Capitolo 34
-Dai, ma hai mezzo braccio blu. Che stavi facendo sulle scale? Giocavi a pallavolo?- mi domandò Marco quando osservò il mio corpo mezzo spoglio. Ora continuava a fissarmi probabilmente volenteroso di riempirmi di domande, come suo solito, ma qualcosa lo frenava irrimediabilmente. Era un bene che non mi porgesse troppi interrogatori, perché non avrei saputo rispondere a tutto, soprattutto alla parte sul perché stavo uscendo. Voglio dire, avevo scritto metà foglio di pentagrammi e poi mi ero infilata nella giacca per andare a fare due passi conciata come una barbona. Mi avrebbe fatta rinchiudere certamente se lo avesse saputo.
-Non è così male- infilai una maglietta lunga per dormire quella notte. Con la mano in quelle condizioni non sarei riuscita ad infilarmi i pantaloni e di certo non avrei chiesto a Marco di farlo. Volevo mantenere un profilo basso per quella sera.
Per quella notte ci scambiammo i letti, almeno così mi sarei potuta accucciare vicino a lui col braccio sano e bastò poco prima che ritrovai la sua mano sulla mia coscia scoperta.
-Il lato buono della cosa è che sei mezza nuda perché non puoi vestirti- disse malizioso. Gli tirai un colpetto leggero su un fianco e lui rise di gusto.
-Si, ma sono anche quasi disabile, quindi non puoi approfittarti di me- decisi di stuzzicarlo appena e con davvero poco mi ritrovai bloccata sotto di lui.
-Scommettiamo?- mi stava sorridendo guardandomi negli occhi. Teneva ferma la mia mano buona, mentre con l'altro braccio si teneva appena sollevato da me. Ero magnificamente immobile. Con le mani fuori uso non potevo nemmeno pizzicarlo, visto che non riuscivo a muovere le dita e il suo peso non mi faceva muovere minimamente le gambe.
-Va bene, mi arrendo- sussurrai, ma lui non sembrò volersi muovere. In realtà nemmeno io volevo che si spostasse.
-Scarsa- commentò tornando al mio fianco.
Io continuavo a pensare al Teatro. Cosa sarebbe successo adesso? Mi avrebbero mandata via?
-Marco?- lo cercai con la voce. Lui grugnì. Mi misi in ginocchio e poi mi sedetti a cavalcioni su di lui. Accese la luce ritrovandosi me sopra che lo fissavo preoccupata.
-Che succede?- posò una mano sulla mia gamba. In quel momento io avevo paura.
-Se a Teatro dovesse andar male per la faccenda del polso... io avrò bisogno di te- gli dissi giocherellando con la sua maglietta. Corrugò la fronte e rimase immobile.
-Lo sai che io sarò qui in ogni caso, vero?- mi pizzicò la gamba che pochi istanti prima stava accarezzando e io gli sorrisi.
-Scusami, avevo solo bisogno di sentirmelo dire- tornai sulla mia metà e mentre lui rispegneva la luce io tenni gli occhi aperti fissi in un punto non definito. Da qualche parte in quella camera il mio violino era ancora ignaro che non sarei stata in grado di suonarlo per un po' e se mi avessero buttata fuori non lo avrei sfiorato mai più.
La mattina successiva mi svegliai e Marco non era al mio fianco. Erano appena le otto del mattino ed io mi ero svegliata perché il polso aveva ricominciato a farmi male.
Diedi un colpo di tosse; il giorno prima non avevo fumato nemmeno una sigaretta ed ora sembrava che i miei polmoni fossero in ribellione. Il riflesso della salute proprio.
-Non t'alzareeeee!- sentii Marco gridare dalla cucina. Sorrisi sentendo che stava trafficando con pentole e pentolini e capii che mi stava preparando la colazione.
Rimasi mezza sdraiata, ma poi corsi a fare pipì. Mi infilai in camera nuovamente, perché non volevo smontare i piani di Marco in quella mattina in cui sembrava che il suo lato romantico stesse spruzzando da tutti i pori.
Entrò poco dopo in camera con un vassoietto e mi sorrise. Lo posò in mezzo al nostro letto e si infilò sotto alle coperte di nuovo anche lui. Gli diedi un bacio e guardai quanto aveva preparato. C'erano due bicchieri di caffè, due di spremuta d'arancia, due cornetti e un antidolorifico per me. Storsi il naso; era lo stesso che mi avevano somministrato al Pronto Soccorso ed era terribile. Fu la prima cosa che presi, almeno avrei scacciato quella robaccia in pochi istanti e lui rimase a guardare la mia espressione disgustata divertito.
-Grazie per la colazione, ti amo- gli dissi addentando il cornetto. Doveva essere sceso a comprarlo al bar. Che amore.
-Mo però non te ne approfittare- mi disse bevendo il suo caffè.
-Eppure avevo già pensato a un buon ringraziamento- dissi cercando di essere ammiccante. Lui alzò un sopracciglio stranito da quella mia confessione e mi portò una mano sulla fronte scherzoso.
-Che c'hai la febbre che cominci a delirare?- ridemmo entrambi, ma io non stavo affatto scherzando.
Il fatto di averlo ritrovato dopo due mesi mi faceva sentire perennemente alla sua ricerca. Avevo spesso voglia di poterlo sfiorare e di poterci fare l'amore, magari anche solo per qualche istante e poi la cosa mi passava, ma dovevo sembrargli impazzita da qualche giorno a quella parte perché quando eravamo cominciati ad uscire insieme avevo la tendenza di tenermi sempre nascosta. Avrei indossato una tuta da neve in qualsiasi momento in sostanza. Ma non in quel periodo.
-Se, se... febbre- tirai il colletto della sua maglietta e lo avvicinai verso di me per poterlo baciare, ma lui si ritrasse. Mi stava rifiutando. –scusami- gli dissi finendo la mia colazione senza il coraggio di guardarlo in faccia. Mi scoccò un bacio sulla nuca e prese a parlare.
-No è che ho paura di farti male. Non te la prendere, ma non sei propriamente in forma- disse. Lo guardai male e mi alzai dal letto. Lui buttò indietro la testa sbuffando e cominciò a muoversi sul letto per scendere e venirmi incontro.
Per tutta risposta mi chiusi in bagno a chiave, chiudendo giusto nello stesso istante in cui la maniglia vibrò perché Marco dall'altra parte stava cercando di aprirla.
-Juls eddai!- bussò leggermente.
Ero un misto di arrabbiatura e senso di colpa quando cominciai a riempire la vasca d'acqua calda. Dovevano essere le medicine a farmi sentire così frustrata per una cosa così stupida, ma il fatto che Marco non mi volesse per via del mio polso mi faceva sentire davvero sbagliata.
Misi troppo bagno schiuma e alla fine mi immersi in quella che sembrava una valle di neve. Avevo fatto attenzione a non immergere o a bagnare la fasciatura, ma cercavo di tenere in acqua anche il braccio bluastro fin dove mi era possibile. Sentivo Marco che continuava a fare avanti e indietro per il corridoio e vedevo anche quando si avvicinava alla porta. Ogni tanto mi chiamava per nome, poi si allontanava nuovamente.
Mi avvolsi nel mio accappatoio ed avevo appena girato la chiave quando Marco aprì la porta.
Incrociai le braccia nel vederlo così di fronte a me arrabbiato. Se tra noi due c'era qualcuno che doveva essere arrabbiata quella ero io, non lui.
-Che c'è?- chiesi alterata. Sembrava deciso a non volersi togliere dalla porta per farmi passare e la cosa mi fece arrabbiare ancora di più. Per tutta risposta mi prese di peso e mi buttò sul letto.
-Guai a te se ti lamenti che ti faccio male- mi disse mentre mi raggiungeva. In realtà il mio polso già doleva per quell'atterraggio a dir poco raffinato, ma quando ritrovai lui per metà a schiacciarmi il braccio monco involontariamente mi fece davvero male.
-Sei stronzo, però, eh?- commentai cercando di fargli capire che doveva togliersi da quella maniera. Mi guardò, gli occhi fiammeggianti e si scostò appena lasciando che spostassi il braccio. Continuava ad alternare gesti dolci a movimenti più azzardati in continuazione: forse era combattuto tra il volermi e il non voler farmi male al braccio, ma a me stava così bene che mi sarei anche lasciata rompere mezzo corpo.
-Non sai che cosa mi fai- mi sussurrò slacciandomi l'accappatoio. Gli sorrisi permettendogli di spogliarmi e in breve anche la sua pelle fu scoperta. Io non ne avrei mai avuto abbastanza di lui.
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A UN PASSO DA TE - UNO DEI TANTI SEQUEL || MARCO MENGONI FF
FanfictionSequel di "Uno dei Tanti"- vnuance