Un disastro.
Un completo, assoluto disastro.
Eppure, nonostante l'orrenda figura di merda di poco fa, posso ancora sentirmi ribollire la rabbia nelle vene.
In questo momento, sto odiando Gerard come mai avevo odiato nessuno prima d'ora. Sto odiando lui, la sua espressione, il suo stupido sorriso, il sangue sulle sue labbra e i suoi occhi vivaci, famelici come non lo erano da quando lo avevo baciato quella sera sul tavolo del buffet, alla festa.
Che il vecchio Gerard sia tornato? Il Gerard irrequieto, ribelle e costantemente incazzato.
Quel Gerard che mi ha sempre fatto paura, e che eppure mi ha sempre irrimediabilmente attratto.
È davvero in questo modo che sta cercando di elaborare la perdita di suo fratello?
Lo guardo. È seduto a pochi metri da me, le gambe incrociate e l'espressione assorta. Accanto a lui c'è Ray che sta conversando sottovoce con Kristin.
Gerard solleva la testa, incrociando il mio sguardo.
Mi sento attraversare il ventre da una decina di coltelli affilati, e improvvisamente ho di nuovo le mani sudate e la bocca secca.
Mi asciugo i palmi sui pantaloni e mi lecco lentamente le labbra come ha fatto lui poco fa, continuando a sostenere il suo sguardo.
Solleva un angolo della bocca all'insù, e il suo petto sobbalza una, due volte, come se stesse ridacchiando silenziosamente.
Inarco un sopracciglio.
Smette di sorridere.
Smetto di respirare.
Tutto il resto smette di esistere.
Sento che potrei saltargli addosso in questo preciso istante e non avrei neanche la decenza di pentirmene o fermarmi dallo strappargli i vestiti di dosso, ma tengo a bada il mio cervello e mi costringo a rimanere incollato alla sedia.
Mi era mancato. Oh, mi era mancato così tanto.
La porta dell'infermeria si apre, facendomi scattare in piedi.
Una donna sulla cinquantina con un camice bianco ne esce, avvicinandosi a noi.
-Come stanno? - domanda ansiosamente Ray, cercando di dare un'occhiata oltre la sua spalla all'interno dell'infermeria.
-Lindsey aveva un proiettile nella spalla, per fortuna penetrato poco a fondo, e glielo abbiamo estratto. Le abbiamo somministrato una piccola dose di morfina e adesso sta riposando. Frances era messa peggio, aveva due costole fratturate e una profonda ferita sulla gamba. Abbiamo fatto il possibile. Sta riposando anche lei, non credo che si sveglieranno prima di domattina.
Ray annuisce, confortato. -Sei un tesoro, Charlene. Se non ci fossi tu...
-Oh, ma smettila - ribatte lei, arrossendo. Mi sorprendo ancora di quanto ascendente eserciti Ray su tutta la gente del Lambda, nessuno escluso.
Dopo aver lasciato il piano dell'infermeria, ognuno di noi si dirige nelle proprie stanze per andare a letto. Il concerto nella sala mensa é finito da tempo, e a giudicare dal silenzio assoluto che aleggia nell'edificio dovrebbe essere passata da un pezzo la mezzanotte.
Sento una vaga sensazione di panico misto ad ansia che mi si arrampica per le gambe, risalendo fino al busto e scavandomi un buco nello stomaco.
Gerard mi sta fissando da quando abbiamo messo piede in ascensore. Ray e Kristin ci augurano la buonanotte ed escono al quarantatreesimo piano.
Le porte dell'ascensore si richiudono, e Gerard preme un pulsante.
Il penultimo piano. L'armeria.
-Dove stiamo andando? - chiedo senza guardarlo, nonostante lo sappia già.
-Dove io sto andando. Nessuno ti obbliga a seguirmi. - ribatte secco lui, stringendo le labbra in una linea dura.
Deglutisco. Mi sento avvampare. -Voglio parlarti.
-Lo so.
-E allora parliamo.
In quel momento l'ascensore si ferma e mi costringo a seguire Gerard all'esterno, nel vasto salone immerso nella penombra.
-Vuoi allenarti a quest'ora? - chiedo ancora. Non riesco davvero a capire cosa ci facciamo qui. Io volevo solo andare in camera sua. Io volevo solo dirgli che mi era mancato, che mi aveva terrorizzato, che non doveva mai più andarsene e sparire. Volevo soltanto baciarlo e dimenticare tutto quello che abbiamo passato nelle ultime settimane.
E invece siamo qui.
-Mi serve per placare la tensione nervosa.
Le sue parole rimbombano per la sala, rimbalzando da una parete all'altra ed entrandomi fastidiosamente nelle orecchie.
-Placala su di me.
Non mi accorgo di averlo detto fino a quando Gerard non si volta di colpo nel bel mezzo della palestra, socchiudendo gli occhi. Non riesco a vederlo bene da questa distanza e con questa oscurità, ma sento che é sorpreso, interessato, compiaciuto. -Me lo lasceresti fare?
Faccio un profondo respiro, gonfiando il petto. Sollevo la testa orgogliosamente. -Anche io ho bisogno di placare la tensione.
-Tu non stai provando... - lo sento deglutire -...quello che provo io.
-Me lo hai mai chiesto? Hai mai tentato di capire cosa stessi sentendo in quel momento? Cosa sento ancora adesso? Hai pensato a qualcun altro che non fosse te stesso, dalla morte di Mikey?
-Non pronunciare il suo nome! - urla rabbiosamente, e d'un tratto siamo furiosi.
Sento la rabbia ribollirmi dentro e sento che non vuole far altro che uscire, riversarsi fuori finché le mie forze non saranno completamente prosciugate, fino all'ultima goccia. E so che lui sta provando lo stesso.
Gerard mi dà di nuovo le spalle, dirigendosi verso la parete dei coltelli. Ne afferra alcuni e comincia a lanciarli violentemente contro i bersagli, colpendoli ad uno ad uno, senza fermarsi. Vedo il suo braccio flettersi e poi distendersi ad una velocità inaudita, lancio dopo lancio, coltello dopo coltello, ed è come se non fosse più nemmeno umano.
Mi avvicino lentamente a lui, arrivandogli alle spalle.
Sospiro piano, fermandomi a pochi centimetri dalla sua schiena.
-Questo non è il modo giusto per annullare il dolore.
Gerard mi ignora e continua, imperterrito.
-So che stai soffrendo, so che hai bisogno di tempo per elaborare la sua morte, so che non vuoi starci qui e l'unico modo per non pensare è combattere e uccidere, ma davvero, Gerard... Questo non è il modo giusto. Stai cadendo a pezzi.
-Sono già a pezzi.
Chiudo gli occhi, sollevando una mano tremante. C'è un attimo di silenzio assoluto che dura il tempo di due respiri, il mio e il suo, e poi la mia mano si posa sulla sua schiena, aderendo delicatamente ai muscoli tesi.
Gerard si ferma, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
-Sono a pezzi anche io. - sussurro, mantenendo gli occhi chiusi. -Questo... Questo non significa niente per te?
Non so quanto tempo passi prima di ricevere una sua reazione. So che rimango in silenzio, aspettando, la mia mano ha smesso di tremare perché finalmente lo sto toccando, finalmente stiamo avendo un contatto e stiamo parlando ed è tutto infinitamente bello e doloroso.
Ma aspetto.
Aspetto fino a quando lui non fa un passo in avanti, interrompendo il contatto.
Riapro gli occhi.
Sta andando a riprendere i coltelli. Li rimette a posto, sulla parete, e poi si dirige verso la porta.
No.
-Gerard.
Non si ferma, non si volta, non mi ascolta.
-Gerard! - grido più forte, e finalmente smette di camminare.
-Frank, per favore, io...
Gli vado incontro, arrivando a mezzo metro da lui.
-Sono stanco, Gerard, sono tanto stanco. - dico, riuscendo a guardarlo finalmente negli occhi. -Sono stanco di preoccuparmi per te, per Kristin, per tutti, sono stanco di stare in ansia e di sperare che tu non faccia qualche assurda cazzata, sono stanco di aver paura di perderti. Sono stanco di questo Gerard che non conosco, questo Gerard floscio, spento, morto, un Gerard che non ha nemmeno la forza di vivere senza tentare di farsi ammazzare.
Lo vedo stringere i pugni, abbassare lo sguardo senza dire nulla.
-Siamo qui, Gerard. Siamo qui, io e te. Siamo scappati, cazzo. Ci siamo lasciati dietro tutto il resto, la Città, la villa, la tua vita, tuo padre. Siamo qui, ce l'abbiamo fatta. - Esito, prima di concludere sottovoce -Siamo insieme.
Faccio un passo verso di lui. Gli vado più vicino. Cerco di incrociare il suo sguardo, ma niente. Allungo una mano e gli sollevo il mento, costringendolo a guardarmi negli occhi. -Ehi. Stai tremando.
Sta tremando, e c'è una lacrima che gli solca la guancia. Gliel'asciugo col pollice, accarezzandogli il viso. -Va tutto bene. - mormoro -Siamo insieme. Sono qui. Per favore, non sparire mai più.
-Non voglio che tu mi veda debole.
Sorrido. -Non ci penso nemmeno. Sei la persona più forte che io conosca.
Mi abbraccia.
È una cosa improvvisa, strana, imprevista. Le sue braccia si uniscono attorno al mio collo, la sua testa si posa sulla mia spalla, il suo petto preme contro il mio viso, e improvvisamente siamo davvero vicini.
Improvvisamente sto inspirando il suo odore, gli sto accarezzando lentamente i capelli, sto sfiorando con la mano la sua schiena.
Mi sento bene.
Non so esattamente quando la situazione cambia, non me ne accorgo fino a quando lui non si stacca leggermente, allontanando la testa per guardare non i miei occhi, ma le mie labbra.
Oh, sì, ti prego.
-Non... - sussurra. Scuote la testa una, due volte, come per convincere prima di tutto sé stesso. -Non posso.
Si allontana lentamente, staccando le mani dal mio corpo e continuando a negare, a negare, senza più nemmeno avere il coraggio di guardarmi.
-Gerard...- mormoro, deluso.
-Mi dispiace, Frank.
Ormai si è allontanato abbastanza per raggiungere le porte dell'ascensore e chiamarlo.
Sento il cuore battermi all'impazzata, e so che dovrei fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non posso far altro che sbuffare violentemente e pestare un piede sul pavimento. -Quale cazzo è il problema, me lo spieghi? - urlo, urlo così forte che persino io stesso sussulto.
Gerard si volta, il viso stravolto da una maschera di disperazione. -Non posso toccarti, Frank! Lo capisci? Non posso toccarti perché ogni volta che provo a farlo mi torna in mente quella sera nel bosco, ogni volta che provo a farlo le mie mani si insanguinano di colpe e rimorsi e dolore, ogni volta che provo a farlo vedo davanti a me il volto agonizzante di mio fratello tra le mie braccia!
Sospiro piano, cercando di calmarmi. -Pensi che io non provi lo stesso? Pensi che io sia immune al tuo dolore, che sia un fottuto pezzo di ghiaccio senza sentimenti? Sono qui, Gerard, guardami, guardami cazzo, e prova a dire che io non sto soffrendo.
Gerard mi lancia un'occhiata fugace, lucida, imbarazzata. Scuote la testa. -Non è lo stesso. La colpa non è tua. La colpa è mia.
-Nessuno ha colpa, qui. Nessuno. Smettila di addossarti le tue colpe e addossati invece le tue responsabilità! Stare qui, essere riuscito ad arrivare fin qui con me e Kristin è una dannata responsabilità, e cercare di sopravvivere ogni giorno è una dannata responsabilità. Per te stesso, per lei, per me.
Faccio una pausa, ma non oso avvicinarmi. Rimango fermo, a debita distanza, ed entrambi stiamo fissando il pavimento. -Per me, Gerard - dico sottovoce, sperando quasi che non mi senta. -Per me. Io rimango qui, nonostante tutto, a sperare che ti accorga della mia presenza. A sperare che ti renda conto, almeno per un istante, perché ho deciso di seguirvi in quella pazza, impossibile fuga...
Sento che gli si mozza il respiro, e che finalmente mi sta guardando, ma io non oso farlo.
Continuo, con le guance in fiamme. -Che ti accorga di quanto ti desidero, di quanto ti voglio disperatamente, dal primo momento in cui ho incrociato il tuo sguardo, dal primo momento in cui ho potuto sfior...
-Frank.
Il mio nome esalato in un gemito.
-...sfiorarti. Di quanto vorrei che tu mi prendessi proprio qui, proprio ora su questo pavimento freddo in mezzo alle armi e ai coltelli e al freddo della notte, senza badare a nient'altro, senza pensare a quanta percentuale di colpa potresti avere tu, e a quanta potrei averne io, e a quant...
-Frank.
Sto tremando ma non mi importa, devo continuare, devo dirglielo perché ora che sono qui, ora che ho iniziato ho un bisogno impellente di finire, di tirare tutto fuori e poi andarmene il prima possibile. E lo dico, lo dico davvero. -Vorrei che tu mi baciassi come se non ti importasse di quanti uomini sono morti a causa nostra. - Mi fermo un attimo, per valutare quanto le mie parole possano averlo colpito o disgustato. Ma lui tace.
-Vorrei che tu fossi preso così tanto dal mio corpo da non ricordare nemmeno il tuo nome, o il mio, o dove siamo e cosa stiamo facendo. Vorrei...
E poi improvvisamente, lo sento vicino, vicinissimo.
Sollevo piano la testa, rilasciando un respiro tremante. Il suo volto è a pochi millimetri dal mio, così vicino che manca un tanto così perché i nostri nasi si sfiorino.
-Vorrei sentire... - continuo imperterrito, anche se la mia voce è ormai poco più di un sibilo.
La sua bocca si posa sulla mia fronte, delicatamente.
-...Le tue mani...
Si posa sulle mie palpebre chiuse, facendomi rabbrividire.
-...Su ogni centimetro...
Mi bacia l'angolo della bocca, così piano che é quasi come se non lo sentissi.
-...Della mia pelle.
Le nostre labbra finalmente si uniscono, ed è come se lo stessi aspettando da anni.
È un bacio strano. È un bacio che non potrebbe dirsi nemmeno un bacio, è un bacio che ha la delicatezza di un battito d'ali, la fragilità di un brivido, il piacere di un alito fresco sulla pelle nuda.
La sua bocca sfiora la mia ed è un qualcosa di così leggero e impercettibile che per una frazione di secondo mi sembra quasi di averlo immaginato.
Si allontana di un centimetro, sollevando piano lo sguardo, lentamente, fino a incrociare il mio, agonizzante, in attesa.
Un respiro.
Un ciuffo di capelli che gli ricade sugli occhi.
Non oso muovermi.
La fragilità di questo istante mi paralizza e mi lascia completamente spiazzato.
Non voglio che finisca. Non voglio che l'equilibrio, il silenzio, si spezzi. Non voglio che cominci di nuovo a scuotere la testa e a dire che non possiamo, che non riesce a guardarmi in faccia, che è tutta colpa sua e che non dovremmo parlare non dovremmo toccarci non dovremmo....
E poi eccolo, eccolo il vero bacio, ecco che la sua bocca si avvicina di nuovo e stavolta si posa rudemente sulla mia, dischiudendomi le labbra con le sue e facendomi barcollare appena per l'improvviso spostamento di equilibrio.
Sbatto le palpebre e provo ad ansimare, ma Gerard mi sta levando tutto il fiato e io non posso far altro che aggrapparmi alla sua camicia, stringendo il tessuto tra le dita.
Sento un'onda imponente che mi cresce dentro, sempre più alta, sempre più forte, e minaccia di sommergere ogni cosa e affogare i miei stessi sentimenti, distruggendo i miei sensi e la percezione del mondo attorno a me.
Sono qui e sto sentendo soltanto Gerard. Sono qui e mi tremano le ginocchia, e non riesco a reggermi in piedi e mi appoggio alle sue spalle, e sospiro dentro la sua bocca, e mi lascio invadere dal calore e dalla morbidezza delle sue labbra e dall'intensità di questo momento.
Mi stacco per riprendere fiato e Gerard passa a baciarmi il collo, ansimando, le sue mani che corrono veloci lungo la mia schiena provocandomi brividi leggeri, i suoi capelli che mi solleticano piacevolmente le guance.
Infilo la mano sotto la sua camicia, accarezzandogli il fianco, risalendo lungo la pancia e seguendo il profilo delle costole, fino a posarla sul suo petto e a sentire il battito accelerato del suo cuore.
Gerard allontana la testa dal mio collo e mi guarda, poi guarda la mia mano, infine torna a guardare me.
Sto per dire qualcosa, ma lui mi zittisce posandomi un dito sulla bocca. Col pollice segue il contorno del mio labbro inferiore, poi scende lungo la mandibola e mi spinge a sollevare il capo, baciandomi sul pomo d'adamo.
Chiudo gli occhi, deglutendo.
Le sue mani sfiorando l'orlo della mia maglietta, sollevandomela sopra la testa e lasciandola cadere a pochi passi da noi.
Gerard fa un passo indietro, guardandomi da cima a fondo. Sorride piano, mentre io cerco di regolarizzare il respiro.
-Anche io... -mormora, avvicinandosi di nuovo lentamente, centimetro dopo centimetro, respiro dopo respiro, sollevando una mano e lasciandola scorrere sulla mia spalla, e poi giù lungo il braccio. -...ti voglio. - conclude quasi in un gemito, quasi come se soltanto pronunciarlo gli facesse tanto male e tanto bene insieme.
Intreccia la sua mano alla mia, stringendo forte.
Mi bacia ancora, con più violenza, con più intensità, con più fretta.
Non so esattamente come ci ritroviamo distesi su uno dei materassini della palestra, pochi minuti più tardi.
Sopra di me c'è soltanto il soffitto, prima che Gerard entri nel mio campo visivo, a petto nudo, chinandosi per baciarmi ancora una volta.
Potrei star morendo e non me ne accorgerei neanche. Potrebbe essere un delirio pre-morte. Un incubo febbrile, un'allucinazione, qualcosa di irreale.
Ha la pelle bianca, bianchissima, bellissima, le spalle larghe e il petto completamente glabro. I capelli gli ricadono sugli occhi in ciuffi neri, sottili, impedendomi di incrociare direttamente il suo sguardo, ma so che mi sta fissando e so che vuole prolungare il più a lungo possibile questo momento, perché insomma, è questo, è il momento, è proprio ora e proprio qui e proprio per noi due, solo noi due e nessun altro.
Gerard mi lascia un unico, delicato, morbido bacio sul petto, indugiando per qualche istante con le labbra sulla mia pelle, senza mai distogliere gli occhi dai miei.
-Io non ho mai...
Mi zittisce, baciandomi. -Va tutto bene.
Si lascia cadere su un fianco, stendendosi accanto a me. Mi attira vicino, così che la mia schiena prema contro il suo petto.
Mi bacia sulla nuca, provocandomi brividi in tutto il corpo. Mi morde il lobo dell'orecchio e io sussulto piano, tremando.
-Senti - sussurra, e la sua mano si posa delicatamente sul mio stomaco, risalendo lentamente. Traccia cerchi immaginari sul mio petto, prendendosi tutto il tempo del mondo, lasciandomi ad agonizzare in tremiti convulsi, poi scende di nuovo giù, arrivando alla cintura dei miei jeans.
Esita. Mi solletica il ventre, e lo sento sorridere contro il mio collo. -Voglio che tu senta tutto, voglio che percepisca ogni singolo tocco, ogni singolo movimento, ogni singolo mio respiro sulla tua pelle.
Annuisco piano, arrendendomi completamente alle sue parole. Mi aveva già conquistato all'"anche io ti voglio", ma questo....
Tutto questo va oltre qualsiasi sensazione io abbia mai provato prima.
Gerard mi sfiora il pube attraverso il tessuto, un tocco lieve e quasi impercettibile, ma abbastanza perché tutto il mio corpo si immobilizzi in un unico fremito.
Lo sento armeggiare dietro di me con la cintura dei suoi pantaloni, abbassando la zip, poi passa ai miei jeans e me li abbassa sulle cosce, portandosi dietro anche i boxer.
Mi sento nudo, scoperto, esposto. Deglutisco, chiudendo gli occhi.
Gerard mi sfiora la spalla, respirando sulla mia pelle e anche il suo respiro è cosí intenso, così lui, che mi chiedo come faccia, mi chiedo come faccia a farmi sentire male soltanto con un dannato respiro.
Sto tremando.
Non è soltanto il freddo, non è soltanto il mio pudore istintivo, é anche questa vicinanza, questo contatto così intimo e così umano che mi fa paura eppure mi affascina terribilmente, amplifica i miei sensi e mi spinge a volerlo sentire di più, più vicino, a volerlo sentire dentro di me.
Ed è dentro di me ancor prima che io possa accorgermene.
Gemo improvvisamente, sentendo dolore. Strizzo le palpebre e digrigno i denti, aspettando che il bruciore si attenui.
Gerard sospira nel mio orecchio, mormorando qualcosa di sconnesso che non riesco bene a capire, perché sto morendo, perché sono sicuro che questo è il paradiso nell'inferno, perché andato via il dolore, tutto il resto è troppo intenso per essere semplicemente pensato o descritto.
Inizia a muoversi. Dapprima lentamente, lentissimamente, ma ogni piccolo movimento mi sembra un uragano di sensazioni ed emozioni diverse, e non posso far altro che premere la guancia contro il materassino e trattenere i gemiti.
Gemiti trattenuti che stanno per tramutarsi in urla, se soltanto potessi urlare.
Perché Gerard comincia a muoversi sul serio, a ritmo sostenuto, leccandomi il collo nel frattempo e accarezzandomi l'erezione con le dita fresche e delicate.
-Oh, cristo...
È la cosa più bella che io abbia mai provato, è la sensazione più devastante di questo mondo, è un mix di piacere e dolore così inestricabile che non so più nemmeno dove finisca l'uno e dove cominci l'altro. So soltanto di starmi avvicinando a una vetta, sconosciuta e altissima, e ho paura, e temo, e anelo a ciò che troverò lassù, e più Gerard aumenta il ritmo più mi ci avvicino, e più lo sento mugolare contro la mia nuca più la mia eccitazione aumenta, sfidandomi a trattenere ancora questi versi inarticolati che minacciano di spuntar fuori dalle mie labbra.
E poi lo sento.
Quel punto, la cima, la vetta, eccola, sono qui, manca poco manca poco manca poco e
Chiudo gli occhi, sentendo la potenza dell'orgasmo che mi affoga completamente, annullando tutto il resto, ma riesco ad afferrare la mano di Gerard, a intrecciare le mie dita con le sue, a premermela contro il petto.
E capisco, in questo preciso istante, mentre mi morde il collo e si abbandona anche lui, che è davvero tornato irrimediabilmente, completamente mio.
E siamo abbastanza.*si schiarisce la voce*
Mmh. Era dai tempi di Destroy Me che non scrivevo un capitolo del genere, si nota che ero arrugginita vero sì ecco scusatemi.
Lanciatemi pomodori torte in faccia tutto quello che volete, non sono capace di scrivere capitoli a rating rossi, bast
Btw, una splendida stupenda belliss ragazza di efp che ringrazio con tutto il cuore (giuro che appena posso rispondo a tutte le tue bellissime recensioni) mi ha fatto notare un'incongruenza abbastanza grave che spero di trovare il tempo di sistemare al più presto, e non vi dico cos'é perché rimarresti schifati dalla mia rincoglionitaggine(?) e vbb.
Alla prossima ppl
M.

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Catch My Breath
FanficUSA, 2034. Dopo una catastrofe nucleare di dimensioni apocalittiche, la popolazione si è dimezzata notevolmente. Il governo ha emanato un nuovo codice di leggi, secondo le quali il contatto fisico è proibito e punibile con la morte. Non esistono pi...