il suo nome?
La vide sorridergli, mostrando i suoi otto denti gialli. La trovava inquetante, ma non potè fare a meno di risponderle: "Mi conosce?"
"Oh si, caro, caro ragazzo. Riconosco la tua anima impaurita e adirata. Hai bisogno di me."
Le andò vicino, tenendo sempre il cappuccio a coprirgli gli occhi. Lei tolse la mano venosa dal vestito leggero che la avvolgeva e gliela tese: "Vuoi che ti legga la mano?"
"N-no... io non credo in queste cose" balbettò.
"Credi" bisbigliò. Michael, dubbioso, le porse il palmo tremante, che la vecchia gli accarezzò, seguendo con un dito le linee che lo solcavano. La zingara sembrava tenesse gli occhi chiusi, tutta assorta nella sua contemplazione. Poi sollevò lentamente il collo da tartaruga verso di lui.
"Figliolo, da cosa fuggi?"
Bella domanda.
"Da niente..." disse, scuotendo leggermente il capo.
"Non mentirmi"
Michael si inginocchiò sul marciapiede bagnato, in modo da avere i piccoli occhi scuri della vecchia al suo livello.
"Scappo dalla mia vita, dalle persone... Mentono continuamente su di me, distorcono i fatti, mi dipingono come un mostro... Io non sono un mostro. Non sono pazzo. Sono solo... solo Michael." disse, con un filo di voce soffocato dalla stretta delle lacrime.
La vecchia allungò la mano e gli calò il cappuccio. Non si era ingannata: era Michael Jackson. Lo aveva riconosciuto subito, nonostante fosse tutto coperto: lui non lo ricordava più, ma anni prima le aveva dato da mangiare e le aveva regalato tre grosse banconote da 100 dollari. Aveva impresso nella mente ogni dettaglio di quel giovane dal cuore d'oro, persino la sua camminata.
Ora la guardava con aria afflitta: i riccioli neri come i suoi occhi gli solleticavno il viso rattristato, quasi a volerlo rallegrare. I suoi lineamenti erano dolci e affascinanti, come se fossero stati scolpiti da un sapiente scultore.
"Le persone non accettano ciò che é diverso. Guarda me, condannata a essere disprezzata da tutti perché non ho né casa, né famiglia, né lavoro. Ma tu a differenza mia sei bello e giovane, prendi in mano la tua vita ragazzo mio"
Una calda lacrima gli rigò il viso: "Sono scappato da casa. Ho lasciato un biglietto ai miei fratelli e a mia madre: non ho intenzione di tornare per un po'. Ho visto dei giornali... dicevano che dormivo in una camera iperbarica per non invecchiare, che avevo comprato le ossa di un uomo, che sono gay, che sono pazzo. Dicevano che sono strano. Il mio cuore non ha retto e ho deciso di andare via"
La vecchia sorrise: "Troverai il coraggio di tornare a casa"
Lui abbassò la testa: "Sono un vigliacco, lo so"
"Sei solo stanco figliolo. Capita a tutti"
"Cosa diceva la mia mano?"
La vecchia non rispose per un po', tanto che Michael pensò che non avesse capito la domanda.
"Ho visto che avrai una vita di successi. Ma ho anche visto che dovrai affrontare tanto, tanto dolore"
Lui sospirò. Non aveva mai creduto a queste sciocchezze, ma questa volta non poteva farne a meno.
"Ma troverai l'amore. Amerai e sarai amato tanto. Questo basta" aggiunse poi.
"Giá. Questo basta" ripeté lui, alzandosi da terra. Sfilò dalla tasca tre grosse banconote da 100 dollari e le poggió sulle ginocchia della zingara.
"Grazie" le sussurrò.
Gli occhi di lei brillarono di stupore misto a gratitudine. Le caddé una dolce lacrima dagli occhi.
Michael stava per proseguire la sua strada ma subito si girò verso di lei: "Non mi hai detto una cosa.... avrò una vita lunga?" e sorrise.
Ma la vecchia rimase seria: "Vai ora. E non desiderare di sapere di più sul tuo destino"
Quella risposta lasciò Michael più confuso che mai. Si voltò subito e girò l'angolo pensando a quanto gli era appena accaduto.
***

Trascorse la notte in un B&B in cui gli diedero una camera senza troppe storie. Lui si guardò bene dal togliersi il cappuccio, cammuffò la voce e diede dei nominativi sbagliati. Non si accorsero di nulla.
Si svegliò all'alba. Aveva dormito pochissimo, quasi niente, ma aveva bisogno di uscire a prendere un po' d'aria. Quel misterioso quartiere di Los Angeles non si era ancora svegliato e tutto taceva, come la notte prima. Il cielo non si era ancora scharito. Camminò a grandi passi, respirando a pieni polmoni l'odore della libertá.
Improvvisamente sentì un braccio bloccarlo e stringerlo forte a un corpo sconosciuto. La lama di un coltellino affilato gli sfiorava la gola.
"Stai zitto... non fiatare o sará peggio per te"
Era immobilizzato dalla paura.
Era la voce di una donna.
Michael chiamó a raccolta tutto il coraggio e la luciditá e cercó di liberarsi con uno strattone, ma la sconosciuta premette ancora di più la lama sul suo collo.
"Non fare resistenza o ti taglio la gola. Cammina" disse seccamente, e lo spinse verso l'uscita della stradina.
Una grande macchina nera li attendeva.

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