Thomas Harvey

343 36 27
                                    

La vacanza a Parigi era stata la definizione della felicità. Lily e Michael si erano comportati quasi da sposini, passeggiando sotto la Tour Eiffel mano nella mano.
Purtroppo qualunque vacanza prima o poi giunge al termine e anche per loro era arrivato il momento di partire. Dopo un lungo viaggio tornarono a Neverland, dove furono accolti calorosamente da tutto il personale, che li aveva aspettati nonostante fosse mezzanotte inoltrata. Lily era morta di sonno, le girava la testa e si mise subito sotto le coperte, seguita da Michael. La ragazza prese sonno dopo pochi istanti, mentre Michael non riusciva proprio ad addormentarsi. Gli faceva malissimo la testa a causa di un incidente accaduto diversi anni prima e il dolore a volte era così forte che gli impediva di dormire. Rimase a contemplare la sua Lily per un sacco di tempo, finchè non la vide aggrottare la fronte nel sonno, come se fosse preoccupata.
"No...ancora un po', fammi restare ancora un po'". Parlava nel sonno, sembrava agitata.
Michael rimase immobile, voleva capire cosa diceva.
"Ho avuto poco tempo..."
La fronte della ragazza era imperlata di sudore.
"Ancora qualche minuto..."
Doveva essere un incubo che la faceva soffrire molto. Michael le accarezzò i capelli stando attento a non svegliarla e dopo un po' Lily rilassò i muscoli e si lasciò andare a una notte più serena.
La mattina dopo Michael le chiese spiegazioni.
"Ieri notte dicevi cose strane nel sonno"
"Ad esempio?"
"Che non avevi abbastanza tempo per fare qualcosa e che volevi restare da qualche parte ancora per un po'"
Lily sembrava indifferente e alzò le spalle: "Non ricordo proprio nulla. Odio parlare nel sonno, é un vizio che non perderò mai. Pensa che una volta quando ero piccola..." e iniziò a parlare di un episodio della sua infanzia che Michael non ascoltò. Era pensieroso e preoccupato e non sentiva altro che una vocina dentro la sua testa che lo metteva in guardia.
"Hey ma mi stai ascoltando?"
"Si...si amore, certo"

***
"Signor Jackson, signorina Lilanne!! La cena é servita!" urlò dal piano di sotto una cameriera di colore. Si faceva chiamare Didí, ed era una delle persone più simpatiche che Lily avesse mai incontrato. Era grossa come un armadio, ma quando la mattina cantava le canzoni della sua terra mentre preparava la colazione, sembrava quasi elegante e leggera. Michael le chiedeva spesso di cantare perché diceva che la sua voce sembrava quella di un usignolo felice e lo metteva di buon umore.
"Arriviamo Didì!!" risposero in coro.
Lily chiuse il libro che aveva tra le mani.
"Lo continuiamo dopo, va bene?" disse a Michael con un sorriso.
"Adoro quando leggi per me". Lily era seduta in terra con le gambe incoraciate sulle quali era poggiata la testa di Michael. Stavano leggendo il libro preferito di Lily, "Il gabbiano Jonathan Livingston". Leggeva benissimo, come una perfetta narratrice e Michael la ascoltava estasiato.
Durante la cena parlarono molto di quel libro che li stava unendo ancora di piú.
La loro conversazione fu interrotta dal suono concitato del campanello.
"Arrivo arrivo..." disse Didí borbottando qualcosa contro la persona che suonava in quel modo così fastidioso.
"Chi é?"
"Per...per favore fatemi entrare. Ho freddo, sono ferito, sto impazzendo, datemi una mano" rispose una voce maschile dall'altra parte del citofono.
"Signor Jackson, un uomo dice di voler entrare" disse la cameriera col suo buffo accento tipico degli africani.
Michael si alzò da tavola e parlò lui stesso con l'uomo. Ordinò che i cancelli fossero aperti.
"Ma sei sicuro...? non sai chi é questa persona. Non puoi permetterti di far entrare in casa degli sconosciuti" gli disse Lily, seria.
"É un uomo che ha bisogno di una mano. Siamo tutti fratelli e non sono nessuno per negargli un aiuto".
Lily rimaneva sempre fortemente impressionata dalla generosità del suo fidanzato, ma non poteva nascondere di essere molto contrariata.
Un uomo insanguinato fece il suo ingresso. Sembrava terrorizzato e non appena entrò in casa crollò sul tappeto. Michael e il giardiniere si affrettarino ad accudirlo e a riscaldarlo. Lily si era intenerita e preparò lei stessa una minestra calda per l'ospite, che si riprese dopo un pò.
Didì gli fasciò le ferite.
"Grazie...grazie di tutto cuore. Sei davvero Michael Jackson? Oh signore mi sembra di sognare" disse l'uomo tra le lacrime. Era un ragazzo della stessa età di Michael ed era molto affascinante. Nonostante fosse infreddolito e ferito i suoi tratti eleganti non erano stati intaccati. Gli occhi erano verdi e profindi e la barba e i capelli biondo cenere completavano un bel quadretto. Non era bello come Michael, ma era molto affascinante.
"Non ringraziare, era mio dovere darti una mano" gli rispose Michael dandogli una pacca sulla spalla.
"Vuoi dirmi che é successo?"
Il ragazzo assaggiò ancora un poco di minestra e poi rispose alla domanda.
"Mi chiamo Thomas Harvey. Sono un imprenditore a Los Angeles. Lavoro molto e avevo deciso di prendermi un periodo di tempo per pensare un po' a me. Così avevo deciso di andare in vacanza. Ero sulla strada per Santa Barbara finché dei delinquenti non hanno sparato alle ruote della macchina. Ero terrorizzato, davvero. Due uomini mi sono venuti incontro con pistole e coltelli. Mi hanno puntato una pistola alla tempia volevano costringermi a salire in macchina. Per miracolo sono riuscito a fuggire, sferrandogli un calcio nelle palle. Merito del karate..."
Lily era scandalizzata: "Oh Cristo... e sei riuscito a vederli in faccia?"
Thomas guardò Lily molto intensamente, in un modo che a Michael non sfuggì per niente. Ma non poteva biasimarlo, Lily a volte era troppo bella per essere vera e nonostante fosse molto geloso non se ne curò più di tanto. Era inevitabile ammirarla.
"Non ho visto i due che mi hanno aggredito perché erano incapucciati. Ma ho visto bene un terzo uomo, seduto in macchina. Era incredibilmente calmo, grosso come un armadio e fumava un sigaro. Sembrava si stesse godendo la scena. Quando ha visto che sono riuscito a scappare non so cosa l'abbia trattenuto dall'inseguirmi con la macchina".
A quelle parole Lily si sedette. Anche Michael aveva capito.
"E...che macchina guidava?"
"Un macchinone nero"
Lily annuì e gurdò Michael.
"Beh allora Tom, sarai nostro ospite per un po', dovrai pur riprenderti. Fai conto che questa sia la tua vacanza. Fatti una doccia, ti lascerò dei vestiti puliti nella tua camera" gli disse Michael.
"Non vorrei disturbare, davvero"
"Nessun disturbo, puoi restare con noi".
Thomas ringraziò ancora e ancora e poi salì in camera sua.
Anche Lily e Michael tornarono nella loro camera da letto.
"Pensi fosse Roger?" le chiese.
"Non é che lo penso, é cosí"
"Può essere una coincidenza"
"Sai bene che non lo é Mike. Un uomo grosso come un armadio che fuma tranquillamente un sigaro mentre i suoi scagnozzi aggrediscono un ricco uomo d'affari... ne conosco solo uno in grado di farlo ed é lui. In più guida un macchinone nero, é la sua macchina e può usare solo quella dato che l'altra l'abbiamo rubata noi quando siamo fuggiti. Voleva prendere Thomas come ostaggio. Ma quello che più mi preoccupa é che é qui vicino a Neverland. Sta aspettando il momento giusto per attaccarci, lo so".
Michael la tenne stretta. "É inuitile farsi mille problemi adesso. Non possiamo farci nulla". Lasciò una scia di baci sul collo di lei dopo averle spostato i capelli da una parte,
"Hai visto come ti guardava?"
"Chi?"
"Thomas"
Lily si voltò per guardarlo ironicamente negli occhi.
"E sentiamo, come mi avrebbe guardato?"
"Nello stesso modo in cui ti ho guardato io la prima volta, quando ancora non ti conoscevo caratterialmente, ma ti apprezzavo molto fisicamente..."
Lily rise. "Geloso?"
"Il tanto da staccargli le palle e appiccicargliele in fronte se ti guarda di nuovo in quel modo"
Lily rise ancora piú forte: "Un momento, ricordati che siamo tutti fratelli, cerca di non dire cose così violente..."
"E tu cerca di diventare un po' piú brutta o sarò costretti a rinchiuderti in una torre, principessa". Rise e la baciò a lungo.

"Leggimi ancora qualche pagina di quel libro, ti va?" le chiese dopo un po'.
Lily riaprí il libro e si stese sul letto a pancia in su. Michael si accoccolò sopra di lei e chiuse gli occhi, voleva sentire solo la sua voce.
La storia del gabbiano Jonathan aveva conquistato il suo cuore. Parlava di un giovane gabbiano che aveva deciso di essere diverso dagli altri, di non limitarsi a cercare cibo per sopravvivere. Voleva perfezionare il suo volo, voleva trovare qualcosa per cui valesse la pena vivere. E non gli importava se gli altri gabbiani lo deridevano, non gli importava di essere stato bandito dal suo stormo. Lui voleva solo lasciare il segno.

Ma Michael aveva già trovato ciò per cui valeva la pena vivere. Era lí davanti a lui, con un libro in mano e la voce di un angelo.

The Last 5 MinutesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora